venerdì 29 febbraio 2008

Pensiero della Domenica - 35

A cura del sito “Vie dello Spirito

IV^ Quaresima - 02/03/2008

Gesù al cieco: “Tu credi al Figlio dell'Uomo?”

Siamo in piena Quaresima “tempo favorevole per la nostra salvezza”.
La Liturgia domenicale ci invita a considerare come sia indispensabile la fede, di fronte al modo di agire del Cristo, in antitesi con il nostro logico raziocinio.
Il comportamento di Dio è sempre lo stesso.
Nella prima lettura presa dal libro di Samuele, Dio deve scegliere uno a capo e guida del suo popolo.
Ed ecco l’assurdo: non elegge il più qualificato, il più adatto e capace.
Disse il Signore a Samuele: “...Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo; infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”.
David, il più piccolo della famiglia, che stava a pascolare il gregge.
E Samuele, per ordine di Dio, lo unge re d’Israele.
Ancora più sconcertante il modo di agire del Messia: di fronte ad un uomo cieco dalla nascita “...Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: và a lavarti nella piscina di Siloe, (che significa inviato); quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva...”.

Questo crea sconcerto tra gli apostoli e perplessità tra i presenti: ma il fatto è evidente che il cieco nato ci vede!
I farisei non vogliono credere alla evidenza.
Due grandi violazioni del sabato aveva compiuto Gesù: l’aver fatto quel fango e l’aver curato in quel giorno un malato che non era moribondo (unica azione consentita di sabato).

Conclusione: non è da Dio quest’ uomo che non osserva il sabato.
Quale è la nostra fede nei miracoli?
Troppo spesso è sopraffatta dai nostri dubbi, incredulità, e si riduce a flebile speranza, senza nessun concreto risultato.
Forse anche per noi vale il lamento del Messia: “...Se aveste fede quanto un granellino di senape, potreste dire ad una montagna di spostarsi e ciò avverrebbe…”.
Non fermiamoci estasiati di fronte ai miracoli!
Sperimentiamolo il prodigio su noi stessi, nelle nostre urgenti e drammatiche situazioni.
Non pretendiamo dire come e in che modo deve agire Gesù: la nostra fede deve essere assoluta, per annullare il logico raziocinio che ci porta spesso a concludere, sfiduciati: “... Ma tanto non c’è nulla da fare..”.
Un giorno Gesù disse: “...Chiedete, chiedete con insistenza...se anche non meritate la grazia, l’otterrete da quanto siete noiosi…”.
Perché non lo prendiamo in parola?
***
Don Lucio Luzzi

La cultura italiana non è radicale

Mi è piaciuta un’analisi di mons. Luigi Negri, Vescovo di San Marino-Montefeltro, che ricevo in newsletter da Il Timone.
Mons. Negri ricorda una riflessione di Benedetto XVI, che vede un profondo rapporto tra fede e cultura, nella realtà storica del popolo italiano.

Secondo il Papa, questa particolare caratteristica ha permesso che l’Italia potesse resistere «alle varie degenerazioni di tipo totalitarie».
Da questi presupposti, il Vescovo trae una conclusione circa la cultura radicale: «I radicali no, sono un’altra cosa; non sono una cultura di popolo, sono un movimento borghese, aristocratico culturalmente, economicamente ben dotato, che hanno ingaggiato una lotta ad oltranza per la fine del cattolicesimo, quindi per la fine della cultura popolare in Italia, iniziando e portando a termine quella che il buon Pasolini chiamava una “omologazione del popolo italiano in senso laicista”

Sottolineo, in particolare, che il successo dell’azione radicale ha potuto ottenere qualche vittoria grazie ad un appoggio economico e mediatico massiccio.
In secondo luogo era necessaria una dose di arroganza tale da estromettere completamente o quasi la cultura cattolica dall’agorà sociale.
Aggiungo che è quanto avvenne a partire dal secondo dopoguerra, con la complicità della stessa cultura cattolica, resa esangue dalla nota deriva cattolico-democratica.

Agli epigoni del radicalismo non rimase che concludere e vincere alcune “battaglie”, come ricorda mons. Luigi Negri: «Le battaglie che portano il loro nome, come la legge sul divorzio, hanno sottoposto anche dal punto di vista laico la sacralità o la definitività di un rapporto agli istinti, agli umori, alle convenienze, agli interessi e hanno distrutto quella realtà della famiglia che costituisce, oltre che l’ambito generativo, l’ambito di educazione dei bimbi, dei ragazzi, dei giovani.
La situazione gravissima in cui versa la maggior parte della gioventù del nostro paese è la consistente prova del disastro della legge sul divorzio.
»
***
silvio

giovedì 28 febbraio 2008

Cosa scriveva il prof. Cini 40 anni fa?

Siccome gli illustri scienziati della Sapienza hanno messo sotto accusa il papa sostanzialmente per una lontana citazione di Feyerabend, e dopo l'articolo di Silvio qui gli illustri scienziati sanno cosa scriveva il professor Marcello Cini 40 anni fa?
«Sulle colonne del manifesto mensile (maggio 1970, pp. 54-55), nell’articolo A proposito del convegno di Ariccia. Una scienza dimenticata, lo scienziato non proprio alle prime armi (allora aveva già 47 anni) criticava radicalmente il convegno organizzato dal PCI sulla ricerca scientifica, perché troppo si era fatto carico del problema dello sviluppo scientifico: che diamine! Siamo in una società capitalistica!
Giuseppe D’Alema sferzava il capitalismo italiano "per spingerlo a fare seriamente concorrenza agli Stati Uniti" sul piano della ricerca scientifica e tecnologica affinché "aggredisse i settori tecnologicamente più di punta"? Cini non capiva e disapprovava: "Sono due i casi: o si attribuisce all’elettronica la virtù di costruire il socialismo, e allora gli Stati Uniti sono il primo paese socialista del mondo, o si riconosce che lo sviluppo dell’elettronica in regime capitalistico serve a rendere il capitalismo ancora più forte, e allora non si capisce perché gli operai, i tecnici, i lavoratori che lottano contro il capitalismo dovrebbero scaldarsi tanto per gli obiettivi che D’Alema addita loro". Quindi andiamoci piano con l’elettronica, perché essa non può avvantaggiare il capitale.
Ciò che il PCI dimenticava e che Marcello Cini sussiegosamente gli ricordava, è che "la prima e più importante scienza da sviluppare per il proletariato è "la critica dell’economia politica". Altro che elettronica!
Nel regime capitalistico "la scienza diventa mezzo di produzione (e) dunque capitale, e in quanto tale si contrappone come potenza esterna all’operaio e lo schiaccia, rendendolo strumento di fini a lui estr
anei" (!)».
(1ª parte) di Roberto Pertici
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gianni

“Siamo pronti a morire per la nostra fede”

Dal sito di Rino Cammilleri vengo a conoscenza di una notizia diffusa dall’Agenzia Zenit.
Il vescovo irakeno Louis Sako ci informa del rapimento e del rilascio di 40 bambini, tre dei quali cristiani.
Il rapimento ed il successivo rilascio sono avvenuti a Baghdad.

I tre bambini cristiani, minacciati dai rapitori mussulmani per la conversione forzata all’Islam, avrebbero risposto: «Siamo pronti a morire per la nostra fede».
Che questa risposta abbia invece convertito i rapitori all’amore di Gesù Cristo?

Questo non si può sapere.
Ma si sa bene qual è la differenza tra il vero martirio per l’amore e il falso martirio per l’odio.
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silvio

martedì 26 febbraio 2008

Il “risveglio della coscienza”

Ha ragione il cardinale Angelo Ba­gnasco.
Lo dice durante un’omelia: «Il momento storico che stiamo vivendo è bello ed intenso e ad esso guardiamo con simpatia, passione ed intelligenza di fede».

«Bello ed intenso», dico io, perché la grande caduta post-conciliare, seppure non arrestata, è però interrotta o fortemente rallentata.
Da cosa? Da chi?
Bagnasco parla di «un risveglio della coscienza». Io la chiamo “primavera della Chiesa”.
Da circa vent’anni ha di nuovo un senso parlare di apostolato.
Durante il XX secolo fino a tutti gli anni ’70 e una parte degli ’80 sembrava che non ci fosse modo di arginare la pressochè completa scristianizzazione. Sembrava che nulla avrebbe più potuto contrastare il secolarismo, il pensiero nichilista o radical-socialista.

