domenica 26 dicembre 2010

FAMIGLIE AL CINEMA


CONTRO BABBO NATALE
OVVERO COME SALVARE LO SPIRITO DEL NATALE
NONOSTANTE IL BABBO


“La situazione è definitivamente grave solo quando la pseudofesta sostituisce inavvertitamente e quasi impercettibilmente la festa [...] Neanche la società secolarizzata può fare come se il Natale non esistesse, almeno non ancora. Ciò nonostante, come tutti sanno, l'autentica festa quasi scompare sotto il preponderante aspetto commerciale. In modo del tutto grottesco, l'aspetto essenziale diventa forse irriconoscibile”[1]. Ogni anno il tormentone natalizio è composto da frasi come questa, risalente a quarantanni fa. Sarebbe ora di individuare i colpevoli, stigmatizzarne l'operato e proporre rimedi. In questo articolo verrà processato l'imputato numero uno: Babbo Natale. Nel suo personaggio confluiscono più tradizioni culturali, tanto da farne un oggetto conteso da interpretazioni spesso divergenti. Il cristianesimo ricorda che il suo nome anglofono, Santa Claus, deriva da san Nicola (ca.260-ca.326), vescovo di Myra, attuale Turchia, venerato in Italia dopo che alcuni marinai s'impossessarono dei suoi resti e li portarono a Bari il 9 maggio 1087. L'attributo dei doni fa riferimento ad alcuni episodi della vita del santo così come il rosso del vestito ricorda quello vescovile[2]. Fino al termine del XIX sec. il nome di san Nicola rimase invariato anche se, lentamente ma inesorabilmente, i tratti religiosi cristiani sparirono per acquisirne altri più favolistici, incontrando le tradizioni mitologiche nordiche che lo trasformarono in una sorta di elfo mastro, a capo di una super bottega di artigiani indaffarati a preparare regali. La responsabilità principale di questa trasfigurazione risale a Clement Clarke Moore, professore di ebraismo e lingue orientali nel collegio protestante episcopaliano di New York, il quale nel 1822 scrisse un poemetto intitolato The Night before Christmas. In questo testo appaiono le renne, gli abiti di pelliccia, la pipa  e la slitta volante. Nel 1931 fu la campagna pubblicitaria della Coca–Cola, affidata a Haddon Sundblom, a determinare definitivamente l'identità di Babbo Natale così come oggi viene utilizzata da tutti i media: un'icona  rasserenante, buona da accostare ad ogni tipo di offerta commerciale[3]. In questa camaleontica mutazione dell'immagine di Babbo Natale il cinema ha giocato un ruolo fondamentale. Nel 1947 otterrà un grande successo quello che possiamo considerare l'archetipo novecentesco di Babbo Natale: Miracolo sulla 34° strada[4]. Fin dalla prima sequenza si cita il testo di Clarke (Cupido, Fulmine e Impeto, nomi di tre renne). In realtà il film aggiunge qualcosa di nuovo: l'anziano signore dalla barba bianca che entra in scena fin dai titoli di testa afferma di essere il vero Babbo Natale. Viene assunto prima per la tradizionale sfilata dei carri organizzata dai grandi magazzini Macy's e poi dalla stessa azienda per vendere ai bambini. Lui accetta il lavoro, sempre però ribadendo la sua originale identità. Dopo varie peripezie è costretto a difendersi in tribunale e, grazie all'aiuto di un abile avvocato, ottiene dal giudice la sentenza che lui è il vero e unico Babbo Natale! Anche le altre vicende che lo vedono impegnato con i bambini hanno questo scopo fondamentale: sconfiggere l'incredulità. Inizialmente la piccola Susan si mostra scettica verso tutto ciò che è irrazionale, ma dovrà alla fine ricredersi, insieme alla stessa mamma che enuncia così la morale del film: “Avere fede significa credere in cose che il buon senso ritiene assurde”. Il fascino di questa bizzarra storia risiede in una narrazione, certamente ironica, che vuole però portare lo spettatore almeno a sospendere l'incredulità riguardo all'esistenza di Babbo Natale. Inizialmente  appare ma non sappiamo da dove provenga, poi chiede di essere 'riconosciuto', anche attraverso un processo pubblico che stabilisca la verità; infine scompare, dopo aver consegnato i doni promessi. Questo percorso narrativo ha non poche analogie con quello dei Vangeli: la vita nascosta, la progressiva rivelazione, la predicazione (Babbo Natale si rivolge ai bambini cercando di aiutarli ad acquistare i regali che loro preferiscono e non quelli consigliati dai grandi magazzini) e infine il processo, che non porta alla morte sacrificale ma al successo finale: il miracolo della famiglia ricomposta grazie all'esaudimento dei desideri della bambina. Quattro anni dopo l'uscita di questo film che ebbe un'enorme diffusione, a Digione accadde un curioso fatto di cronaca: il 23 dicembre venne impiccato e poi bruciato, davanti alla cattedrale di Sainte -Bénigne, un pupazzo di Babbo Natale. Come reazione, la sera successiva, un comunicato ufficiale