Quando i cristiani dei primi secoli cominciarono a
commemorare i santi, l’attenzione era subito spostata al martirio. Il santo - meglio:
il santificato, perché solo Dio è santo - è infatti colui che segue Gesù Cristo
e lo segue sulla via Crucis, con
quotidiano sacrificio, fino alla morte e all’effusione del sangue - usque ad mortem et sanguinis effusionem.
Il programma cristiano è dunque irrealizzabile e fortemente
deprimente, se non con l’intervento della grazia. La salvezza, infatti, non è
difficile. È impossibile, come dice il Vangelo: «Quelli che ascoltavano
dissero: “Allora chi potrà essere salvato?” Rispose [Gesù]: “Ciò che è
impossibile agli uomini, è possibile a Dio”» (Lc 18, 26-27).
Gesù non dice “difficile”. Dice “impossibile”: «Quae impossibilia sunt apud homines,
possibilia sunt apud Deum» (San Girolamo, Vulgata). E, subito dopo,
dice “possibile”.
Quindi non è né difficile, né impossibile valicare le porte
della vita e della morte, ma bensì possibile assieme al Crocifisso e Risorto.
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silvio