Poi, lentamente, un rinascere della cultura cattolica e un incremento (lento e costante) della presenza cristiana. Fino all’odierna esplosione mediatica.
Non posso giudicare sulla qualità, ma ricordo (come esempio) che il trionfo della teologia scolastica del XIII secolo germogliava su un terreno culturale composto da una quantità enorme di correnti di pensiero, scuole e studi scientifici.
Il cardinale usa parole ispirate: «Vediamo intorno a noi uno sviluppo ulteriore, forse nuovo, forse inedito, una voglia di pensare, di prendere coscienza degli avvenimenti, della storia».

Il «risveglio della coscienza» è «forse stimolato proprio da tante contraddizioni ed inquietudini, da problemi antichi e soprattutto nuovi che premono proprio alla coscienza di ciascuno ed alla coscienza collettiva».
Il «risveglio della coscienza» che «un certo modo di pensare, una certa aria diffusa vorrebbero continuamente dormiente, ma la coscienza non può sempre dormire, arriva il momento in cui si risveglia, forse in modo traumatico ma sempre salutare».

Conosciamo bene quel «certo modo di pensare» della cultura del nulla, della lagna, della bugia strategica, della noia, del ricatto pianificato, della ribellione disobbediente, del capriccio.
Ma noi ce ne infischiamo e, dolcemente, ci svegliamo.
***
silvio

Conferenza

ALLEANZA CATTOLICA
Foedus catholicum


RISPONDERE ALLE SFIDE DEL LAICISMO E DELL'ISLAM:

TRE ANNI CON BENEDETTO XVI


Giovedì 6 marzo 2008 – ore 21
Jolly Hotel Ambasciatori – sala Fermi
Torino, Corso Vittorio Emanuele, 104


Ferdinando Leotta di Alleanza Cattolica, Saluto e presentazione


Laura Boccenti di Alleanza Cattolica, docente di filosofia e collaboratrice
della rivista “Il Timone”: Laicità e laicismo: l’alternativa per l’Europa


Massimo Introvigne di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR – Centro
Studi sulle Nuove Religioni: L’Islam nel discorso di Ratisbona e nel
magistero di Benedetto XVI


Nel corso della serata sarà presentato il volume di Massimo Introvigne, Il segreto dell’Europa. Guida alla riscoperta delle radici cristiane, SugarCo, Milano 2008.

Moratoria contro l’aborto - 03

Il collega Gaddhura riporta e commenta, sul suo blog, l’intervista che il ginecologo radicale Silvio Viale concede al Corrierone.

C’è da credere a Viale quando, a domande, dà le seguenti risposte:
«D: E come si stabiliscono gli aborti terapeutici?
Viale
: In Italia non si fa un aborto terapeutico perché il feto è malformato, ma in base alla salute psichica e fisica della donna. In vent'anni di interventi mi sarà capitato un paio di volte di fare un aborto terapeutico per la salute fisica di una donna.
D: Tutti gli altri?
Viale: Per la salute psichica della donna. Che vuol dire anche far abortire feti sani.
D: Lei ha fatto aborti terapeutici di feti sani?
Viale: Certo. Lo prevede la legge. Ripeto è un problema di salute psichica della donna
».

È chiaro allora a cosa serve la legge 194: allo sterminio di creature sane.
La preoccupazione di Giuliano Ferrara - che protesta per l’eliminazione eugenetica dei feti malati - è nobile ma, a mio parere, infondata.
Il vero problema è questo: le donne che abortiscono - parlo, se non si è capito, del solo Occidente - lo fanno quasi sempre per capriccio, per paura, per mostruoso egoismo, per scelta vile dell’illusoria protezione del proprio equilibrio psichico (quasi mai fisico).

Ogni legge abortista, compresa la 194, è quindi pessima e complice di una mentalità malata.
Non c’è nessuna seria motivazione che possa permettere la morte di un essere umano.
Un miliardo di aborti, nel secolo scorso. È bene stamparsi nella testa che, per la quasi totalità, si è trattato di feti sani.
***
silvio

lunedì 25 febbraio 2008

C’è gusto e gusto

«Reinhold Messner trova di pessimo gusto le croci collocate in cima alle montagne, in quanto turberebbero, a suo parere, lo spazio incontaminato di natura che ancora esiste in questi luoghi spesso irraggiungibili
Damiano Pomi su L’Osservatore Romano del 16/02/08

Io, invece, trovo di pessimo gusto Reinhold Messner collocato in cima alle montagne a fare la pubblicità dell’acqua minerale, in quanto turba il normale ciclo della diuresi.
***
silvio

domenica 24 febbraio 2008

Moratoria contro l’aborto - 02

Oggi Il Foglio pubblica - non può far altro che pubblicare - il testo dell’antico Giuramento d’Ippocrate, che molti medici smemorati hanno dimenticato o tradito.
Lo pubblica, perché ieri il Consiglio nazionale della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo) avrebbe diffuso un documento secondo il quale si esprimerebbe pieno sostegno alla legge 194 ed alla pillola abortiva RU486.

A dire il vero, Avvenire di oggi parla chiaramente dell’ennesimo caso di pubblicazione di un documento falso: «È stato diffuso un testo diverso da quello approvato dalla Fnomceo».
In ogni caso, è indubbio che parecchi medici praticano l’aborto e sono favorevoli all’introduzione di medicinali che procurino la morte e l’espulsione del feto.

A coloro è bene ricordare ciò che giurarono - oggi c’è un modeno giuramento che non contempla direttamente l’aborto - i loro passati colleghi, più “ippocratici” e meno ipocriti.
«A nessuna donna io darò un medicinale abortivo».
«Mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini».
***
silvio

venerdì 22 febbraio 2008

Pensiero della Domenica - 34

A cura del sito “Vie dello Spirito

III^ Quaresima - 24/02/2008

Gesù dice alla samaritana: "Dammi da bere"

Il tema dominante nella Liturgia di questa III^ domenica di Quaresima, scaturisce dal famoso incontro di Gesù con la donna samaritana.
E’ sufficiente un breve colloquio con il Messia ed acquisisce la fede che fa dire alla donna “Signore tu sei veramente il Salvatore del mondo…”.
Gesù si trova a Sicar, che è probabilmente il nome aramaico della antichissima Sichem (oggi Tell Balata), situata nella parte sud - est della Samaria, vicino al monte Garizim e all’attuale Nablus.
Distrutta da Giovanni Arcano nel 128 a.c. era però ancora un piccolo centro abitato, ai tempi del Messia.

Avevano camminato tra valli desolate e aspre, tutta la mattinata, fino a mezzogiorno, e Gesù era stanco.
Si ferma alla bocca del pozzo di Giacobbe, che era coperto da una edicola sotto cui il viandante si poteva riparare dal sole.
E arriva una donna Samaritana ad attingere acqua.
Non leggiamo mai il Vangelo con la nostra mentalità.
Secondo il rigoroso costume giudaico nessuno si fermava mai a parlare con una donna. I rabbini arrivavano al punto di non parlare in pubblico nemmeno con la propria moglie, perché disdegnavano di parlare con gli ignoranti, quali giudicavano le donne.

Il piano di Gesù è la conversione di quella donna e per rimanere solo manda tutti i discepoli in città a comperare da mangiare.
La donna Samaritana alla richiesta del Cristo di bere, è perplessa: ”...Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna Samaritana?” I giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani...

Gli occhi penetranti del Cristo, entrano nell’animo della donna peccatrice...
“Chiunque beve di questa acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno: anzi l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”.
“Sono io che parlo con te, il Messia”.
E avviene la conversione, testimoniando che ”…Mi ha detto tutto quello che ho fatto nella vita…”.

Perché impossibile era la conversione per i rabbini, sadducei, farisei?
Si sentivano superiori a tutti ed esternamente, a parole, professavano il contrario di quello che era dentro il loro cuore.

La Quaresima invita alla penitenza per ottenere il perdono.

Oramai la Pasqua è imminente, tempo della nostra salvezza.
Il tuo cuore è arido? Chiedi a Lui e soltanto a Lui l’acqua viva della fede.
Alimenta il tuo animo con la preghiera.
So già la tua risposta: “...Non ho tempo... e non so pregare…”.
Offri la tua giornata, il tuo lavoro, le tue amarezze, le tue delusioni, i tuoi rimorsi; offri tutto a Lui e cambierà tutto, come acqua viva, che ti darà vita, speranza, fiducia, gioia di avere uno che ti comprende, non ti condanna, ma ti abbraccia e ti sussurra... ” Figlio mio, quanto ti voglio bene...”.
***
Don Lucio Luzzi

giovedì 21 febbraio 2008

Carotaggi culturali - 01

Eseguiamo alcuni carotaggi per verificare se la cultura odierna egemone merita di essere soppressa o bisogna continuare l’accanimento terapeutico.
Mi arriva per e-mail una pubblicità che mi invita ad aderire al Progetto Morphing.

