giovedì 21 febbraio 2008

Carotaggi culturali - 01

Eseguiamo alcuni carotaggi per verificare se la cultura odierna egemone merita di essere soppressa o bisogna continuare l’accanimento terapeutico.
Mi arriva per e-mail una pubblicità che mi invita ad aderire al Progetto Morphing.

Ovviamente viene tutto esposto in modo estremamente chiaro.
«E’ un lavoro di ricerca condotto a due, nella consapevolezza che i nuovi media tecnologici -visitati tra fotografia, video, web - conducono a diverse possibilità di comunicazione insieme alle quali cresce, matura e si definisce non solo una nuova conoscenza ma la personalità stessa degli artisti
(?)

Tento di contenere la risata e seguo a leggere:
«E’ un modo per avviare uno scambio dove due identità si sovrappongono e si fondono per un contatto che travalica l’acquisita dimensione spazio temporale, per verificarne una nuova in “tempo reale” dove si annullano le distanze; l’appropriazione cognitiva e nel contempo fisica accade in un altro modo, direttamente, senza tuttavia attraversare i “sensi” organici, passando tra le maglie della rappresentazione analogica e digitale, in un processo di trasferimenti che coinvolge il soggetto proposto, l’osservatore e lo stesso autore
(??)

Comincio ad avere le convulsioni:
«Si costruisce così un linguaggio che del rimando reale-virtuale, organico-alfa numerico, elettronico-algoritmico, fa una piattaforma basilare per la costituzione di un percorso formale. In esso s’invera la comunicazione stessa e l’atto artistico. Che è dunque in perenne trasformazione; morphing, la forma che si trasforma
(???)

A questo punto mi trascinano via, mentre mi scompiscio, in attesa che arrivi la neurodeliri.
Non riesco a leggere tutto. Così è ridotta l'università moderna. Questi i prodotti che sforna.
Il foglio giace a terra, mentre la TV manda carrellate di consigli per gli acquisti.
***
silvio

2 commenti:

Anonimo ha detto...

A proposito di cultura egemone. Tu qui segnali, se non sbaglio, il disfacimento della ragione nel mondo universitario presunto colto, ormai avvitato sul proprio nulla e sullo slogan vuoto e privo di senso. Tutto sommato, la diffusione di questo pseudo pensiero sembra ancora limitata e abbastanza indolore, se si eccettuano casse di risonanza penose come la storiaccia del Papa alla Sapienza. A livello di divulgazione popolare, invece, l'azione è un po'più insidiosa. Mi viene in mente il recente, pessimo sceneggiato televisivo su Caravaggio, in cui la deformazione anticattolica e la falsità storica sono manifeste. Pensavo di farci un post, ma poi ho visto che sul sito di Identità Europea c'è già qualcosa(http://www.identitaeuropea.org/archivio/articoli/cardini_cautele.html).
Comunque, due righe su come hanno presentato la storia di Beatrice Cenci varrebbe la pena farle, vista la particolare malafede dimostrata verso la figura di Clemente VIII, il papa di Giordano Bruno.

Anonimo ha detto...

Sì, mi volevo ricollegare anche alla “neolingua” orwelliana, che ha ricevuto il battesimo ufficiale proprio nel '68.
Da allora, come non mai, il linguaggio è diventato complice della confusione d'idee.
Bisogna usare un parlare difficile, schizofrenico.
Non c'è più amore per la verità. E allora, per non deprimermi, la butto sul ridere.
A proposito del Caravaggio, è una bestemmia che il romanzo storico sia soppiantato dalla “fiction”, finzione. Pensa tu. Non ci si preoccupa nemmeno più di abbozzare una qualche serietà.
Mi preoccupa il fatto che il popolino è completamente anestetizzato e beve ogni genere di brodaglia culturale, ciarpame ideologico soggettivista orrendamente fagocitato dalle masse.

Forse hai ragione: a livello universitario si hanno in fondo gli anticorpi, nel senso che non si beve tutto quello che viene propinato. Rimane sempre, cioè, una potenziale capacità di critica.
Però mi ha fatto male ricevere questa e-mail, dove in allegato c'era il volantino farneticante dal titolo “Quale metafora tra l’apparire e il comunicare?”.
Mi ha fatto male, perchè sicuramente qualche sprovveduto risponderà. Qualcuno indottrinato alla convinione che, per avere a che fare con la scienza o l'arte o la cultura, il linguaggio schizofrenico sia un passaggio obbligato.
I termini presenti nello scritto tradiscono la presenza di redattori certamente preparati. Per questo ho pensato all'università.
Ciao.