mercoledì 5 marzo 2008

La Parola di Gesù dà e toglie la vista

Volevo chiosare il Vangelo della Domenica di questa settimana, nella parte conclusiva del medesimo.
«Gesù allora disse: “È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi”.
Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: “Siamo ciechi anche noi?”.
Gesù rispose loro: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane”
.» (Gv 9, 39-41)

Gesù è il Salvatore, ossia colui che - in giudizio - realizza la guarigione della cecità spirituale, che causa il peccato.
Questa realizzazione, però, non può avvenire senza l’iniziativa - ma forse è meglio dire senza il sigillo della volontà - del peccatore. In questo caso, il cieco nato obbedisce a Gesù e si lava alla piscina di Siloe (Gv 9, 6-7).
L’obbedienza è l’umile ammissione di essere cieco, malato e, quindi, desideroso di guarire.

Viceversa, il superbo diventa cieco spiritualmente e rimane nel peccato.
È importante, però, eliminare un equivoco: Gesù viene nel mondo per un giudizio, ma non per giudicare. Nel senso che la guarigione non è un premio, così come la cecità non è una punizione (o una condanna) di Dio.
Altrove, infatti, Gesù così si esprime: «Se uno ode le mie parole e non le osserva, io non lo giudico; perché io non son venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo. Chi mi respinge e non riceve le mie parole, ha chi lo giudica; la parola che ho annunciata è quella che lo giudicherà nell'ultimo giorno.» (Gv 12, 47-48)

Non Gesù giudica il mondo ma, in un certo senso, è ciascuno di noi che rende a sé stesso il giudizio che liberamente ha scelto.
Eppure vi sarà un giudizio personale ed uno universale. E Gesù sarà “giusto giudice” e “salvatore”.
A questo proposito dirà:
«Venite, benedetti del Padre mio» (Mt 25, 34) e «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno» (Mt 25, 41).
È importante allora, per comprendere questa Parola, interpretare correttamente il senso del termine “giudizio”.

È sbagliato ritenere che la Parola di Dio abbia il solo effetto salvifico.
C’è un giudizio di salvezza ed un giudizio di condanna che, però, dipende da colui che è giudicato, non dal giudicante - Dio - che vorrebbe tutti salvi.
Per questo è descritto, nell’Apocalisse (1, 13.16), il Verbo «simile a figlio di uomo» dalla cui bocca esce «una spada affilata a doppio taglio»: perché duplice è l’effetto della Sua Parola.
L'effetto - beninteso - della Sua Parola è duplice, non la Sua volontà, che è volontà unica e di salvezza.
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silvio

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