giovedì 27 gennaio 2011

Temere la dannazione altrui è una mentalità?

«Contro questo mostro dell’idolatria cinese, terribile con le sue tre teste (confucianesimo, taoismo e buddhismo), che tiranneggia da migliaia di anni tanti milioni di anime trascinandole negli abissi dell’inferno, si è levata la nostra Compagnia per fargli la guerra… al fine di liberare le anime disgraziate dalla dannazione eterna.»

Matteo Ricci

Stupefacente che questa citazione venga riproposta dal missionario don Piero Gheddo e liquidata come una «mentalità» ormai sostituita dal «dialogo». Ora, la motivazione del Ricci - salvezza dall’inferno - può essere avversata, ma è del tutto evidente. Quella invece del neo-Spirito di Assisi è vaga al punto da risultare incomprensibile. La motivazione dovrebbe essere il «dialogo della vita», se si capisse cos’è e a cosa serve. Se per caso fosse «la salvaguardia della pace, della giustizia, dell’aiuto ai poveri e della libertà religiosa per tutti», non servirebbe certo scomodare la Chiesa: basterebbe una politica illuminata o qualche ente filantropico. Obiettivi perseguibili senza la Grazia, alla portata anche di taoisti o indù.
No. La Chiesa ha il mandato di predicare il Vangelo, “fino all’effusione del sangue” (“usque ad effusionem sanguinis”), per una vocazione soprannaturale e fuori dalla portata di qualsiasi istituzione mondana o religione. L’unico fine della Chiesa è «di liberare le anime disgraziate dalla dannazione eterna», come giustamente dichiara il Ricci assieme a tutti i santi. Non è una «mentalità», ma un mandato irrevocabile e irreformabile.
L’autentico Spirito di Assisi - di San Francesco - è storicamente noto: convertire noi stessi ed i pagani a Cristo. Nessuno, poi, può accusare San Francesco (peccatore tra i peccatori) o Matteo Ricci (cinese tra i cinesi) di mentalità arrogante o fondamentalista, tanto fu dolce il loro dire ed il loro fare. Nulla di arrogante in essi, al contrario di molti dei predicatori contemporanei…
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silvio

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