venerdì 25 marzo 2011

FAMIGLIE AL CINEMA



THE FIGHTER
di David O. Russell, Usa, 2011
Con Mark Wahlberg, Christian Bale (Premio Oscar miglior attore non protagonista),
Melissa Leo (Premio Oscar miglior attrice non protagonista)


Il pugilato è probabilmente lo sport più e meglio rappresentato al cinema, capace di ispirare capolavori come Toro scatenato (1980) e Million dollar baby (2004), ma anche tutta una produzione popolare ricca di storie ora epiche ora malinconiche, spesso affascinanti per le realistiche ricostruzioni d'ambiente e il racconto della vita spericolata dei protagonisti (da Lassù qualcuno mi ama, 1956, a Cinderella man, 2005). The fighter s'inserisce in modo più che dignitoso in questa tradizione consolidata. Il film è tratto dalle vicende biografiche di due fratellastri di origine irlandese, Dicky Eklund e Micky Ward. Entrambi pugili celebri dei nostri tempi: il primo però, il più anziano, dopo un avvio promettente, si è rovinato la carriera a causa della dipendenza dal crack, mentre il secondo, allenato dal fratello, ha conquistato il titolo mondiale dei Welter nel 2000.  Girato con uno stile asciutto ed elementare, crudo nel linguaggio e nella descrizione d'ambienti degradati, quasi televisivo nelle riprese dei combattimenti, senza  ricercatezze o enfasi, il film narra anzitutto la storia di una famiglia (oltre ai due maschi ci sono sette sorelle) e degli scontri, anche fisici, necessari per ritrovare relazioni umane più autentiche. In questo senso, come dice il titolo, qui tutti combattono: la madre per strappare il figlio maggiore alla droga e portare quello giovane al successo; Dicky per liberarsi dai rimpianti (oltre che dalla dipendenza) e finalmente riabbracciare il suo bambino senza vergognarsi di sé stesso; il fratello minore per scrollarsi di dosso il giogo di una mamma manager e di un fratello che decidono tutto al posto suo e non capiscono come valorizzarlo sul ring poiché accecati da attese presuntuose ed egoiste. Infine Charlene, la fidanzata di Micky, lotta per preservarlo dall'influenza nefasta dei parenti. Le scene più commoventi sono proprie quelle in cui lui rivendica maggiore autonomia e rifiuta di farsi condizionare dai ricatti psicologici e morali di madre e fratello. Forte dell'amore di Charlene, si allontana da tutti, cerca un nuovo allenatore, poi un altro manager, e comincia a boxare con più serenità e fiducia. Contemporaneamente ci viene mostrato anche il parallelo percorso di rinascita di Dicky, finito nuovamente in carcere dove però matura la convinzione di dover abbandonare la droga se vuole davvero aiutare il fratello. Il dramma si ricompone grazie all'intensa coesione familiare, fonte per tutti di rinnovamento e speranza dopo i chiarimenti: è Micky infatti a dettare le condizioni. Oggi i due fratelli sono una leggenda vivente a Lowell, una cittadina dei sobborghi di Boston nel Massachusetts, dove Ward guida camion per le industrie cinematografiche, gestisce una palestra e, intervistato, si dice soddisfatto del film e dell'adeguata interpretazione di Mark Whalberg, attore
cresciuto in una famiglia disastrata e povera, tifoso appassionato del pugile, tutto intento a immedesimarsi con naturalezza nel suo mito adolescenziale. Peccato che lo sceneggiatore non abbia tenuto conto anche di un altro importante combattimento del nostro eroe, quello spirituale. Nei primi anni '90, in un momento di profonda crisi personale, Micky fu incarcerato per aver difeso con aggressività il fratello arrestato dalla polizia. In prigione riceve quella che definisce un'illuminazione: “Mi sono guardato dentro e ho riscoperto la fede. Ho poi promesso a Dio che avrei rigato dritto se mi avesse aiutato”. Da quel momento ha iniziato a vincere.
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 Luca

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