Ovviamente viene tutto esposto in modo estremamente chiaro.
«E’ un lavoro di ricerca condotto a due, nella consapevolezza che i nuovi media tecnologici -visitati tra fotografia, video, web - conducono a diverse possibilità di comunicazione insieme alle quali cresce, matura e si definisce non solo una nuova conoscenza ma la personalità stessa degli artisti
(?)

Tento di contenere la risata e seguo a leggere:
«E’ un modo per avviare uno scambio dove due identità si sovrappongono e si fondono per un contatto che travalica l’acquisita dimensione spazio temporale, per verificarne una nuova in “tempo reale” dove si annullano le distanze; l’appropriazione cognitiva e nel contempo fisica accade in un altro modo, direttamente, senza tuttavia attraversare i “sensi” organici, passando tra le maglie della rappresentazione analogica e digitale, in un processo di trasferimenti che coinvolge il soggetto proposto, l’osservatore e lo stesso autore
(??)

Comincio ad avere le convulsioni:
«Si costruisce così un linguaggio che del rimando reale-virtuale, organico-alfa numerico, elettronico-algoritmico, fa una piattaforma basilare per la costituzione di un percorso formale. In esso s’invera la comunicazione stessa e l’atto artistico. Che è dunque in perenne trasformazione; morphing, la forma che si trasforma
(???)

A questo punto mi trascinano via, mentre mi scompiscio, in attesa che arrivi la neurodeliri.
Non riesco a leggere tutto. Così è ridotta l'università moderna. Questi i prodotti che sforna.
Il foglio giace a terra, mentre la TV manda carrellate di consigli per gli acquisti.
***
silvio

martedì 19 febbraio 2008

Canebardo

La novella di Luigi Pirandello, "L'altro figlio", tratta dalla rccolta "novelle per un anno" ci descrive meglio di molte analisi ciò che è realmente accaduto all'indomani dell'impresa dei mllle. E' la narrazione di una doppia tragedia, tra violenza ed emigrazione , avvenute solo settanta anni prima delle vicende raccontate da Paolo nel post precedente, (tanto per capire il ritornello della storia) . Maragrazia, una vecchia contadina analfabeta abbandonata da marito e due figli emigrati in Argentina , vive in miseria nel suo paese di origine, in Sicilia. Da quattordici anni detta una lettera a Ninfarosa, anche lei abbandonata . Queste lettere non riceveranno mai risposta, perchè Ninfarosa scrive solo degli scarabocchi, Maragrazia, si rifiuta di considerare "l'altro figlio", frutto di una violenza all'epoca dell'arrivo dei garibaldini in Sicilia .Eccone un breve spunto dall'efficace penna di Pirandello che non è certamente considerato un autore cattolico.

[....] Ha sentito parlare vossignoria d’un certo Canebardo?- Garibaldi? – domandò il medico, stordito.- Sissignore, che venne dalle nostre parti e fece ribellare a ogni legge degli uomini e di Dio campagne e città? N’ha sentito parlare?- Sì, sì, dite! Ma come c’entra Garibaldi?- C’entra, perché vossignoria deve sapere che questo Canebardo diede ordine, quando venne, che fossero aperte tutte le carceri di tutti i paesi. Ora, si figuri vossignoria che ira di Dio si scatenò allora per le nostre campagne! I peggiori ladri, i peggiori assassini, bestie selvagge, sanguinarie, arrabbiate da tanti anni di catena... Tra gli altri ce n’era uno, il più feroce, un certo Cola Camizzi, capobrigante, che ammazzava le povere creature di Dio, così, per piacere, come fossero mosche, per provare la polvere – diceva, - per vedere se la carabina era parata bene. Costui si buttò in campagna, dalle nostre parti. Passò per Farnia, con una banda che s’era formata, di contadini; ma non era contento, ne voleva altri, e uccideva tutti quelli che non volevano seguirlo. Io ero maritata da pochi anni e avevo già quei due figliucci, che ora sono laggiù, in America, sangue mio! Stavamo nelle terre del Pozzetto che mio marito, sant’anima, teneva a mezzadria. Cola Camizzi passò di là e si trascinò via anche lui, mio marito a viva forza. Due giorni dopo, me lo vidi ritornare come un morto; non pareva più lui; non poteva parlare, con gli occhi pieni di quello che aveva veduto, e si nascondeva le mani, poveretto, per il ribrezzo di ciò ch’era stato costretto a fare... Ah, signorino mio, mi si voltò il cuore in petto quando me lo vidi davanti così: "Nino mio!" gli gridai (sant’anima!) "Nino mio, che hai fatto?" Non poteva parlare. "Te ne sei scappato? E se ti riafferrano, ora? Ti ammazzeranno!" Il cuore, il cuore mi parlava. Ma egli, zitto, sedette vicino al fuoco, sempre con le mani nascoste così, sotto la giaccia, gli occhi da insensato, e stette un pezzo a guardare verso terra; poi disse: "Meglio morto!". Non disse altro. Stette tre giorni nascosto; al quarto uscì: eravamo poverelli, bisognava che lavorasse. Uscì per lavorare. Venne la sera; non tornò... Aspettai, aspettai, ah Dio! Ma già lo sapevo me l’ero immaginato. Pure pensavo: "Chi sa! Forse non l’hanno ammazzato; forse se lo sono ripreso!". Venni a sapere, dopo sei giorni, che Cola Camizzi si trovava con la sua banda nel feudo di Montelusa, che era dei Padri Liguorini, scappati via. Ci andai, come una pazza. C’erano, dal Pozzetto, più di sei miglia di strada. Era una giornata di vento, signorino mio, come non ne ho più viste in vita mia. Si vede il vento? Eppure quel giorno si vedeva! Pareva che tutte le anime degli assassinati gridassero vendetta. Agli uomini e a Dio. Mi misi in quel vento, tutta strappata, ed esso mi portò: gridavo più di lui. Volai: ci avrò messo appena un’ora ad arrivare al convento, che stava lassù lassù, tra tante pioppe nere. C’era un gran cortile, murato. Vi s’entrava per una porticina piccola piccola, da una parte, mezzo nascosta, ricordo ancora, da un gran cespo di capperi radicato su, nel muro. Presi una pietra, per bussare più forte; bussai, bussai; non mi volevano aprire; ma tanto bussai, che finalmente m’aprirono. Ah, che vidi! [....]
***
roberto

