domenica 27 febbraio 2011

Principii e situazioni storiche

La dichiarazione sulla libertà religiosa”Dignitate humanae” del (1968)del C.V.II  sin da subito è stata interpretata con una evidente “ermeneutica della discontinuità”applaudita  da parte progressista, rifiutata dagli anticonciliaristi. Nonostante una apparente discontinuità con il Magistero precedente come ha rilevato lo stesso Benedetto XVI, occorre leggere il testo conciliare nel senso dell’ ”ermeneutica dell continuità”come ha ricordato lo stesso Pontefice nello storico discorso del 22 dicembre 2005 alla Curia Romana. Quando si trovano affermazioni apparentemente opposte in diverse encicliche di altrettanti Papi i sostenitori dell’ “ermeneutica della discontinuità” invocano la infallibilità del Magistero ordinario; ”state tranquilli si tratta di affermazioni non infallibili”(seminando dubbio) e lasciano alla coscienza personale il compito di giudicare il Magistero. Il Magistero  però nutre e forma la coscienza  non viene da lei giudicato. Per leggere in continuità  l’enciclica “Dignitatis humanae” con il Magistero dobbiamo distinguere i principii dalla forme storiche concrete. I principii esprimono l’aspetto duraturo, mentre le forme concrete che dipendono dalla situazione storica possono essere sottoposte a mutamenti. Nelle Encicliche precedenti  la “Dignitate humanae”, si condannava l’ideologia della libertà religiosa intesa in senso positivo, come diritto all’errore con conseguente canonizzazione del relativismo. Nella “Dignitatis humanae” la libertà religiosa è da intendersi in senso negativo, cioè come immunità dall’ingerenza dello Stato laico moderno. Quest’ultimo non è la sola forma di governo che la storia ha conosciuto e con cui la Chiesa si è dovuta confrontare, ecco che questa rapresenta una forma concreta nuova nel Magistero della Chiesa a fronte di circostanze storiche mutate. Nella D.h. vi è anche una terminologia differente rispetto al magistero precedente . Mentre prima si parla di tolleranza religiosa il C.V.II  parla di libertà religiosa. La scelta tra i due termini non fu facile, fu adottata la formula “libertà religiosa” perché ormai  la dottrina giuridica non usava più da anni la formula “tolleranza religiosa” e in secondo luogo i padri conciliari volevano affermare con forza di fronte alle pretese dello Stato laico moderno che il diritto all’immunità da coercizione  in materia di religione si basa sulla natura della persona umana e non si basa su di una semplice tolleranza che lo Stato laico moderno concede o rifiuta. La D.H. ammette che vi è una Verità , una religione vera , desidera  difendre l’uomo che ha diritto a ricevere  questa verità dalla discrezione dello Stao laico moderno che per sua natura è relativista e mette  le religioni sullo stesso piano. I progressisti plaudono alla D.h. manipolando l’interpretazione nel segno della rottura, perché non osano dire che vi è una “vera religione”, secondo loro la Verità non è oggettiva è una relazione trea soggetto ed oggetto pertanto non è -ne oggettiva -né soggettiva (seminando dubbio) cadendo nell’errore dell’idealismo sostenendo così che i diritti non li ha la Verità ma la persona che deve essere rispettata nelle sue convinzioni, elevando di fatto il relativismo a livello metafisico, quando proprio il diritto fondamentale dell’uomo è quello di ricevere la Verità. Tuttavia secondo il Magistero contemporaneo da Papa  Leone XIII al C.V.II.non sono mutati i principii ma le situazioni storiche cui i principi si applicano. L’ideologia della libertà religiosa intesa in senso positivo come diritto all’errore e conseguente canonizzazione del relativismo  condannata dal beato Pio IX, e da Papa Leone XIII resta altrettanto condannata dal C.V.II e da BenedettoXVI. Lo stesso catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 che è anche il catechismo del C.V.II. e strumento di interpretazione dei testi conciliari afferma al n.2108 che:” il diritto alla libertà religiosa non è licenza di aderire all’ errore né un implicito diritto all’errore bensì un diritto naturale della persona umana alla libertà civile,cioè all’immunità da coercizione esteriore entro i giusti limiti in materia religiosa da parte del potere politico.
Tratto da Cristianità- 358
***
roberto

3 commenti:

Riccardo ha detto...

Davvero un ottimo articolo. Spero non vi dispiaccia se ne farò uso quando ne avrò bisogno mentre discuto con qualcuno.

roberto ha detto...

Ciao Riccardo
nessun problema lo facciamo proprio per questo

Michele ha detto...

La libertà religiosa come difesa dagli stati laici è solo l'affermazione della propria volontà soggettiva, nei limiti "geografici" della convivenza umana. Limiti che non possono essere fissati dai privati cittadini (altrimenti si correrebbe il rischio che uno si imponga sull'altro), ma sono stabiliti dal "dio mortale" chiamato Stato. Va notato, comunque, che gli stessi stati laici cadono in un'aporia affermando l'autodeterminazione della volontà come valore supremo, per poi vedersi costretti a limitarla in caso di "conflitto" (facendola decadere dalla sua posizione "suprema"). Inoltre la stessa libertà religiosa, laicamente intesa, non viene praticata dallo stato laico. Perché vietare, ad es., i sacrifici umani (se la vittima è consenziente) oppure quelli animali, se la religione che professo li prevede?