del municipio convocò i bambini in piazza, assicurando che il vecchio donatore sarebbe riapparso come ogni anno. Il famoso antropologo Claude Levy-Strauss scrisse a  questo proposito Babbo Natale giustiziato, saggio in cui si può leggere: “La Chiesa non ha certamente torto quando denuncia, nella credenza in Babbo Natale, il più solido bastione e uno dei più attivi focolai del paganesimo nell'uomo moderno. Resta da sapere se l'uomo moderno non possa difendere anch'egli i suoi diritti di essere pagano”[5]. La divinizzazione di Babbo Natale ottiene dunque anche un riconoscimento culturale prestigioso e, attraverso fasi alterne, arriverà la sua definitiva affermazione cinematografica a partire dagli anni '90[6]. Soprattutto in Polar express[7] quella di Babbo Natale è un'autentica epifania estatica, una manifestazione numinosa. Dopo un lungo viaggio in treno, il protagonista, un bambino incredulo, arriva nel regno di Santa Claus, dove masse di elfi adoranti attendono che lui si mostri. Ciò avviene solo quando l'eroe riesce a urlare a sé stesso: “Io credo!”. Questa visione pseudonatalizia è in consonanza con il revival religioso New Age[8] esploso negli ultimi decenni, tanto che in un libro come La vera storia di Babbo Natale si può leggere che “rispettare Babbo Natale significa, in un certo senso, comprendere il ritmo profondo della Natura e dell'Ordine del mondo e darsi degli strumenti per proteggerli. Sì, credere a Babbo Natale significa credere nella Vita”[9]. La divinizzazione neopagana però, com'è tipico nella modernità avanzata, porta sempre con sé anche la sua demitizzazione. Per questo negli ultimi vent'anni sono fiorite parodie. La migliore (ma anche la più insidiosa) è  Tim Burton's Nightmare before Christmas[10] in cui si racconta  la storia di Jack Skeleton, uno scheletro re di Halloween e signore delle zucche, stufo di passare tutta la vita a organizzare feste di mostri e per questo deciso a rapire Babbo Nachele, re della città del Natale, dove tutto è luminoso e piacevole. In questo film Halloween e Natale non sono nemmeno feste, ma simboli di stati d'animo (angoscia e gioia) e dimensioni complementari dello spirito (tenebre e luce). Ognissanti e Natale sono ormai accomunate dallo stesso destino di deformazione e svuotamento del loro significato storico, religioso e salvifico[11]. Che fare, dunque? Aprire la caccia ai babbi appesi ai balconi ? Innalzare roghi di barbe? Istituire corsi speciali di catechesi per spiegare a grandi e piccini che l'unico Babbo originale è san Nicola mentre gli altri sono impostori? Qui si propone innanzitutto di rileggere un classico, Canto di Natale, rivedere due film ad esso ispirati e invocare la nascita di un poeta pari a Charles Dickens. La vita è meravigliosa[12] del cattolico americano Frank Capra è una deliziosa commedia in cui l'angelo Clarence è inviato per salvare dal suicidio un povero padre di famiglia, George Bailey, disperato perché l'azienda è sull'orlo della bancarotta. Come nel racconto dickensiano, l'angelo propone al protagonista un viaggio nel tempo, mostrandogli come sarebbe diventata la città senza di lui. E George riscopre il valore della sua esistenza spesa per gli altri e lo stupore dinanzi alla bellezza della vita. A Christmas Carol[13] del regista Robert Zemeckis, abbandonate le atmosfere acquariane di sue precedenti opere, ripropone fedelmente la storia del vecchio avaro Scrooge e della sua conversione, grazie a tre spiriti del Natale: passato, presente e futuro. Nel testo dello scrittore inglese, potenziato ed esaltato nella recente versione cinematografica, ritroviamo Babbo Natale. Il secondo spirito infatti, quello del Natale presente, ha le fattezze delle divinità pagane dell'abbondanza, una sorta di Bacco redivivo, vestito di verde. Ma questo, insieme agli altri due spiriti, ha una missione da compiere, come l'angelo Clarence, per conto di Dio. E se in fondo fosse questa la vera natura, misconosciuta e fraintesa, di Babbo Natale? Un angelo che porta doni per ricordarci chi è il Dono per eccellenza. Nel racconto è lo spirito (l'angelo?) del Natale presente che mostra a Scrooge il bambino handicappato Timmy, l'unico a ricordare esplicitamente Gesù (“... sperava che la gente in chiesa l'avesse guardato, storpio com'è, perché deve far piacere, il giorno di Natale, ricordarsi di Colui che ha fatto camminare gli zoppi e vedere i ciechi”). Per questo urge un poeta che sappia dare una veste rinnovata, davvero natalizia, all'anziano barbuto, qualcuno che trovi le note giuste per un cantico nuovo. “Che cos’è la bellezza, che scrittori, poeti, musicisti, artisti contemplano e traducono nel loro linguaggio, se non il riflesso dello splendore del Verbo eterno fatto carne?”[14]
***
Luca