Chiesa e nazionalsocialismo

Anche se l'argomento è talmente vasto e complesso da far tremare le vene e i polsi, proviamo a riassumere alcuni fatti storici riguardanti l'atteggiamento della Chiesa Cattolica tedesca di fronte all'emergere del demone nazionalsocialista, ricordato dal precedente post di Silvio. Di "liste della spesa" sull'argomento ce ne sono abbastanza, in rete e altrove. Il campo è stato arato in lungo e in largo e, tuttavia, ripassare un po' di storia non fa mai male. Anche perché lasciare certi argomenti a chi magari ancora crede alla truffa intellettuale propalata da Hochhut ( l'autore de "Il Vicario") in azione coordinata con il regime sovietico guidato da Krusciov (nome in codice della campagna denigratoria contro Pio XII: "Posizione 12") non è un buon servizio alla verità.
Partiamo dalla riunione di Fulda dell'agosto del 1932. Di fronte all'avanzare ormai manifesto nel paese dell'ideologia nazionalsocialista, l'intera conferenza episcopale tedesca decide di riunirsi per proclamare il divieto di appartenenza al movimento hitleriano in tutte le sue forme per tutti i fedeli cattolici. La mossa pastorale è dettata dalla necessità di salvaguardare i cattolici tedeschi sparsi in 24 diocesi.
Il 28 marzo 1933 ( Hitler è capo del governo da due mesi, e si sono tenute elezioni decisive) la condanna è ribadita dall'episcopato tedesco sempre a Fulda dove, un anno dopo, iniziano quelle riunioni dalle quali scaturiranno le note Lettere Pastorali, tra cui esemplari quelle del 7 giugno 1934 e 29 agosto del 1935, in cui si denuncia la persecuzione della gioventù cattolica. Le lettere continueranno a essere pubblicate fino al 1938, anno in cui si denuncia esplicitamente da parte dei vescovi la volontà di distruggere la fede cattolica in Germania e le rappresaglie contro studenti e funzionari cattolici. Una lettera circolare dei vescovi di Baviera del 1938 denuncia poi la cacciata di religiose dalle scuole pubbliche e l'impedimento alle suore di insegnare nelle scuole popolari. Non si deve dimenticare che la Baviera, regione di tradizione cattolica, costituì insieme agli altri Landaer a maggioranza cattolica un ostacolo non indifferente per il nazionalsocialismo. Nelle elezioni del marzo 1933 il partito di Hitler non ottenne la maggioranza nelle terre cattoliche, dove gli elettori cattolici votarono compatti per lo Zentrum, partito cattolico moderato.
All'azione collegiale dei vescovi si affianca quella individuale. L'arcivescovo di Colonia, Schulte, protestando contro l'introduzione del testo di Alfred Rosenberg nelle scuole, fece stampare nel 1936 un catechismo speciale in cui si ribadiva più volte che la fede voluta da Dio non è legata al sangue, elemento che verrà ribadito poi dall'ormai nota frase di Pio XI ( "siamo tutti spiritualmente semiti").
Ma per forza e coraggio emergono in Germania anche altre figure di vescovi, tra cui l'arcivescovo Faulhaber. Famosi i suoi sermoni per l'Avvento e il Natale del 1933, nei quali espose il legame tra Antico e Nuovo Testamento sottolineando il valore morale di figure come Giuseppe, Mosè e Giobbe, ribadendo pubblicamente la condanna del cristianesimo ariano, la teoria della religione del sangue e dello Stato onnipresente.
Altrettanto coraggio lo manifesta il "Leone di Muenster", monsignor Von Galen, figura luminosa che Hitler voleva uccidere, ma non lo fece per timore delle reazioni popolari. Rosenberg, l'ideologo del nazionalsocialismo, dichiarò che alla fine delle guerra si sarebbe dovuto fucilarlo. Nel 1936 Von Galen scrisse un'infocata denuncia al clero della diocesi, e in numerose prediche denunciò pubblicamente l'operato della Gestapo, arrivando a denunciare i suoi crimini perfino a Hermann Goering, nel 1942.
Tutto questo in coordinamento con Roma, dove l'azione di Pio XI e del suo segretario Pacelli è ormai ben nota ( la "Mit Brennender Sorge" venne scritta direttamente in tedesco per renderla più efficace, e venne letta nel 1937 da tutti i pulpiti delle 11.500 chiese tedesche). Lo stesso Sant'Uffizio è tra le primissime istituzioni ( dicembre 1940) a condannare l'uccisione di minorati in Germania ( è noto che lo stesso papa Ratzinger aveva un parente handicappato, il quale fu eliminato nel programma di sterminio denunciato dalla Chiesa di Roma).
Il periodo di Pio XII, poi, meriterebbe un discorso a parte.
Quindi, al di là delle parole, ecco l'atteggiamento della Chiesa Cattolica durante la tempesta hitleriana in Germania. Il cedimento di alcuni non può inficiare l'azione positiva di tanti altri cattolici coraggiosi.
***
Paolo

lunedì 18 febbraio 2008

Se lo dice lui…

«Essendo un amante della libertà, quando avvenne la rivoluzione in Germania [il nazismo, n.d.a.] guardai con fiducia alle università sapendo che queste si erano sempre vantate della loro devozione alla causa della verità. Ma le università vennero zittite.
Allora guardai ai grandi editori dei quotidiani che in ardenti editoriali proclamavano il loro amore per la libertà. Ma anche loro, come le università, vennero ridotti al silenzio, soffocati nell’arco di poche settimane.
Soltanto la Chiesa si oppose pienamente alla campagna di Hitler mirante a sopprimere la verità. Non avevo mai avuto in precedenza un interesse particolare per la Chiesa, ma ora sento verso di essa una grande ammirazione, poiché la Chiesa sola ha avuto il coraggio e la perseveranza di difendere la verità intellettuale e la libertà morale.
Devo dunque confessare: ciò che un tempo disprezzavo, ora io lodo incondizionatamente».
Albert Einstein, sul “Time Magazine”, dicembre 1940

Riportato da Antonio Socci su “Lo straniero
***
silvio

domenica 17 febbraio 2008

Gli ideali di Tiziano Terzani

Chiedo scusa della noia che vi dò.
Il commento di Paolo al post su Tiziano Terzani mi stimola a qualche ulteriore riflessione sul giornalista e scrittore, che di seguito riporto.

Un paio d’anni fa un caro amico mi ha regalato l’ultimo libro di Terzani - “Lettere contro la guerra” (TEA, 2002) - ispirato dall’attacco alle Torri gemelle di New York (11 settembre 2001) e dalle bollenti dichiarazioni nel merito di Oriana Fallaci.
Terzani, quindi, scrive a due anni dalla morte, nel pieno della propria maturità intellettuale.

Rimango però ancora una volta abbastanza deluso da quel che scrive, non tanto per le critiche alla Fallaci, ma per quello che fonda e sostiene il suo pensiero.
A proposito della scrittrice fiorentina: le idee e lo stile di Oriana Fallaci sono criticabilissimi. La struttura delle sue analisi opinabile. Ma Terzani le boccia, senza riportare alcun commento di merito alle sue posizioni errate; né sottolinea le eventuali verità (sempre presenti in ogni autore, si tratti della Fallaci, di Terzani o di Lutero).

Così Tiziano a Oriana: «Ti scrivo […] per non far sentire troppo soli quei lettori che forse, come me, sono rimasti sbigottiti dalle tue invettive […] nelle tue parole sembra morire il meglio della testa umana, la ragione; il meglio del cuore, la compassione.»
Dunque la Fallaci senza ragione e senza cuore. Non è eccessivo?
«[…] la tua brillante lezione d’intolleranza arriva ora anche nelle scuole, influenza tanti giovani, e questo mi inquieta
Dunque la Fallaci intollerante. Nemmeno un'incertezza nel giudizio?
Ripeto quindi che un autore - e la Fallaci, in particolare - non va stroncato completamente, specialmente laddove vengono espresse verità oggettive.
Ma di stroncatura completa si tratta.

Però il vero centro, le vere fondamenta degli ideali - non voglio dire ideologia - di Terzani è qua: «Dubitare è una funzione essenziale del pensiero; il dubbio è il fondo della nostra cultura. Voler togliere il dubbio dalle nostre teste è come voler togliere l’aria ai nostri polmoni

No di certo: è la metafisica la radice, il fondamento e la mèta della nostra cultura.
Non riconoscere questo è un attentato alla storia, prima, e alla ragione filosofica e teologica, poi.
Passino le critiche alla Fallaci, passi il pacifismo, passino le scuse di avere sbagliato per anni. Ma porre i propri limiti teoretici a norma della ragione, non lo permetto.

Poteva poi mancare San Francesco, perennemente e colpevolmente frainteso?
«Dove sono oggi i santi e i profeti? Davvero ce ne vorrebbe almeno uno!»
E dove lo va a pescare Terzani il profeta, se non in San Francesco, usato da lui come simbolo del buonismo ecologista?
«Ci vorrebbe un San Francesco. Anche i suoi erano tempi di crociate, ma il suo interesse era per gli “altri”, per quelli contro i quali combattevano i crociati.»
Dal nostro sito, a cominciare da un articolo di Paolo, abbiamo abbondantemente presentato il San Francesco della storia e dei fatti, assai difforme da quello dell'ideologia.

Terzani disinforma: «Mi diverte pensare che l’uno disse all’altro le sue ragioni, che san Francesco parlò di Cristo, che il sultano lesse passi del Corano e che alla fine si trovarono d’accordo sul messaggio che il poverello di Assisi ripeteva ovunque “Ama il prossimo tuo come te stesso”».
La storia reale dice ben altro: San Francesco andò a convertire il Sultano e non ascoltò alcun passo del Corano, perchè andò proprio per contrastare il Corano. Avrebbe accettato volentieri il martirio, per annullare il Corano. Questa la storia documentata. Il resto è fantasia.

Caro Terzani, il tuo compito non fu di immaginare, ma raccogliere ed esporre i fatti. Non i fatti dalle proprie idee, ma le idee dai fatti.
Chi ha la responsabilità della verità non può “divertirsi a pensare”, ma dev'essere schietto, onesto verso i lettori.
Se sei in Paradiso, prega per noi, per non venire accecati da cattivi maestri.
***
silvio

venerdì 15 febbraio 2008

Pensiero della Domenica - 33

A cura del sito “Vie dello Spirito

II^ Quaresima - 17/02/2008

Il volto di Gesù brillò come il sole

Ci inoltriamo nella Quaresima e quella di oggi viene chiamata la Domenica della Trasfigurazione. Per scoprire il vero volto di Cristo, non possiamo essere attaccati alle cose superflue.
Dopo i fatti di Cesarea di Filippo, con la proclamazione della Divinità di Gesù e con il preannuncio della Sua Passione, il Cristo prosegue a intensificare la illuminazione e la formazione dei suoi Apostoli, mentre oramai siamo nell’estate del secondo anno della vita pubblica.
Prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni. Sono i tre che già aveva ammesso privilegiatamente a presenziare alla risurrezione della figlia di Giairo e che ammetterà all’agonia dell’Orto del Getsemani.

