mercoledì 21 novembre 2007

Siamo macchine, o persone destinate alla Resurrezione?

Nonostante la sterminata mole cartacea e le innumerevoli discussioni sull’argomento, ritengo che la questione dei trapianti di organi e la concezione del corpo nella cultura odierna post-cristiana difficilmente possano essere affrontate con cognizione di causa, anche in certi ambienti che si professano cattolici.
Questo è dovuto soprattutto allo smarrimento dell'originario valore attribuito al corpo e al suo destino nella visione cristiana tradizionale. Da un lato, la cultura laicista, priva di un orizzonte trascendente, raramente riesce ad andare oltre una visione puramente funzionale e utilitaristica. E questo è comprensibile. Ma questa concezione, seppur in maniera sotterranea e a volte non del tutto cosciente, sembra essersi insinuata anche nel mondo cattolico.

L'idea di un destino trascendente ed eterno del nostro povero corpo mortale, legata alla fede nella Resurrezione della carne, appare oggi molto scolorita anche fra tanti cristiani. L'insistere pervicacemente sulla bontà del trapianto e la "bellezza" del gesto di donazione da parte di gruppi e associazioni cattoliche sembra allinearsi con la corrente mentalità laicista, mettendo in ombra il fatto che, dopotutto, un corpo umano non è solo una misera spoglia senza valore, trattabile come qualsiasi altro elemento naturale.
In realtà, dietro a un gesto di apparente bontà come il donare parti del proprio corpo, si nasconde un inconscio rifiuto (nel caso di questi cattolici) dell’idea dell’importanza del corpo come elemento destinato alla risurrezione finale, dunque pregno di significato anche fortemente simbolico e, in definitiva, non manipolabile a piacimento: principio, questo, che ha per secoli permeato la cultura cristiana e, di conseguenza, quella occidentale.

Forse, l'odierno “trapiantismo” esasperato di molti ambienti cattolici - che, certamente, è spesso accompagnato da buone intenzioni - sembra in realtà un ulteriore segnale della caduta della fede nell’Occidente secolarizzato. Il corpo non è più considerato come un elemento sacro perché “divinizzato” per merito dell’ incarnazione di Gesù e, quindi, già ora contenente un germe di eternità destinato a germogliare in futuro e preparato per essere investito dal soffio dello Spirito Santo al momento della Resurrezione.
Esso non è più un personalissimo santuario da custodire con gelosia (S. Paolo) ma, per l'influenza della mentalità contemporanea ancora carica di utilitarismo e di meccanicismo scientista, è diventato una macchina, fatta di pezzi intercambiabili. Non è più un insieme di carne, anima e spirito, elementi che, a partire grosso modo dalla filosofia di Cartesio, nella cultura occidentale sono stati dissociati l'uno dall'altro. E’ solo un qualcosa di materiale i cui pezzi, come nelle automobili, possono essere spostati o sostituiti a piacimento. In più, ovviamente, si innesta su questa concezione la vergognosa azione di medici che cercano continue sperimentazioni (scientismo) e il traffico degli organi, che spinge talvolta all'espianto anche prima della morte certificata.

Certo, a questa visione di derivazione positivista, ancora molto viva in certi ambienti scientifici e medici, si va sostituendo oggi un “revival” del vecchio pensiero gnostico e spiritualista: ma anche in quest'ultimo il corpo appare assai svalutato, forse anche di più rispetto al vecchio materialismo scientista. E comunque, sembra che anche questo filone neo-spiritualista stia attecchendo fortemente in certo mondo cattolico.

Si obietta spesso, da parte di credenti: ma si cerca di salvare vite umane, laddove organi della persona morta non possono più servire. Ecco, è proprio la parola "servire" che ci riporta alla mentalità materialistica fondata sull’utilitarismo, la quale non vede oltre l’orizzonte terrestre; tutto diventa lecito pur di continuare a vivere, dato che la vita terrena, puramente biologica è il solo bene supremo, non essendoci altre vite dopo di essa.
Così i valori profondi, anche simbolici, della fede nella Risurrezione della carne sono oscurati, e la dignità del corpo dell’essere umano deceduto viene calpestata. Il diritto a voler conservare il corpo integro in attesa della Resurrezione, su cui si basa l’idea della sepoltura cristiana nella cassa che custodisce le spoglie per l’atteso giorno, viene spesso conculcato, con mirate campagne di "sensibilizzazione" che spingono a entrare in questa prospettiva "usa e getta". E' una visione che in qualche modo ci riporta anche, tanto per dire, all'odierna banalizzazione e mercificazione della sessualità.

Ovviamente, in linea teorica non c’è nulla di anticristiano nel voler salvare vite tramite donazione di organi.
Anche il recente Catechismo (CCC, 2296) ribadisce in linea di principio la bontà di un atto del genere. Ma forse è necessario essere più consapevoli che comunque, dietro a tutto questo, c'è il rischio di scivolare in una concezione in fondo non più cristiana delle cose. Il morto è morto, non serve più, non è più “utile": perché affannarsi a pensare a una improbabile dimensione eterna in cui tutto il corpo assume valore, quando lo si può sfruttare "hic et nunc"?

Dunque, dietro all’attuale grancassa della società buonista, che preme per creare la mentalità della “donazione”, c’è spesso in realtà un principio materialistico, una visione anticristiana e secolarizzata che si esprime, ad esempio, nella crescente diffusione della cremazione, anche questa ritenuta accettabile da parte di diversi cattolici.
Tuttavia, chi non vede la differenza - religiosamente parlando – della cremazione rispetto all’inumazione, ha perso completamente il senso della speranza cristiana, e il valore simbolico estremamente pregnante del corpo. La Chiesa cattolica l’ha resa lecita oggi, andando oltre una una tradizione secolare. Certo, in questo caso c’è la clausola dell’ammissibilità della cremazione a patto che non si neghi per principio l’idea della Risurrezione, il che sembra il classico modo di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Forse, anche questa concessione è uno dei segni - ormai tanti, forse troppi - di un parziale cedimento della prassi della Chiesa - non della dottrina - alla mentalità del mondo.
Di fatto, oggi, molte decisioni sembrano demandate alla coscienza del singolo, che può sicuramente imbrogliare le carte o, almeno, avere idee molto confuse sulla questione. Dire infatti che la cosa è accettabile, a patto che sia rimasta nella persona l’idea della Risurrezione (come poi verificarlo in concreto?), sembra un voler demandare troppo alla coscienza del singolo, oggi purtroppo abbondantemente deformata su certi temi.

Così, sembra che si rinunci implicitamente alla propria funzione di guida pastorale e di esempio, che prevederebbe una linea chiara e ben definita su questa e molte altre questioni. Di fatto, ci si apre al rischio dell’indifferenza e della perdita del senso della Tradizione, confondendo la massa dei fedeli poco attenti alle sottigliezze, e in cerca di risposte certe su temi che toccano i destini eterni.
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Paolo

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