[1]     Josef Pieper, Sintonia con il mondo. Una teoria sulla festa, Cantagalli, Siena, 2009.
[2]     Si consulti il ricco sito http://www.basilicasannicola.it/
[3]                   Carlo Sacchettoni, La storia di Babbo Natale, Edizioni Mediterranee, Roma, 1996 ; Nicola Lagioia, Babbo Natale. Dove si racconta come la Coca-Cola ha plasmato il nostro immaginario, Fazi, Roma, 2005.
[4]                  Miracolo della 34° strada, regia di George Seaton, Usa, 1947. Sarà realizzato un remake nel 1994, inferiore all'originale e con un'accentuazione ancora più smaccata dell'irrazionalità della fede: Miracolo nella 34° strada, regia di Les Mayfield,  Usa, 1994.
[5]                  Claude Lévi-Strauss, Babbo Natale giustiziato, Sellerio, Palermo, 2001
[6]                 In La storia di Babbo Natale - Santa Clause, regia di Jeannot Szwarc, Usa, 1985 si assiste alla morte di un falegname molto buono e di sua moglie, i cui corpi però vengono magicamente rianimati e condotti nel regno degli elfi. Verranno poi Santa Clause, di John Pasquin, Usa, 1994; Mrs. Santa Claus, di Terry Hughes, Usa, 1996; Che fine ha fatto Santa Clause?, regia di  Michael Lembeck, Usa, 2002;  Santa Clause è nei guai, regia di Michael Lembeck, Usa, 2006.
[7]     Polar express, di Robert Zemeckis, Usa, 2004.
[8]     Massimo Introvigne, Il cortile dei gentili. La Chiesa e la sfida della nuova religiosità: “sette”, nuove credenze, magia, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2010
[9]                   Arnaud D'Apremont, La vera storia di Babbo Natale, Edizioni L'Età dell'Acquario, Torino, 2005            
[10]                Tim Burton's Nightmare before Christmas, regia di Henry Selick, Usa, 1993.
[11]    Paolo Gulisano – Brid O'Neill,  La notte delle zucche. Halloween: storia di una festa, Ancora, 2006
[12]    La vita è meravigliosa, regia di Frank Capra, Usa, 1947
[13]                 A  Christmas Carol, regia di  Robert Zemeckis, Usa, 2009
[14]    La Chiesa ha bisogno dell’arte, l’arte ha bisogno della Chiesa”. L’incontro di Papa Benedetto XVI con gli artisti (21 novembre 2009)

2 commenti:

Riccardo ha detto...

"Neanche la società secolarizzata può fare come se il Natale non esistesse, almeno non ancora" non sapete che l'unione europea ha distribuito agende con le feste religiose di tutte le religioni, a parte il Natale e la Pasqua. Insomma, presto il Natale perderà ogni significato religioso, sarà soltanto un'occasione commerciale.

roberto ha detto...

Caro Riccardo mi ha particolarmente colpito don Nicola Bux con un' articolo scritto sulla "bussola quotidiana"
quando dice
"Anche l’uomo più distante e disinteressato è “contagiato” da questo, perché si tratta di qualcosa che appartiene al senso religioso, al desiderio più profondo dell’uomo, che anche inconsapevolmente, desidera partecipare della divinità...ha in fondo una grande nostalgia dell’unico, vero, grande dono. Ha nostalgia di quella risposta che troviamo nell’evento della nascita di Gesù.
Quindi non perdiamo la speranza nonostante tutto!
Ciao