martedì 27 novembre 2007

La rivista l’Ape

Nei primi anni dell’800, il marchese Cesare d’Azeglio (1763-1830) è al centro di una multiforme attività culturale, come fondatore e redattore del periodico L’Ape, considerato il primo esempio di giornalismo cattolico nell’Italia dell’800’: la rivista aveva per sottotitolo Scelta d’opuscoli letterari e morali estratti per lo più da fogli periodici ultramontani.
Si trattò quindi di una rivista che, almeno all’inizio, nei primi tre fascicoli, non pubblicò articoli originali bensì una scelta di articoli tratti da periodici stranieri, soprattutto francesi ma anche inglesi e tedeschi: a partire dal quarto numero cominciarono invece a comparire articoli originali di collaboratori italiani di chiara fama, come Diodata Saluzzo, Francesco Galeani Napione, Giovanni Marchetti, Luigi Clasio (Fiacchi) e Luigi Lanzi.
Essa vide la luce il 30 Agosto 1803 e uscì, con cadenza mensile, fino al 31 Luglio 1806.
All’inizio – come s’è detto – si pubblicavano articoli ripresi dai più importanti quotidiani dell’epoca, quali il Mercurio (ossia il Mercure de France ), il Journal des Débats, gli Annales litteraires et morales, peraltro già abbastanza noti in Italia: erano inoltre presenti recensioni e giudizi su libri italiani e stranieri. La responsabilità maggiore della pubblicazione del giornale ricadde sull’Azeglio, che celava la propria identità sotto lo pseudonimo di Ottavio Ponzoni o, più semplicemente, sotto la sigla O.P.: numerosissimi furono gli scritti - riportati in traduzione italiana- dei maggiori autori cattolici controrivoluzionari, dall’abate Barruel al La Harpe, dallo Chateubriand al de Bonald. Nata in un momento difficile della storia d’Italia, l’Ape rappresentò una voce stonata, se si vuole, rispetto alla temperie culturale del momento ma coraggiosa nella sua piena fedeltà all’ortodossia cattolica: pur con il timore di una reazione francese, essa costituì un primo e importante strumento di informazione e di scambio di idee, esaminando e passando al vaglio le principali novità storiche e filosofiche e indicando al cattolico "romano" una possibile forma di reazione culturale. Quando si muove l’obiezione che fosse una rivista d’élite, adatta ad un pubblico scelto e preparato, si dice certamente il vero, ma non bisogna dimenticare che, diffusa in uno stato come il Granducato di Toscana, in cui era stato presente a livello istituzionale il giansenismo, si propose senz’altro la circolazione di idee e di principi ad esso contrari, anticipando e mostrando anche la strada ad una possibile stampa "popolare", come nel caso degli almanacchi.
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Gianni

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