lunedì 12 novembre 2007

Siamo sempre tutti Caini?

L’ennesimo episodio tragico, in questo inizio di novembre: la morte di una donna per mano di un romeno. Lo svolgersi degli eventi segue, purtroppo, un copione già noto, anche se con sfumature diverse a seconda dei casi. E purtroppo, a nostro personalissimo giudizio, si ripete ancora una volta il tristissimo rito di un’omelia funebre quasi a senso unico. Un cappellano militare, dopo una rituale e per altro molto blanda invocazione di giustizia, che si auspica retoricamente severa, inflessibile e via discorrendo, passa a un’ammonizione altrettanto rituale – per quello che si è potuto constatare in casi analoghi negli ultimi tempi – sul rischio di una “gravissima” intolleranza xenofoba, invocando a sproposito rischi di dittature non meglio precisate; come se reazioni sporadiche come quella contro tre malcapitati cittadini “comunitari” romeni, giustamente stigmatizzate da quasi tutti, possano essere ritenute più gravi di una bomba esplosiva come quella dell’immigrazione incontrollata.

Nelle parole dell’uomo di Chiesa avvertiamo forte quel senso di rovesciamento di ogni canone di vera giustizia, che impone come primo e unico dovere il riaffermare la giustizia di Dio contro il male commesso dagli uomini, il conforto spirituale e morale verso la vittima e la condanna senza se e senza ma dell’assassino; mettendo decisamente da parte analisi basate su un sociologismo retrogrado e stantio tipo “è colpa della povertà, della società, ecc.”, come ci sembra abbia lasciato intendere questo sacerdote. Di fronte a qualcuno che ha visto irrompere la tragedia nella propria vita, dire che in fondo siamo tutti Caini, e tutto dipende dal caso e dalle circostanze esterne (educazione, cultura ecc.) non crediamo sia quello che chiunque, tanto meno se credente in Cristo, vorrebbe sentirsi dire. Che il peccato alligni in tutti noi è fuori discussione, ma in certi contesti è bene evidenziarlo nella maniera giusta, mostrando una vera misericordia nei confronti della vittima sofferente, oggi quasi sempre dimenticata per un distorto senso di cristiana pietà. Bisogna dirle decisamente che, per una volta, è lei dalla parte del giusto e della Verità. E’ lei che ha subito il male e ha diritto a una riparazione, non solo terrena. L'usuale citazione della "legge suprema dell’Amore", ritualmente invocata accanto alla sottolineatura della colpa di non aver saputo mantenere l’unità dei cristiani (che cosa c’entri questo, lo sa solo il cappellano…), non è purtroppo accompagnata da un saldo riferimento al principio della giustizia retributiva, che non è uno dei minori attributi divini secondo la visione cattolica.

Qualche stralcio dell'omelia in questione:

'Sento parlare di intolleranza, ma noi vogliamo giustizia, severa, austera, ma non intolleranza'. sono le parole del cappellano della Marina Militare, nella sua omelia durante il funerale di Giovanna Reggiani. L'intolleranza, ha proseguito il cappellano, 'e' foriera di tensioni pericolose, su questo terreno cresce la malaerba, la dittatura'.

Nella notte, ha proseguito, 'si alza la mano di Caino, noi lo cerchiamo fuori, ma Caino e' in noi: io mi sento Caino quando torno a casa e trovo un letto caldo che mi accoglie, libri, musica. Io ho avuto istruzione, cultura, una famiglia, ma cosa mi sarebbe successo se non avessi avuto tutto ciò'. “In ogni uomo, ha aggiunto, 'c'e' il senso del bene del male e Caino ha sbagliato e ci vuole giustizia. Ma anche Caino che ha alzato la mano su Giovanna e' morto'. Il cappellano militare sottolinea che "i cristiani si riconoscono anzitutto nell'amore verso il prossimo". In tal senso, confessa, "siamo tutti colpevoli, nessuna confessione cristiana esclusa, per non aver neanche saputo tenere l'unità del cristianesimo». Quanto ai provvedimenti legislativi chiesti o promessi di volta in volta, "si accumulano leggi su leggi: credo che il nostro Codice sia infinito ... Ma tutte queste leggi non servono -ammonisce- se dentro di noi non abbiamo la legge suprema dell'amore".

I passi dell'omelia sono tratti da: qui
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Paolo

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