Interessante
riflessione sulla legge morale naturale di Stefano Fontana, urge sempre più
farla conoscere.
Nella
pagina di Biopolitica di questo numero di Vita Nuova presentiamo e commentiamo
una notizia sconvolgente. Come si sa, i fautori della vita
contro l’aborto sostengono che la vita umana è un unico sviluppo che inizia dal
concepimento e non conosce più svolte qualitative, nemmeno quella della
nascita.
Quel bambino che ora è in
mano all’ostetrica non è diverso dal feto che qualche minuto prima era nel
ventre della sua mamma. Questo argomento della continuità è il cavallo di
battaglia nelle argomentazioni dei partigiani della vita. Ora, è accaduto che
due scienziati italiani operanti a Melbourne in Australia hanno scritto un
articolo su una rivista di etica medica in cui adoperano l’argomento della
continuità per affermare il contrario della vita.
Essi dicono che dato che è
possibile eliminare il feto in caso di gravi malformazioni per le stesse
ragioni deve essere anche possibile eliminare il neonato, perché tra il feto e
il neonato non c’è soluzione di continuità, è un unico processo che continua e
quanto si può fare prima della nascita deve potersi fare anche dopo.
La proposta è quindi l’aborto
post-natale o l’eutanasia neonatale. Un tempo si chiamava infanticidio. La cosa
è sconcertante soprattutto per questo rivolgimento luciferino della verità e
per l’utilizzo dello stesso tipo di argomento dei pro life per motivare
l’uccisione legalizzata di un neonato.
In Inghilterra i vescovi di
quel Paese hanno scritto una Lettera pastorale contro il matrimonio omosessuale
che si vuole introdurre per legge e contro il cambiamento della definizione di
famiglia. Nel Regno Unito gli omosessuali godono già di notevoli diritti, ma
l’intento è evidentemente di distruggere la famiglia, più che garantire
riconoscimenti civili agli omosessuali. Anche in questo caso viene meno nella
consapevolezza collettiva di una struttura fondamentale della legge naturale:
il matrimonio eterosessuale.
La sconvolgente novità dei
nostri tempi è che la fede cristiana non ha quasi più davanti a sé la legge
morale naturale con cui dialogare ed è ormai costretta a rifondarla essa
stessa, perché sta sparendo dalle coscienze, dall’educazione, dalle leggi.
Nell’articolo suddetto e nelle proposte di leggi come quella inglese la natura
non esiste più.
Il cristianesimo non può fare
a meno del concetto di natura. Senza la natura non c’è la creazione, senza la
natura non c’è il peccato delle origini che è una corruzione della natura
umana, senza la natura non c’è l’incarnazione, senza la natura corrotta non c’è
la redenzione e senza la natura redenta non c’è la salvezza. Cosa sarà del
cristianesimo quando il concetto di natura sarà sparito dalle nostre menti?
Come faremo ad intendere che Cristo è una sola persona in due nature? La
società postnaturale sarà per forza anche una società postcristiana. Davanti
alle notizie che richiamavo sopra, sembrano non esserci dubbi che sarà anche
postumana.
La fede cristiana, nella sua
lunga diffusione nei secoli, ha sempre trovato davanti a sé culture e società
che si erano allontanate dalla legge morale naturale, oppure che la conoscevano
in modo limitato e confuso, ma mai società che l’avessero negata di principio.
Il compito nuovo del cristianesimo è di riumanizzare l’uomo parlandogli di
Cristo, ricostruire la sua natura parlandogli della sopranatura. Ricordargli
“chi è” mentre gli si annuncia chi è destinato a diventare.
Stefano Fontana © Vita Nuova
***
roberto
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