Gli esempi che Maurizio Ferraris adduce per una
diversa visione del mondo considerano il reale come un male da cui emanciparsi
di Marcello Veneziani
Sul piano della filosofia, il
2012 è stato l'anno del nuovo realismo. Con uno sponsor come La Repubblica, un
testimonial come Eco, un brillante filosofo-divulgatore come Maurizio Ferraris,
un nemico doppio come Vattimo-Berlusconi, gli ingredienti c'erano tutti
per sfondare. Il realismo, fuori dal cinema e dalla letteratura, si era ridotto
a un concetto un po' torvo, sinonimo di cinismo o di realismo socialista. Nel new realism filosofico non c'è traccia
del realismo classico, di Aristotele e Tommaso; non c'è nemmeno la contesa con
gli avversari storici, l'idealismo, il pensiero utopico, il surrealismo. Per il
N.R., la realtà esiste e ci resiste, non dipende da noi e non si risolve nelle
nostre interpretazioni. Di buono, oltre il sentore della realtà, c'è l'odore
pur vago della verità, a cui Vattimo aveva dato addio. La realtà è il punto di
partenza di ogni buona filosofia: anche il pensiero più alto deve partire dal
mondo, dalla vita, dalla condizione umana, dalla nascita e dalla morte, dal
senso comune e dal linguaggio comune. Partire, non esaurirsi. [leggi
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