lunedì 29 novembre 2010

FAMIGLIE AL CINEMA

Ecco un bel film che dà il tono giusto per iniziare bene l'Avvento.

              

               Stanno tutti bene

di Kirk Jones, Usa, 2010
con Robert De Niro, Drew Barrymore, Kate Beckinsale, Sam Rockwell
Uscito in Italia il 12 novembre 2010
“Oggi più che mai la famiglia è una realtà naturale, se con questo termine non si intende una cosa fissa, scritta sulla pietra, ma il senso profondo di una relazione fra i sessi e fra le generazioni che costituisce il momento in cui la natura si fa cultura. Il punto è che il diritto naturale deve essere sviluppato su basi culturali appropriate, che oggi mancano perché si preferisce pensare che la famiglia sia solo una costruzione artificiale, che ciascuno può scegliere e fare a piacimento. È un grande inganno”. L'opposizione natura/artificio, evidenziata dalle parole del sociologo Pierpaolo Donati, caratterizza significativamente questa sceneggiatura. Da una parte c'è la naturalezza del padre Frank che spera di rivedere i figli almeno nell'occasione del pranzo natalizio; dall'altra le famiglie, incapaci d'accogliere l'invito perché avvolte in un alone artificioso di piccole e grandi menzogne, costruite per tranquillizzare il papà lontano. L'uomo, vedovo da pochi mesi, decide di mettersi in viaggio, nonostante il cuore debole, perché ha intuito che c'è una verità da scoprire. Attraverso i dialoghi con i figli, sorpresi dal suo arrivo e tutti intenti a celargli la loro condizione di infelicità (divorzio, carriera mancata, gravidanza segreta, omosessualità), emerge la naturale esperienza di famiglia vissuta dal padre. Innanzitutto il desiderio di unità, di legami inossidabili, efficacemente simbolizzati dall'immagine reiterata dei cavi telefonici, installati quando lavorava come operaio specializzato (“Ho tirato 1000 km di cavo alla settimana per far arrivare i miei bambini dove sono ora!”). Poi i ruoli genitoriali ben definiti: lui silente e laborioso, fuori casa dal mattino alla sera, mentre lei tesseva relazioni, ascoltava confidenze e cercava di non preoccupare il marito, a volte tacendo più del dovuto. Infine, nonostante le ristrettezze economiche, la prole è numerosa e cresce sana in una villetta con giardino, ai margini della metropoli. I luoghi invece abitati dai figli abbondano di dettagli artefatti: il finto focolare di Amy, le bugie di Robert, la monumentale Las Vegas di Rosie,  l'assenza misteriosa di David. Quattro figli, un solo matrimonio, due nipoti in tutto. L'opera giustappone icasticamente un modello tradizionale di famiglia a un altro postmoderno, senza moraleggiare né rimpiangere il passato. In ogni caso è il padre a muoversi verso figli immobilizzati dall'ipocrisia, spinto dalla memoria della moglie con cui dialoga dinanzi alla tomba. Frank è interpretato da un malinconico De Niro, mai così misurato nei gesti e nelle espressioni. L'intero cast gode della luce riflessa del grande attore e l'accusa di eccessivo sentimentalismo proviene da chi paragona questo film, che è un remake, con quello realizzato nel 1989 da Giuseppe Tornatore. Si rimpiange soprattutto l'interpretazione crepuscolare di Mastroianni e il presunto lucido pessimismo del regista siciliano. Infatti la pellicola statunitense ha osato mutare, felicemente, la conclusione, mostrando l'amore paterno che ricuce ferite, dona speranza e si rivolge intimamente alla moglie, quasi in preghiera. Nell'originale invece un Mastroianni truccato con baffi posticci e francamente ridicoli ritorna mesto a casa, sconfitto e abbandonato a un destino di solitudine. Dal confronto emerge perfettamente ciò che continua a mancare a tanto cinema italiano che si dibatte fra comicità scurrile e vittimismo d'autore: l'aleggiare misterioso, commovente e pacificatore dello spirito del Natale.
*** 

Luca

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