lunedì 31 dicembre 2012

Ma il “nuovo realismo” perde di vista la realtà


Gli esempi che Maurizio Ferraris adduce per una diversa visione del mondo considerano il reale come un male da cui emanciparsi

di Marcello Veneziani

Sul piano della filosofia, il 2012 è stato l'anno del nuovo realismo. Con uno sponsor come La Repubblica, un testimonial come Eco, un brillante filosofo-divulgatore come Maurizio Ferraris, un nemico doppio come Vattimo-Berlusconi, gli ingredienti c'erano tutti per sfondare. Il realismo, fuori dal cinema e dalla letteratura, si era ridotto a un concetto un po' torvo, sinonimo di cinismo o di realismo socialista. Nel new realism filosofico non c'è traccia del realismo classico, di Aristotele e Tommaso; non c'è nemmeno la contesa con gli avversari storici, l'idealismo, il pensiero utopico, il surrealismo. Per il N.R., la realtà esiste e ci resiste, non dipende da noi e non si risolve nelle nostre interpretazioni. Di buono, oltre il sentore della realtà, c'è l'odore pur vago della verità, a cui Vattimo aveva dato addio. La realtà è il punto di partenza di ogni buona filosofia: anche il pensiero più alto deve partire dal mondo, dalla vita, dalla condizione umana, dalla nascita e dalla morte, dal senso comune e dal linguaggio comune. Partire, non esaurirsi. [leggi tutto]

© Il Giornale

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