Di essi Pietro doveva essere il Capo della Chiesa; Giacomo, il primo Apostolo Martire; Giovanni, l’Apostolo prediletto, l’ultimo superstite dei dodici, con cui doveva chiudere la rivelazione.
Condusse i tre su un alto monte. Fin dal III° secolo la tradizione lo identifica con il Tabor, che si innalza isolato e conico a 562 metri, circa 10 chilometri ad est di Nazareth.
Dalla sua vetta maestosa, si domina un vastissimo panorama, dal mediterraneo a tutta la pianura di Galilea.
E’ distante, in linea d’aria, 70 chilometri da Cesarea di Filippo; percorso che coprirono in sei giorni.

Gesù abbandonò visibilmente le qualità del corpo mortale per assumere quelle del corpo glorioso.
La manifestazione dovette essere impressionante, poiché il fatto avvenne forse quando era ancora notte, tra il giorno dell’arrivo e quello della discesa.
La Trasfigurazione avvenne mentre Gesù pregava e, i tre, dormivano. Allora si svegliarono e videro.
“... Ed ecco una voce dalla nube che diceva: .

Il godimento paradisiaco dura pochi istanti; poi ridiscendono dal monte insieme a Gesù, perché adesso c’è da percorrere la via della Croce. Soltanto così si arriva alla meta luminosa.

Non illudiamoci, è anche il nostro percorso.
Ma quanto è indispensabile, nel buio della nostra vita quotidiana, quella luce della fede che ricevemmo il giorno del battesimo.
Anche se flebile, riuscirà ad illuminare i nostri passi, sulla via della salvezza.
Le premure che Gesù ebbe per i suoi amici, sono garantite anche per me, per te. E ci ripete ancora una volta: ”... Beati voi, che non vedendo con i vostri occhi, credete sulla mia parola; sarà grande la vostra ricompensa nei cieli…”.

Signore, stammi vicino. Io non riesco ad avere una fede indomita.
Mi sento simile agli Apostoli, nelle loro titubanze, incertezze, paure…
Aiutami a ripetere:
"Non ti vedo, ma credo sulla tua Parola".
***
Don Lucio Luzzi

Tremate, le nonne son tornate

La povera Emma Bonino è inviperita.
La manifestazione delle “donne” pro-aborto si è rivelata un raduno di poche centinaia di “nonne” pro-aborto. Pochissime le giovanotte.
Ovviamente i giornali di regime parlano di “migliaia” di presenze. Bum!
Sì, insomma - un ritrovo di vecchie babbione sessantottine (delle quali una qui a destra), arrabbiate non si sa contro chi e inacidite dalla menopausa.

La povera Bonino, dicevo, non si raccapezza: «certo è che la generazione più giovane non sa cosa sta accadendo». Infatti, per lei, le giovani sono stupide. Non hanno certo il genio suo.
Ma la colpa di tanta insensibilità alle tematiche dei radicali di chi è? - incalza la giornalista.

La Bonino non ha dubbi: la colpa è della «deriva bigotto-ipocrita che dal 2001 ha preso la nostra politica», dei genitori sessantottini «che non parlano più ai loro figli di politica» e - gran finale - della Chiesa, spalleggiata dalla RAI che «quando Ruini ha convocato i cattolici all'Angelus in solidarietà con Ratzinger (per approfittare dell'effetto aggiuntivo) era in diretta sul Tg1».

Insomma non è colpa dei radicali medesimi, che non sanno più scaldare il cuore nemmeno del loro gatto di casa (se mai l’hanno scaldato a qualcuno). Pensa un po’.
Senz’altro nella sezione humor.
***
silvio

giovedì 14 febbraio 2008

Società liquida

L'Uscita in Italia del Rapporto CENSIS evidenzia un'Italia "in poltiglia" dal punto di vista delle identità, del civismo, del senso del futuro e della coesione sociale, tenuti insieme da un sociale di bassa lega e senza alcuna funzione di coesione da parte delle istituzioni. “Dio fece all’uomo e alla donna delle tuniche di pelle e li vestì” (Gen 3,21). questi abiti provvisori, sono i grandi doni naturali offerti da Dio all’uomo ,un primo soccorso all’uomo decaduto perché possa sopportare, in una terra ostile, una vita difficile
Essi sono: la norma etica e le leggi basate sulla retta coscienza, l’autorità e il buon governo che danno sicurezza e libertà per lo sviluppo di ognuno. Spesso pesano, ma guai se mancassero o fossero troppo deboli!.
Insomma sono quelle istituzioni che l`uomo ormai da tempo sta cercando di togliersi di dosso,una vera e propria spogliazione, pensando cosi` di essere piu` libero, si, ma solo di aver freddo, ora che si riscopre nudo.Non soltanto a livello sociale,ma anche in “ interiore Homine” non vi e` piu` un centro, tutto sfugge , le facolta` dell`anima, bonta,` intelligenza, volontà,` memoria, non convergono piu` per formare rettamente l`uomo, ma da esso si separano. Libero dalle gerarchie, religiose , politiche, economiche, attraverso vari stadi rivoluzionari,l`uomo sta creando un mondo di schiavi senza padroni,si obbedisce a una burocrazia creata da una mano invisibile­ (d`altronde il maligno non ha origine metafisica?) Uno stato liquido che bisogna in qualche modo ingessare dove le offerte innovative possono venire solo dalle nuove minoranze attive.Ci sono allora di conforto le parole del profeta Isaia (Is 58) …

Se toglierai di mezzo a te l`oppressione,

il puntare il dito e il parlare empio,
10 se offrirai il pane all`affamato,

se sazierai chi è digiuno,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio.
11 Ti guiderà sempre il Signore,

ti sazierà in terreni aridi,
rinvigorirà le tue ossa;
sarai come un giardino irrigato
e come una sorgente
le cui acque non inaridiscono.
12
La tua gente riedificherà le antiche rovine,
ricostruirai le fondamenta di epoche lontane.
Ti chiameranno riparatore di brecce,
restauratore di case in rovina per abitarvi.
+++

roberto

Sessantotto - 02

Pochi mesi orsono, parlai del famoso “abbaglio” di Tiziano Terzani che, in merito alla guerra cambogiana, affermava ingenuamente: «I Khmer rossi ci sembravano l’unica via d’uscita dall’incubo della guerra. Fossero arrivati loro a Phnom Penh, il conflitto sarebbe finito… Allora la pensavamo così».
Terzani uscì dall’allucinazione lentamente, ma alla fine realizzò che «i khmer rossi sono i figli ideologici di Mao Zedong» e che «[…] quello che i profughi mi dicevano erano solo i dettagli di un grandioso piano dell’orrore… Quel piano lo capii nella sua totalità solo col tempo».

Torna oggi a Parlare di Terzani, don Piero Gheddo su Avvenire con l’articolo dal titolo significativo “I Khmer rossi che Terzani non vide”.
E no, non li vide proprio, assieme alla ben nota «intellighentija occidentale, massificata e campionata dalla Scuola di Francoforte e da Gramsci» (come scrivevo).

Cosa videro invece Terzani e compagni?
Videro quello che l’ideologia manifestava in quegli anni: un mondo imperialista (nazista?) che voleva schiacciare la marcia vittoriosa del socialismo e del progressismo comunista mondiale.
Gheddo ricorda che gli epigoni dell’intellighentija occidentale «ai crimini dei comunisti non solo non ci credevano, ma non si potevano nemmeno raccontare!»

Bisognava cioè piegare i fatti all’ideologia, così come si usa ancora oggi.
Gheddo, quarant’anni fa, era uno dei missionari che viveveno sul posto ed ai quali non si credeva. Quando denunciava i crimini dei comunisti, veniva bollato dall’Unità come «un missionario finanziato dalla Cia».
E Terzani? Non poteva venire in aiuto della verità?
No. E Gheddo se lo chiede con dolore: «Ma non si capisce nemmeno perchè un giornalista come Terzani, in Vietnam come in Cambogia, non ha mai dato la minima attenzione a quei missionari che si trovavano sul posto da una vita. Se si fosse degnato di prendere contatto con i missionari francesi del Mep, avrebbe incominciato a capire qualcosa di quel genocidio».

