venerdì 28 dicembre 2012

Memorandum per chierici smemorati



«Altrettanto palese, quale origine e scopo del vestito, è l'esigenza naturale del pudore, inteso sia nel significato più largo, che comprende anche la dovuta considerazione per l'altrui sensibilità verso oggetti ripugnanti alla vista; sia soprattutto come tutela della onestà morale e scudo alla disordinata sensualità».

«È quindi giusto che la pudicizia, quasi depositaria di beni così preziosi, rivendichi a se una autorità prevalente sopra ogni altra tendenza o capriccio, e presieda alla determinazione delle fogge di vestire».

«[…] non è lecito però di arguire che il cristianesimo esiga quasi un'abiura assoluta del culto o cura della persona fisica e del suo esterno decoro. Chiunque concludesse in questo senso, dimostrerebbe di aver dimenticato quanto scriveva l'Apostolo delle Genti: “Le donne si ornino di abito decente con verecondia e modestia” (1 Tim. 2, 9)».

«Ma il cristiano, autore o cliente che sia, si guarderà dal far poco caso dei pericoli e delle rovine spirituali, seminate dalle mode immodeste, specialmente pubbliche, per quella coerenza che deve esistere tra la dottrina professata e la condotta anche esterna. Egli ricorderà l'elevata purezza che il Redentore esige dai suoi discepoli, anche negli sguardi e nei pensieri; e ricorderà altresì la severità dimostrata da Dio coi seminatori di scandali. Può essere, a proposito, richiamata alla mente la forte pagina del profeta Isaia, ove si vaticina l'obbrobrio destinato alla città santa di Sion per l'impudicizia delle sue figlie (cfr. Is. 3, 16-24); e l'altra in cui il sommo Poeta italiano esprimeva, con parole roventi, la propria indignazione per la inverecondia serpeggiante nella sua città (cfr. Purg. 23, 94-108)».

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silvio

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