venerdì 30 novembre 2007

Il Padre Pio di Sergio Luzzatto

La figura di Sergio Luzzatto non ha mai suscitato in me una grossa simpatia. Si autodefinisce spesso – e comunque lo è a tutti gli effetti - storico “di professione”, soprattutto quando è coinvolto nelle non poche polemiche di cui a volte è protagonista. Nelle sue parole c’è un continuo voler rimarcare l’asserita oggettività e neutralità della ricerca storica che però, di fatto, non sono mai esistite, neanche negli approcci più distaccati e strettamente documentari. Un certo punto di vista nell’affrontare gli argomenti è inevitabile, sempre, e per questo l’accesa faziosità in cui spesso, nonostante gli intenti, si risolvono gli interventi di questo giovane professore di storia a Torino, a rifletterci bene, non dà fastidio più di tanto. Un po’ più urtante, invece, è la sua aria da professorino saccente, che sembra volare sempre alto sopra tutto e tutti con il suo fare imbronciato e stizzito, menando fendenti a destra e sinistra (nel senso anche politico dei termini) per punire gli incauti superficiali che osano addentrarsi nei territori riservati al professionista della storia. Uno scrittore come Giampaolo Pansa, il cui libro divulgativo “Il sangue dei Vinti” ha scatenato le ire del nostro, lo ha ribattezzato “ il signor Ghigliottina”. Viste queste premesse, mi aspettavo che il suo ultimo libro, sorprendentemente legato alle vicende di San Padre Pio, fosse dissacrante al massimo, viste anche le sue credenziali di laicissimo e progressista “doc”. Dissacrante nel senso di opera non agiografica, tutta volta a presentare la figura di un uomo collocato in un preciso contesto storico, laicamente analizzata senza indulgere a devozionalismi e attenzioni indebite, per un ateo come Luzzatto, alla realtà del soprannaturale, sulla quale il libro, come dice lo stesso storico, non vuole prendere nessuna posizione. Per cui, conoscendo già i suoi scritti, mi attendevo che Luzzatto desse molto spazio al rapporto tra la figura del frate del Gargano e gli eventi più sanguinosi svoltisi durante la sua vita, come i due conflitti mondiali e l’avvento dei totalitarismi di vari colori, argomenti di cui questo storico di origine ebraica è sicuramente esperto. In effetti, è andata proprio così: l’attenzione al contesto politico e sociale in cui si muove Padre Pio è preponderante. Riguardo alla “fenomenologia corporale” del santo, poi, quest’ultima fatica di Luzzatto su Padre Pio si muove sulla scia di altre sue opere senz’altro originali, come “ Il corpo del Duce”, in cui si affronta il tema del fascinoso carisma di Benito Mussolini da vivo e anche da morto, tramite il ruolo del corpo nelle diverse situazioni. In fondo, questi due libri di Luzzatto ora citati non sono così lontani, dato che anche la figura di Padre Pio viene inevitabilmente tratteggiata, come detto, facendo risaltare la sua ben nota e straordinaria corporeità ( stimmate, effluvi di sangue, bilocazione, il suo aspetto fisico e il suo modo di fare talvolta irruente e debordante, schietto e diretto, tipico di certa gente meridionale). Questa attenzione dello storico ebreo alla “fisicità” dei personaggi della storia, tutto sommato, credo abbia un po’ a che fare con il suo retaggio ebraico.
Comunque sia, anch’io inizialmente, come molti, mi sono lasciato un po’ fuorviare dalla deformazione mediatica dei contenuti del libro che, quasi certamente, non è stata casuale. Come, ad esempio, il voler sottolineare da parte della stampa, tra i tanti spunti contenuti nell’opera (“Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Nocevento”, Einaudi), quelli più eclatanti e di per sé banali, tra cui la vecchia storia dell’acido fenico. Il riferimento a quest'ultimo episodio, se estrapolato troppo seccamente dal contesto in cui è riportato nel libro, lascerebbe intendere che la sostanza sarebbe stata usata dal Padre per procurasi le stimmate. Mi sembra che tutto questo rientri nel rumore della grancassa mediatica, volta a esaltare solo quegli aspetti più adatti a creare reazioni automatiche in certi lettori, creando i presupposti per il battage pubblicitario che inevitabilmente segue la rissa e le polemiche. In questo caso, si tratta delle reazioni scatenate dopo il lancio del libro da parte di molti cattolici che, in buona fede e senza aver letto il libro, si sono subito scagliati contro chi avrebbe infangato la memoria di Padre Pio. Certo, delle ragioni per essere scettici non mancano: l’intento demistificatorio nell’opera di Luzzatto fa spesso capolino dalle oltre quattrocento pagine del libro. Ma è molto più velato, sicuramente non di grana grossa, ed è nascosto dietro all’apparente freddezza della ricerca, dietro a piccole frasi e osservazioni ironiche buttate qua e là con nonchalance, non certo nel pregiudizio crasso e macroscopico da positivista ottocentesco, per cui tutto il prodigioso è solo truffa e voglia di ingannare il popolino.
Tuttavia, la panoramica su una certa Italia di primo Novecento e post bellica, e al suo modo di rapportarsi alla dimensione del soprannaturale in un’epoca in cui ben altre “sacralità” neopagane stavano emergendo in Italia e Germania, appare a nostro avviso stimolante. Si legge, certamente, tra le righe un certo disprezzo, condito da osservazioni gratuite sulla sincerità dei loro gesti, verso alcune figure, come ad esempio quella del futuro papa Pio XII il quale, in visita a un lager di prigionieri italiani, pronuncia frasi di conforto, ritenute dal Luzzatto di semplice circostanza. Questo gratuito processo alle intenzioni è solo un banale, piccolo esempio, così come appare in fondo insignificante quell’osservare, in base ad alcuni documenti, che la fortuna della Casa Sollievo della Sofferenza, la grandiosa struttura voluta dal padre oggi all’avanguardia nelle cure di varie malattie, sarebbe legata anche a traffici di denaro facenti capo alla Francia e a Emanuele Brunatto, uno dei più noti figli spirituali di Padre Pio; un Brunatto, per altro, descritto come uno spregiudicato affarista e millantatore. In un’ottica di fede, la cosa non sorprende più di tanto: il Signore sa dare la luce anche tramite povere lampadine bruciate come siamo noi uomini (come ebbe a dire, mi pare, Oscar Luigi Scalfaro: il ché è tutto dire). In ogni caso, non manca una certa obiettività nel voler descrivere quello che è veramente successo nella Chiesa gerarchica riguardo alla figura del santo. Essa si è oggettivamente divisa a suo tempo sul Padre, anche se non in quella maniera così drammatica cui spesso si crede. Del resto, le vicende incentrate sulla “persecuzione”del santo del Gargano da parte di un padre Gemelli, un monsignor Maccari e un forse inconsapevole Giovanni XXIII erano già ben note. Ma è ben noto anche il favore che padre Pio ha incontrato presso Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, il che mi sembra bilanciare “ad abundantiam” certe deficienze manifestate da uomini di Chiesa.In definitiva, il libro di Luzzatto, con tutti i suoi limiti e pregiudizi, può risultare comunque stimolante, vista anche la brillantezza della prosa e il modo accattivante della narrazione.
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Paolo

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