sabato 11 dicembre 2010

Vexata quaestio

Esce il monumentale tomo (632 pagine) Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta (Lindau, 2010) di Roberto de Mattei.
Massimo Introvigne ne fa una recensione non troppo entusiasta - anzi, abbastanza freddina.
Insoddisfatto anche Andrea Tornielli.
Soddisfatti dell’opera: Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, Corrado Gnerre, lo stesso de Mattei ovviamente,  Francesco Agnoli.
A prescindere dal libro, che non ho ancora comprato, Introvigne ha ragione su due punti:
1) Evento e documenti vanno separati. Si pensi, come esempio, all’Indice dei libri proibiti: i libri, appunto, non gli autori sono proibiti. Il pericolo viene dagli errori “oggettivi” di quel dato libro. Per la punizione “soggettiva” c’è la scomunica. Ma non tutti gli autori di libri erronei sono eretici, o viceversa (es. Tertulliano, eretico e Padre apologista). Quindi, c’è un discorso da fare sull’oggetto separato dal discorso sul soggetto.
2) Divisione dei Concili in “pastorali”, “dogmatici”, “generali”, ecc… Se ne lamentava anche don Gianni Baget Bozzo. È una suggestione nata in casa progressista, alla Scuola di Bologna. I Concili sono tutti (da Nicea al Vaticano II) dogmatici e pastorali, nel senso che i Concili sono convocati per due unici motivi: pericoli per la fede (parte dogmatica) e pianificazione degli interventi (parte pastorale). La parte dogmatica può essere anche una semplice riproposizione del Magistero. Certo, il Papa può convocare un Concilio per motivazioni massimamente pastorali, ma questo non elimina una riproposizione dell'ortodossia. Se si cerca quello che non ha funzionato nel Vaticano II non è da cercarlo, a mio parere, in siffatte suddivisioni.
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silvio

1 commento:

roberto ha detto...

Sintesi dell'articolo di Introvigne.A che serve la storia? La storia non serve per ridurre a pezzi i documenti, ma serve per spiegarli .Il sociologo Massimo Introvigne individua il punto debole dell’opera di de Mattei.
Roberto de Mattei considera il Concilio VaticanoII come un grande evento che tutto comprende: le discussioni in aula, l’azione delle lobby, la presentazione ai media durante e dopo il Concilio, le conseguenze e i documenti, pertanto se i documenti fanno parte dell’evento, fuori dell’evento perdono il loro significato.Tutto il libro combatte quella che l’autore chiama «un’artificiale dicotomia tra i testi e l’evento» e cerca di mostrare l’impossibilità di separare la dottrina dai fatti che la generano.Con questa tesi de Mattei critica l’«ermeneutica della continuità», che separa i documenti dall’evento e leggendo i testi per quello che sono corregge le conseguenze del postconcilio dove ha prevalso l’ermeneutica della discontinuità. In realtà, i documenti possono sempre essere separati dalle discussioni che li hanno preceduti. Sia in ambito sociologico che in quello giuridico non si afferma affatto che sia impossibile la distinzione logica fra un testo e il suo contesto. Se il testo fosse assorbito e fagocitato dal contesto perderebbe il suo specifico significato e ci troveremmo in una sorta di strutturalismo dove ogni affermazione è smontata e decostruita in un gioco di riferimenti perpetuo dove nulla ha più autorità.