Sono preoccupato oggi di chi parla come parlò Terzani. Non si rendono conto di consegnarsi al ridicolo dinnanzi alla storia. E non lo dico con ironia.
Di essi si farà un epitaffio simile a questo: «Terzani è stato certamente scrittore e giornalista di valore, ma come tanti altri anche uno degli illusi che esaltò i Vietcong e i Khmer rossi come “liberatori” dei loro popoli: solo anni dopo il fallimento inglorioso della loro “liberazione” incominciò a dire timidamente che si era sbagliato».
***
silvio

A mia moglie, nel giorno di San Valentino


La farfalla innamorata del fiore


Tiepida pioggia vento leggero inizio del disgelo
gemme occhio di salice boccioli di susino
il cuore della primavera senti muovere.
Il piacere del vino e della poesia con chi dividerlo?
Il pianto scioglie la cipria, pesa il fermacapelli.

Ho provato la veste foderata di broccato d'oro
mi stendo e poso sul cuscino di giunco
il cuscino deforma il fermaglio-fenice.
Sola, abbraccio la mia tristezza, senza alcun sogno lieto
A tarda notte per svagarmi tagliuzzo ancora lo stoppino
alla lampada.

Li Qingzhao

da "La Babele del Levante"
***
silvio

mercoledì 13 febbraio 2008

Ciarpame culturale

«Un altro tabù è caduto. il discreto (non più che discreto) film Caos calmo forse passerà alla storia cinematografica per la prima bestemmia dallo schermo.
Una bestemmia incontrovertibile, chiara, netta… ed inutile.
Infatti non si capisce perché l’attore [Silvio Orlando - n.d.r.] dovesse dire proprio quella bestemmia proprio a quel punto del film.
Come anche la famosa scena di sesso (niente di particolare: si sono viste scene più intense ed emozionanti, anche se addirittura più caste) non era troppo funzionale alla storia e, sinceramente non ho capito bene cosa ci stesse a fare (difetto mio, senz’altro).
In conclusione un film mediocre con una grossa pecca (quella indicata all’inizio), e non è un fatto di comprensione artistica, è solo un fatto di educazione e di buon gusto.»
© Orso Marsicano
***
silvio

martedì 12 febbraio 2008

Benedetta normalità

«Non dimentichiamo che i giorni trascorsi dalla Madonna sulla terra furono quasi per intero molto simili a quelli di tanti milioni di donne occupate nella cura della famiglia, nell’educazione dei figli, nelle faccende domestiche.
Maria santificava le cose più piccole, quelle che molti altri considerano erroneamente insignificanti, senza valore: il lavoro di ogni giorno, le attenzioni prodigate alle persone care, le conversazioni e le visite ai parenti e agli amici…
Benedetta normalità così piena di amore di Dio!»
San Josemaría Escrivá de Balaguer
***
silvio

lunedì 11 febbraio 2008

I Novissimi: chi li ha visti?

Ottima domanda, doverosa risposta.

Don Pietro Riggi, salesiano del Borgo Ragazzi Don Bosco, domanda al Papa alcune cose.
Per esempio: «nei catechismi della Cei usati per l'insegnamento della nostra fede ai ragazzi di confessione, comunione e cresima, mi sembra che siano omesse alcune verità di fede.
Non si parla mai di inferno, mai di purgatorio, una sola volta di paradiso, una sola volta di peccato, soltanto il peccato originale.
Mancando queste parti essenziali del credo, non Le sembra che crolli il sistema logico che porta a vedere la redenzione di Cristo?
»

Confessa inoltre: «Oggi purtroppo anche noi sacerdoti, quando nel Vangelo si parla di inferno, dribbliamo il Vangelo stesso. Non se ne parla
Stesso discorso per la Salvezza: «O non sappiamo parlare di paradiso. Non sappiamo parlare di vita eterna. Rischiamo di dare alla fede una dimensione soltanto orizzontale oppure troppo distaccata, l'orizzontale dal verticale
«Volevo anche notare come la Madonna non ha avuto paura di parlare dell'inferno e del paradiso ai bambini di Fátima, che, guarda caso, avevano l'età dei catechismo: sette, nove e dodici anni. E noi tante volte invece omettiamo questo

Benedetto XVI sottoscrive: «Lei ha parlato giustamente su temi fondamentali della fede, che purtroppo appaiono raramente nella nostra predicazione
Il Papa stesso dà l’esempio e ne parla: «Nell'Enciclica Spe salvi ho voluto proprio parlare anche del giudizio ultimo, del giudizio in generale, e in questo contesto anche su purgatorio, inferno e paradiso
Ma, si vede bene, è inascoltato. Anche dalla CEI, aihmè.

Non è certo la prima volte che il Pontefice espone i Novissimi: «Quando non si conosce il giudizio di Dio, non si conosce la possibilità dell'inferno, del fallimento radicale e definitivo della vita, non si conosce la possibilità e la necessità della purificazione
E per non dare pretesti al fraintendimento, ripete: «Perciò Lei ha ragione: dobbiamo parlare di tutto questo proprio per responsabilità verso la terra, verso gli uomini che oggi vivono.
Dobbiamo parlare anche e proprio del peccato come possibilità di distruggere se stessi e così anche altre parti della terra


Sarà ascoltato dalle vispeterese, tutte dialogo e smancerie?
Dubito sed rogito.
***
silvio

sabato 9 febbraio 2008

Girolamo Savonarola - 01

Potrei nasconderlo, ma non ci riesco proprio.
Ebbene sì, sono divorato dall'ammirazione per Girolamo Savonarola.
Non parlo ora dei singoli contenuti del suo credo personale o delle sue intenzioni, più o meno condivisibili.
Non mi sto riferendo cioè al suo - criticabilissimo - pensiero.

Parlo di come vorrei fosse la Chiesa ed io stesso, personalmente.
Vorrei somigliare almeno un po' a Savonarola.
Mi piace la schiettezza, il fuoco dello zelo, la santità peperina e salata, l'essere «caldi o freddi» - come auspica l'Apocalisse. Mi piace l'avversione alla tiepidezza, l'apostolato energico, il contrasto alla rilassatezza e al tedio - tumori dello spirito.
Mi piace la nuda intransigenza verso i miei peccati e quelli altrui, che lo stolto vi legge integralismo.
Già. Vorrei proprio somigliare, poco poco, a Savonarola, perchè sono tiepiduccio - tutto sommato - e pigro e di tendenza scribacchina e farisaica.
Per questa Quaresima vorrei da Dio la grazia di veder mutata, almeno di poco, la mia indolente natura.

Ma torniamo al Nostro domenicano.
Bell'articolo di Franco Cardini su “Avvenire” dal titolo “Riabilitare Savonarola?
È abbastanza preoccupato, il Cardini, del fatto che Savonarola sia stato indicato, dai vari movimenti di protesta o di riforma, come archetipo delle di loro idee.
Simbolo, cioè, del «libero pensiero» rivoluzionario e luterano.
È così? Non direi proprio e non lo dice nemmeno Franco Cardini.
Mistico, frate, sacerdote, teologo, predicatore, il Ferrarese seppe trasmettere tutta la potenza delle proprie convinzioni mediante un'arte comunicativa innata, o accresciuta dalla Grazia.
Riformatore, sì, ma nel voler ricondurre la Chiesa all'ortoprassi. Non ne contestò l'ortodossia.

In un certo senso, contribuì alla trasformazione delle fazioni in pre-partiti politici, nel senso moderno.
Rivivono nel suo ricordo i «piagnoni», i «compagnacci» e gli «arrabbiati». E si sentono ancora gli echi dei loro scontri, di una guerra nello spirito che non si può esiliare, se si ama la salvezza del genere umano.

Non si può tacere dinnanzi alla verità calpestata, anche se vi sono diversi modi di agire o di proporre le proprie decisioni.
Comunque, Savonarola finì scomunicato e arso - morto, non vivo, perchè il carnefice accese il fuoco in ritardo dopo averlo impiccato.
Oltre a questo piccolo aneddoto, aggiungo qualcosa che il Cardini non scrive.
Il Vescovo, in lacrime prima dell'esecuzione, cominciò a leggere la Bolla di scomunica: «Io ti scomunico dalla Chiesa militante, dalla Chiesa trionfante, ...».
Ma qua frà Girolamo lo interruppe: «Solo dalla Chiesa militante, per quella trionfante deciderà Dio».

Spero che il processo di beatificazione, in sospeso, venga ripreso e completato.
***
silvio

giovedì 7 febbraio 2008

Ebraismo - 01

E va bene. D'accordo. Prima o poi bisogna cominciare.
Mi ero riproposto di parlare dell’ebraismo il più tardi possibile, per un pregiudizio un po’ ipocrita legato alla salvaguardia asettica della sensibilità delle coscienze altrui…
Ma effettivamente è puerile - ne ho convenuto con me stesso - tralasciare una tematica teologica calda calda, stimolante come questa, incarnata profondamente nel nostro tempo.

