mercoledì 21 novembre 2007

Ragione e volontà

Riporto, di seguito, una considerazione di Blaise Pascal - ma non ne è certa la paternità - che non condivido interamente:

«
L’uomo è nato per pensare; perciò non c’è momento che non lo faccia; ma il puro pensiero, che lo renderebbe infelice se egli potesse sempre sostenerlo, lo affatica e lo prostra.
È una vita uniforme, alla quale non può adattarsi; egli ha bisogno di movimento e di azione, ha bisogno cioè di essere di tanto in tanto scosso dalle passioni, di cui sente di avere nel cuore sorgenti vive e profonde
.» (dal “Discorso sulle passioni d’amore”, 1652-1653)

Dalla tradizione classica del pensiero, specialmente medievale, direi che è più corretto dire che l’uomo è nato per pensare e per volere.
Ridurre l’attività primaria al solo pensiero non tiene conto del modello antropologico classico, che vede la persona come unione di corpo, anima e spirito (Aristotele, San Paolo).
Il pensiero moderno - in questo caso, ad esempio, Amartya Sen e Martha Nussbaum - parlerebbero della persona come insieme di “capacità” (“capability”).


In ogni caso non è auspicabile una divisione tra razionalità e volizione, come quella celebre che contrappose domenicani e francescani.
Pascal giunge così a concepire la passione quasi come “soccorso esterno” per l’uomo, annoiato dalla speculazione.
Ma la passione nasce da lui stesso, mediante la volontà, che non è mai separata dalla ragione.

Sono come due movimenti “interni” alla persona: la ragione che interpreta il mondo e la volontà che esercita l’arbitrio, nutrendo così le relazioni interpersonali - vicende, sentimenti, sofferenze, estasi.
Vedo, quindi, la volontà come la sorgente delle passioni, non meno della ragione che è la sorgente del pensiero speculativo.
***
Silvio

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