giovedì 4 giugno 2009

“Fare mondi”

È il tema dell’Esposizione Internazionale d’Arte (Biennale di Venezia), 53ª edizione.

Come? Per mezzo di «finti cadaveri in piscina e specchi rotti, bizzarrie oscene e capricci stravaganti», ovviamente.

In questa sede, più volte s’era menzionato il lento e penoso naufragio dell’arte, che da umile interprete della realtà è divenuta provocazione e capriccio infantile. L’arte contemporanea, infatti, non offre più dipinti o sculture. Oggi offre “installazioni”. Fredde, spocchiose, ridicole, banali, mediocri, conformistiche installazioni.

Fin qui l’ovvio, perché il mondo fa vomitare per contratto.

Ma questo è un sito religioso e devo notare, come ormai di consuetudine, che l’arte sacra è sempre più spesso alleata con il mondo e i suoi prodotti. Lungi dall’emendarsi, il cristiano modernista sostiene la tesi della necessità di parlare il linguaggio del mondo, foss’anche schizofrenico. Pena, secondo la capacità del suo cervellino, il fallimento dell’apostolato.

L’apostolato è fallito da un pezzo, ma lui non s’emenda. Ai posti di comando, continua a dispensare astrattezza, fatta d’aria come la sua fede.

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silvio

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