venerdì 21 dicembre 2012

Carteggio sull’omosessualità dei preti

Prete obbediente

Un gentile lettore c’invia un commento a proposito dell’articolo precedente. Lo prendo a spunto per una riflessione.

“Vietata l'ammissione in seminario a chi ha tendenze omosessuali”? Ma che significa? Perché uno che va in seminario si dichiara apertamente? Non capisco. Ma, poi, visto che come dice l'articolo la cosa fondamentale non è tanto la tendenza, se omo o etero, ma l'osservanza della castità, mi pare che la questione si sia spostata. Insomma, non mando mio figlio in parrocchia perché temo che il parroco sia gay e non mando mia figlia perché temo che gli piacciano le Lolite? Ma che ragionamenti sono? Mando i miei figli in parrocchia perché penso e ho fiducia che il parroco sia una persona degna come sacerdote e come uomo. Quello che è la sua sensibilità interiore non impedisce che sia una persona morale sana e retta.
Anonimo

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No, veramente la cosa fondamentale è che un futuro prete abbia bene a conoscenza cosa sia la legge naturale e la Rivelazione. Il problema, anzi, è la castità solo secondariamente, perché in fondo per i peccatori c’è il confessionale.
L’articolo si concentra invece sull’omoeresia, cioè tratta di qualcosa di infinitamente più grave del peccato mortale o carnale. Quel qualcosa di più grave è il peccato contro lo Spirito Santo che è, sostanzialmente, un peccato contro la verità. Cioè si “impugna la verità rivelata”. Questo, ripeto, è infinitamente peggiore di un peccato mortale secondo natura o contro natura (del quale ci si può confessare e venire assolti). La verità è espressa nelle Scritture, nel Magistero, nel Catechismo o nei pronunciamenti dei pontefici. E la verità è appunto quella di cui parla don Oko: i sacerdoti «hanno cominciato a sostenere l’idea che esistono due orientamenti sessuali equivalenti: eterosessuale ed omosessuale». Un prete deve invece sapere e, soprattutto, insegnare che non sono equivalenti affatto.
Per saperlo bisogna studiare, ma non solo. È necessario anche aderire con la ragione e con la volontà a quello che si è studiato. Altrimenti si cambia mestiere. Se io non fossi d’accordo, ad esempio, con la medicina occidentale, farei solo un male ai pazienti se diventassi medico.
Il problema è dunque molto semplice: c’è un Magistero e va seguito. Prima durante e dopo l’ultimo Concilio. Punto. Pensi di avere la vocazione e non sei d’accordo? La vocazione, con tutta evidenza, è falsa e quindi non farai il prete.
Silvio

2 commenti:

Anonimo ha detto...

"C'è un magistero e va seguito"., ma scusate dove vivete? Non faccio esempi di cui sono stato testimone perchè non mi credereste, e non credo di essere l'unico a rendersi conto che l'ubbidienza al magistero è solo una bella frase con nessun rapporto con la realtà. I preti fanno quello che vogliono e i vescovi sono o deboli o accondiscendenti. Non serve andare tanto lontano,basta restare in regione.

silvio ha detto...

E lo dici a me che ne ho dette di cotte e di crude sul postconcilio?
Sono operativo sul web dal 2004 e nel giornalismo da un paio d’anni.
Quindi, da parte del nostro gruppo, riproponiamo sempre il Magistero, “ascoltino o non ascoltino, perché sono una genìa di ribelli” (Ez 2, 5).
E non siamo di certo soli: non si contano più le pubblicazioni di apologetica.
In ogni caso anche nel clero medievale - e stiamo comunque parlando di un’epoca d’oro per la cristianità - molto del clero faceva quello che voleva e i vescovi si compravano le cariche.