giovedì 9 giugno 2011

FAMIGLIE AL CINEMA



THE TREE OF LIFE
di Terrence Malick
Produzione: India, Gran Bretagna, 2011
Interpreti: Brad Pitt, Sean Penn, Jessica Chastain

Palma d'oro al Festival di Cannes 2011 

Se preferite le storie ben raccontate, non andate a vederlo perché qui non c'è storia. Da chi lo ha amato è stato definito un poema visivo, un film-saggio, estatico e profetico; pellicola snob e noiosissima, piena di spocchia d'autore, da chi l'ha odiato. Il regista Terrence Malick, nato a Waco in Texas nel 1943, ha realizzato finora cinque film in quarant'anni, tutti oggetto di culto, sia per il silenzio che circonda la sua vita (non rilascia interviste, non si mostra in pubblico da decenni, predilige una narrazione visionaria e contemplativa), sia per le sue passioni intellettuali (è stato professore universitario di filosofia, occupandosi soprattutto del pensiero di Martin Heidegger). Molti vedono in lui un Kubrick redivivo e un maestro, non solo di cinema. Protagonista del film è la famiglia di Jack il quale, mentre deambula ingabbiato in gelidi grattacieli dove presumibilmente lavora, rammenta eventi lontani: gli atteggiamenti aggressivi di un padre autoritario, la leggerezza solare e rassegnata della madre, i giochi e i dispetti fatti al fratello minore, morto improvvisamente a diciannove anni. Tutto è raccontato secondo una logica sincronica: presente, passato e futuro s'ingarbugliano seguendo il tracciato onirico del regista, creatore assoluto che prova a fornire risposte ai quesiti esistenziali dei personaggi: “Dov’eri Tu? Hai lasciato morire un ragazzo. Tu lasci che succeda qualsiasi cosa. Perché dovrei essere buono se Tu non lo sei?”. La famiglia è un microcosmo che dà senso e identità, nel bene e nel male, è un fatto connaturato alla vita stessa dell'universo. S'intuisce l'affetto grande della madre verso i figli e il suo tentativo di alleggerire la gravità del padre. Monta però inesorabile l'odio dell'adolescente Jack che pensa, per un attimo, anche alla possibilità di ucciderlo: un'eco de La rabbia giovane (1973), film assurto a simbolo della ribellione sessantottina, anche perché il motto di allora (più o meno metaforico) “Uccidiamo il Padre”, in quel primo film di Malick viene rappresentato esemplarmente. Infatti il giovane Kit uccide il papà della ragazza con la quale fugge per un viaggio trasgressivo e autodistruttivo. In The tree of life si cerca invece una via per la riconciliazione. Nell'estenuante prologo naturalistico e psichedelico, probabilmente simbolo dell'imponenza e del mistero della natura (ma anche della sua sovrana indifferenza) e nel criptico finale, si lascia intendere una sorta di elaborazione del lutto da parte della famiglia che riabbraccia il figlio morto (sogno? aldilà? spirito?) in una landa deserta lambita dal mare. Quell'energia cosmica spirituale al centro di un certo cinema contemporaneo (Into the Wild, Avatar, Hereafter) si ripresenta come soluzione pacificante dopo una carrellata di belle immagini che fanno della natura una divinità da ammirare esteticamente e in cui annegare le proprie sofferenze, accettandone lo scorrere del tempo che tutto consuma e rigenera, all'insegna del Caos. Le preghiere e le citazioni iniziali nulla hanno a che fare con la redenzione di Cristo, anche se il linguaggio si presta ad ambiguità: ad esempio per l'uso della parola “grazia”, da interpretare come spontaneità, eleganza, naturalezza e non dono di un Dio personale. Scusate se uso la prima persona, non è il mio stile, ma confesso di essere stato, a vent'anni, un cinefilo incallito e allora questo film l'avrei consigliato. Vent'anni dopo sono un cinefilo pentito e attendo con ansia l'uscita di X-Men: L'inizio.
***                 
 

   Luca

Nessun commento: