martedì 26 febbraio 2008

Il “risveglio della coscienza”

Ha ragione il cardinale Angelo Ba­gnasco.
Lo dice durante un’omelia: «Il momento storico che stiamo vivendo è bello ed intenso e ad esso guardiamo con simpatia, passione ed intelligenza di fede».

«Bello ed intenso», dico io, perché la grande caduta post-conciliare, seppure non arrestata, è però interrotta o fortemente rallentata.
Da cosa? Da chi?
Bagnasco parla di «un risveglio della coscienza». Io la chiamo “primavera della Chiesa”.
Da circa vent’anni ha di nuovo un senso parlare di apostolato.
Durante il XX secolo fino a tutti gli anni ’70 e una parte degli ’80 sembrava che non ci fosse modo di arginare la pressochè completa scristianizzazione. Sembrava che nulla avrebbe più potuto contrastare il secolarismo, il pensiero nichilista o radical-socialista.

Poi, lentamente, un rinascere della cultura cattolica e un incremento (lento e costante) della presenza cristiana. Fino all’odierna esplosione mediatica.
Non posso giudicare sulla qualità, ma ricordo (come esempio) che il trionfo della teologia scolastica del XIII secolo germogliava su un terreno culturale composto da una quantità enorme di correnti di pensiero, scuole e studi scientifici.
Il cardinale usa parole ispirate: «Vediamo intorno a noi uno sviluppo ulteriore, forse nuovo, forse inedito, una voglia di pensare, di prendere coscienza degli avvenimenti, della storia».

Il «risveglio della coscienza» è «forse stimolato proprio da tante contraddizioni ed inquietudini, da problemi antichi e soprattutto nuovi che premono proprio alla coscienza di ciascuno ed alla coscienza collettiva».
Il «risveglio della coscienza» che «un certo modo di pensare, una certa aria diffusa vorrebbero continuamente dormiente, ma la coscienza non può sempre dormire, arriva il momento in cui si risveglia, forse in modo traumatico ma sempre salutare».

Conosciamo bene quel «certo modo di pensare» della cultura del nulla, della lagna, della bugia strategica, della noia, del ricatto pianificato, della ribellione disobbediente, del capriccio.
Ma noi ce ne infischiamo e, dolcemente, ci svegliamo.
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silvio

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