mercoledì 6 gennaio 2010

Phainestai

La manifestazione, per i greci, è un concetto tradizionalmente contrapposto a quello di sostanza. L’apparire è uno spettro, un fantasma (phantasma), un fenomeno (phainomenon) della natura (physis): tutto quello che si vede, per mezzo di una luce naturale (phos).
Concetto contrapposto, dicevo, ma non separato, perché tutto quello che si palesa - che si svela - procede dalla realtà, o meglio dalla realtà sostanziale delle cose, del mondo e di Dio.
Dio si disvela al mondo, si rivela anche per mezzo dei sensi umani - teophania, epiphania.
E la sostanza? Non viviamo forse per la sostanza? Che ce ne facciamo dell’apparenza?
Infatti, dell’apparenza non ce ne facciamo nulla. Dio non si limita ad apparire: a differenza dei fenomeni fisici, l’apparire di Dio è sacramento.
In teologia si dice che, a differenza di ogni altro simbolo (o manifestazione), il sacramento «realizza ciò che significa».
Il sole, in quanto pianeta del mondo fisico, può significare la resurrezione. Ma non realizza alcuna resurrezione, se non come speranza.
Viceversa, il sacramento della Confessione o quello dell’Eucaristia non si limitano a significare la resurrezione e la salvezza, ma la realizzano nel momento stesso nel quale si manifestano.
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silvio

3 commenti:

paolo ha detto...

Mi chiedevo, leggendo qualcosa sui presocratici: chissà perché nessuno di loro ha individuato nella luce l'origine delle cose spirituali. Acqua, fuoco o numero (intesi in senso metafisico)sì, ma la luce mi pare di no.

lonewolfe ha detto...

L’apparire è uno spettro, un fantasma (phantasma), un fenomeno (phainomenon) della natura (physis)

Se poi però spostiamo questo concetto nella dimensione del sacro, nel Regno di Dio, in quell'oceano di Realtà che Lui è. allora anche il 'fenomeno' acquista corpo. Per cui il manifestarsi di Dio non è più un 'apparire' nell'accezione piatta cui siamo abituati. Ma è autentica partecipazione di Sé. Così è per la Sua Parola, che quando raggiunge l'uomo, lo compie.Per es. nei sacramenti, come dicevi. La Parola che si fa carne è anch'essa, potremmo dire, e per eccellenza una epifania di Dio, che così, in pienezza ricapitola tutte le cose in Sé.
Che bello questo argomento!

P.S.- buon anno a tutti.

silvio ha detto...

@ Paolo: già, pare anche a me. Non so rispondere. Cercherò qualcosa sui libri. Ciao.

@ Jonathan: certamente, si può dire anche così. L’incarnazione, appunto, potrebbe vedersi come l’unione tra apparenza e sostanza. Buon anno.