Andrò spesso a passo di gambero - a ritroso - o saltellando tra i secoli, come un grillo.
Parto quindi dall’ultima notizia - notevole - in ordine di tempo.
Stavolta gli ebrei se la sono presa male e non hanno tutti i torti.
Anzi hanno molte ragioni.
Anch’io - lo confesso - sono sobbalzato dalla sedia (per la piacevole sorpresa, però).

Trattasi della modifica apportata alla preghiera per gli ebrei del Venerdì santo, limitatamente al Messale in rito antico. Preghiera che da qualche decennio costituisce un problema per quella parte della Chiesa particolarmente esposta al “vento del Concilio”.
Sulle prime sembrava l’ennesima Caporetto clericale: il Papa, infatti, ha estromesso dalla preghiera l’espressione «per la conversione degli ebrei», che avrebbe troppo ferito la sensibilità del popolo in questione.

Ci si aspettava un testo tutto ecumenico e concordante.
Ora la preghiera si presenta così:
«Oremus et pro Iudaeis.
Ut Deus et Dominus noster illuminet corda eorum, ut agnoscant Iesum Christum salvatorem omnium hominum.
[Oremus. Flectamus genua. Levate.]
Omnipotens sempiterne Deus, qui vis ut omnes homines salvi fiant et ad agnitionem veritatis veniant, concede propitius, ut plenitudine gentium in Ecclesiam Tuam intrante omnis Israel salvus fiat. [Per Christum Dominum nostrum. Amen.]»

Traduzione dell’Ansa:
«Preghiamo per gli ebrei.
Il Signore Dio nostro illumini i loro cuori perché riconoscano Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini.
Dio Onnipotente ed eterno, Tu che vuoi che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità, concedi propizio che, entrando la pienezza dei popoli nella tua Chiesa, tutto Israele sia salvo».

Ovviamente, l'Assemblea rabbinica italiana, all’udire l’auspicio di una futura conversione d’Israele a Cristo, all’udire l’auspicio che Israele torni finalmente alla luce della verità… beh, si è leggermente “alterata”, per usare un eufemismo.
Insomma, è rottura. Gli ebrei si vogliono prendere una «pausa di riflessione nel dialogo» con i cattolici, per usare uno stile diplomatico.

Il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, parla di «un fulmine a cielo sereno». Di «una marcia indietro di 43 anni».
Si può dargli torto?
No, almeno fino a quando non si parlerà agli ebrei in tutta onestà e schiettezza, senza trucchetti finto-ecumenici.
Insomma, gli ebrei non vanno presi per il naso.
Bisogna dire loro chiaramente che, anche togliendo la frase «pro perfidis judeis», o la frase «per la conversione degli ebrei», la Chiesa non rinuncerà mai a questa verità: l’unica salvezza è in Gesù Cristo e gli ebrei sono chiamati a conversione esattamente come tutti gli altri popoli del mondo.

Verità scomoda, ma non si può continuare a prendere in giro il popolo ebraico per altri quarant’anni.
La Chiesa serve per predicare il Vangelo. Per annunciare la salvezza in Cristo Gesù. Tutto il resto è ciarpame ecumenicamente corretto.
Come possono gli ebrei abbandonare l’ipocrisia farisaica, se anche certuni chierici cattolici si comportano da scribi e farisei ipocriti?
Si dica dunque la verità agli ebrei, circa le vere intenzioni della Chiesa; non li si illuda.
È poco serio.
***
silvio

mercoledì 6 febbraio 2008

Mercoledì delle ceneri

Dal Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la Quaresima

«Nel tempo quaresimale la Chiesa si preoccupa di proporre alcuni specifici impegni che accompagnino concretamente i fedeli in questo processo di rinnovamento interiore: essi sono la preghiera, il digiuno e l’elemosina.»

«“Non potete servire a Dio e al denaro” (Lc 16, 13).
L’elemosina ci aiuta a vincere questa costante tentazione […] noi non siamo proprietari bensì amministratori dei beni che possediamo […]»

«Maria, Madre e Serva fedele del Signore, aiuti i credenti a condurre il “combattimento spirituale” della Quaresima armati della preghiera, del digiuno e della pratica dell’elemosina, per giungere alle celebrazioni delle Feste pasquali rinnovati nello spirito.»
***
silvio

martedì 5 febbraio 2008

Gesù e la carne d'agnello

Gesù, durante l’Ultima Cena, ha veramente consumato la carne dell’agnello arrostito seguendo minuziosamente le rituali prescrizioni della tradizione ebraica ufficiale, oppure ha superato l'antico rito, come in altre occasioni ma qui in un momento fondamentale, portandolo a compimento e svelandone il senso più profondo, nuovo e definitivo? Un particolare apparentemente secondario che tuttavia, a nostro avviso, apre spazi interessanti di riflessione anche teologica. In effetti, la convinzione diffusa che Gesù abbia consumato l’agnello pasquale secondo il rito tradizionale previsto per la Pasqua ebraica non è per nulla scontata. Nei Vangeli si usano espressioni come “preparare la Pasqua”, “consumare la Pasqua” e “celebrare la Pasqua”, ma in realtà si può soltanto ipotizzare che Gesù e i discepoli si siano attenuti scrupolosamente alle norme stabilite dalla tradizione. Un primo elemento di riflessione può basarsi su un fattore culturale e su considerazioni di tipo “politico”: il fatto che l’agnello dovesse essere macellato dai capi famiglia nel tempio, e il suo sangue raccolto in prima persona dai sacerdoti, non doveva predisporre troppo bene Nostro Signore verso il rito tradizionale, vista la rottura netta tra Gesù e gli esponenti del culto ufficiale, soprattutto nelle fasi finali che precedono il processo e la morte di Gesù. Di fatto poi nei Vangeli, in riferimento all’Ultima Cena, non si parla mai dell’agnello ma solamente del pane, del vino e, forse, della salsa dolce haroset in cui si intingevano le erbe amare (Giuda “intinge” con Gesù nel piatto: Mc, 14, 20; Gesù “intinge” il boccone per il traditore Giuda in un piatto: Gv 13, 26). Alla luce dei molti legami con la tradizione degli Esseni ( il calendario solare seguito da Gesù e dai Discepoli per la data della celebrazione del rito pasquale, il cenacolo situato nel quartiere esseno di Gerusalemme e altri dettagli), si può pensare che Gesù possa invece essersi avvicinato di più ad alcune forme di quel rito della Pasqua essena noto come “Pasqua fiorita”, in cui non era previsto il rito della macellazione dell’agnello, in contrasto con la tradizione ufficiale del tempio. Il rito esseno si basava sulla consumazione di un pane realizzato con frumento e olio, senza carne di agnello.
Tuttavia, anche più significative sono le considerazioni di tipo teologico. E’probabile che Gesù non abbia consumato la carne d’agnello di proposito in quanto Lui stesso, offrendo in sacrificio il suo Corpo e il suo Sangue durante l’Ultima Cena, si è posto come vittima sacrificale perfetta, volendo abolire per sempre il sacrificio animale, semplice figura del sacrificio perfetto da Lui compiuto, e da quel momento in poi non più necessario. A una realtà nuova, definitiva e perfetta (il sacrificio di Cristo, riproposto in maniera incruenta ogni volta che si celebra la Santa Messa) doveva per forza corrispondere un rito che supera e compie quello antico ebraico, incentrandosi soprattutto sull’importante elemento dell’agnello. Si passa quindi da un semplice banchetto rituale e commemorativo, per quanto importante, a un vero e proprio sacrificio in cui la persona di Cristo si sostituisce all’agnello pasquale ebraico, semplice figura del vero Agnus Dei, sancendo il passaggio dall'Antica alla Nuova Allenanza.
Questo aspetto particolare, tra l’altro, ci sembra possa aiutare a valorizzare maggiormente l'aspetto più importante della Messa, quello sacrificale, bandendo l'idea dell'Eucarestia come semplice cena o banchetto, come vorrebbero quelle tendenze ebraizzanti e protestanteggianti che continuano oggi a sfigurare il volto della vera Chiesa di Cristo, la Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
***
Paolo

Si infiamma la guerra culturale

«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! […] Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.»
(Lc 12, 49.51)

Si chiede il professor Franco Cardini, docente di storia medioevale: «Ancora firme dopo la pessima figura fatta?».
Sì, ancora firme. Almeno 1.479.
Capitanati da Gianni Vattimo, Piergiorgio Odifreddi, Luigi Bobbio - e altri noti illuministi - 1.479 docenti plaudono all’ormai storica “cacciata” del Papa dall’Università La Sapienza.

Plaudono firmando un appello che recita così: «I sottoscritti esprimono la più ferma e convinta solidarietà ai colleghi sottoposti a un linciaggio morale, intellettuale e persino politico senza precedenti. Noi firmatari affermiamo che ci saremmo comportati come i 67 in nome della libertà della ricerca e della scienza. Se essi sono cattivi maestri, ebbene lo siamo anche noi.»

Buono a sapersi. Serve una dettagliata mappatura dei «cattivi maestri» che, ora e sempre, sono all’origine di vari e noti terrorismi e delle più becere manifestazioni della follia umana.
Nomi e cognomi da consegnare alla storia. O meglio, al dimenticatoio della storia.
Sterminato, infatti, è il numero di chi operò il male (spesso a caccia della fama) e ne ottenne, in salario, l’oblio.
A cominciare dai membri del Sinedrio e del popolo che linciarono il Cristo - ad eccezione di Anna, Caifa e Pilato, ad esempio, dei quali sussiste il ricordo unicamente a loro vergogna.

Qua abbiamo i pronipoti. Cacciano, umiliano, zittiscono, ostentano sapienza, seminano la zizzania, provocano prima e poi fanno le vittime.
La tattica è sempre quella: ammazzali e poi frigna al posto loro.
Così la gente si impietosisce.
«Colpirne uno per educarne cento», insegnavano. Sempre loro. Arieccoli. Più che maestri cattivi, ipocriti direi.
***
silvio

domenica 3 febbraio 2008

Moratoria contro l’aborto - 01

Si entra nel vivo!
Stavolta il bombardamento contro gli abortisti viene da quattro laicissimi - e sottolineo laicissimi - atenei romani.
I direttori delle cliniche ginecologiche delle facoltà di medicina delle università romane di Tor Vergata, La Sapienza, Cattolica e Campus Biomedico - stufi di vedere i cadaveri squartati semivivi dei feti abortiti - hanno firmato un bel documento.

Documento nel quale si descrive la procedura medica da eseguire nel caso il feto abortito nasca vivo: rianimarlo, anche se la madre fosse contraria.
Ovvero, cercare di farlo vivere, con l’unico limite dell’inutile accanimento terapeutico.

Come credete abbiano reagito i parrucconi incipriati pro-squartamento?
Si sono messi a starnazzare. Ad esempio, il socialista Gavino Angius ha gridato tutto il suo «profondo sdegno» per l’«aggressione alla 194 perpetrata nelle ultime settimane dalle gerarchie vaticane e da gruppi a essere contigui».
La verità è ben diversa. Sono gli squartatori imparruccati che aggirano la legge 194 e non la vogliono applicare integralmente.

Il documento è fondato sul laicissimo principio neonatologico, secondo il quale «un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente ».
I veri medici vogliono semplicemente tornare ad essere tali. Ovvero, persone che curano e soccorrono altre persone in pericolo di vita.
Il feto (alla 22a settimana - nella foto) è sì immaturo, ma riconoscibilissimo come essere umano, soprattutto per le membra già tutte formate.

Continua il documento: «Con il momento della nascita la legge attribuisce la pienezza del diritto alla vita e quindi all'assistenza sanitaria».
Sembra un’ovvietà, per un’intelligenza normale.
Gli squartatori, no. Non sono d’accordo.
Bisogna squartare il feto perché altrimenti «non viene più data alla donna la possibilità di scegliere».
Bisogna squartare il feto perché altrimenti si «costringono le donne ad abortire all’estero».

Ecco, appunto, andatevene all’estero.
Se non doveste tornare più, sono disposto a pagarvi il biglietto di sola andata.
***
silvio

Importanti(ssime) puntualizzazioni

Il Papa, ricevendo in Udienza i partecipanti alla Sessione Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha ricordato l’importante documento pubblicato nel 2007 e titolato “Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina della Chiesa”.
Sintetizzando il concetto centrale del pronunciamento magisteriale, Benedetto XVI precisa che «viene così confermato che l’una e unica Chiesa di Cristo ha la sua sussistenza, permanenza e stabilità nella Chiesa Cattolica e che pertanto l’unità, l’indivisibilità e l’indistruttibilità della Chiesa di Cristo non vengono annullate dalle separazioni e divisioni dei cristiani».

Un secondo documento (pubblicato sempre nel 2007) viene poi menzionato: “Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione”.
Anche di questo pronunciamento il Papa fa una sintesi: «la Chiesa, nel tempo del dialogo tra le religioni e le culture, non si dispensa dalla necessità dell’evangelizzazione e dell’attività missionaria verso i popoli, né cessa di chiedere agli uomini di accogliere la salvezza offerta a tutte le genti».

Inoltre Benedetto XVI chiede alla Congregazione un impegno rinnovato, per i tempi a venire, circa i «problemi difficili e complessi della bioetica», che dovranno essere seguiti «con particolare attenzione».
Si sottolinea che «il Magistero della Chiesa certamente non può e non deve intervenire su ogni novità della scienza, ma ha il compito di ribadire i grandi valori in gioco e di proporre ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà principi e orientamenti etico-morali per le nuove questioni importanti».

Nel concludere, il Pontefice esprime un’ennesima importantissima puntualizzazione.
È vero che il cristiano deve anche seguire la voce della propria coscienza, per discernere il bene e il male, ma è da chiarificare che la coscienza va formata.
Non si nasce, cioè, con una coscienza adulta, ma la coscienza va educata durante tutta la vita, nell’umiltà e nel ravvedimento.
Dice il Papa, a questo proposito: «I cristiani [...] nella formazione della loro coscienza devono considerare diligentemente la dottrina sacra e certa della Chiesa. Infatti per volontà di Cristo la Chiesa cattolica è maestra di verità, e il suo compito è di annunziare e di insegnare in modo autentico la verità che è Cristo, e nello stesso tempo di dichiarare e di confermare con la sua autorità i principi dell'ordine morale che scaturiscono dalla stessa natura umana». (Dignitatis Humanae n. 14)
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silvio

venerdì 1 febbraio 2008

Pensiero della Domenica - 32

A cura del sito “Vie dello Spirito

IV^ T.O. - 03/02/2008

Beati i poveri in spirito, di essi è il Regno dei Cieli

La missione di Cristo, nella sua vita pubblica, era quella di indicare e sollecitare a percorrere la via della salvezza. Ma c’era bisogno di sfrondare molti ostacoli, pregiudizi e soprattutto leggi, prescrizioni, disposizioni della legge mosaica, che ormai non era più praticabile.
Già il Profeta Sofonia (che significa “Il Signore protegge”) nella prima lettura esorta: ”Cercate il Signore voi tutti della terra, che eseguite i suoi ordini, cercate la giustizia, cercate l’umiltà, forse potrete trovarvi al riparo nel giorno dell’ira del Signore….Confiderà nel nome del Signore il resto d’Israele...”.

Ed è questa via maestra che il Messia indica alla sua gente.
Ma i primi che deve persuadere, sono i suoi amici collaboratori, gli apostoli.
Anche per loro, come avviene sempre per noi, al termine della catechesi di Gesù, sempre chiarissima e comprensibilissima, subentrava la perplessità che in ogni tempo l’essere umano ha così sintetizzato: ”Durum est ic sermo”, questo discorso che fai è bellissimo, ma come è possibile metterlo in pratica?
Nel brano di Vangelo di questa domenica, Gesù, sedutosi, ha vicino a sé gli apostoli, poi di fronte , in primo piano, gli altri discepoli e, dietro ad essi, tutto il popolo.
Il Cristo ha prescelto per tutte le sue manifestazioni la cornice delle bellezze naturali. Infatti vedeva dietro la folla il luminoso sfondo del lago che era come un canto alla gloria di Dio, che si riflette anche nella natura.

“Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco la vostra ricompensa è grande nei cieli…”.
Nessuno al mondo parlò in modo così stupendo, come Gesù!
Nessuno, per quanto saggio e sapiente, ha potuto imprimere alle proprie parole quel tocco magnetico in grado di accendere una luce di speranza anche nei cuori refrattari, disordinati.

Quando trovi un minuto di tempo, leggi l’inizio del Capitolo 5 del Vangelo di Matteo che riporta per intero i nove motivi che Gesù proclamò, per essere beati.
Scegli quella che più ti si adatta. Sentirai la voce suadente del Cristo che ti dice: “Rallegrati ed esulta, perché grande è la tua ricompensa nei cieli”.
Le Sue parole sono sempre messaggi di salvezza eterna, senza la quale non ci potrebbe essere prospettiva di futuro, dopo la fragile e travagliata esistenza terrena.
Ripeti con tanta fede, durante la preghiera dei fedeli: ”Siamo tuoi figli, salvaci Signore”.
Ricordati che la vera beatitudine è gustare in noi la gioia quando

CREDIAMO DI AMARE
VIVIAMO PER DONARE
ESULTIAMO PER RINGRAZIARE
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Don Lucio Luzzi