Alla luce delle tre catechesi che Benedetto XVI ha dedicato il 2, 16 e 23 giugno 2010, sulla figura ed il pensiero di San Tommaso d’Aquino, vorrei rispondere al prof Elio Rindone che nel duemila pose interrogativi anche pertinenti all'enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II. In rosso le risposte tratte dalle catechesi. Ne risulta un dibattito interessante anche a distanza di tempo.
Il Giardino dei Pensieri - Studi di storia della Filosofia
Dicembre 2000
Elio Rindone
Fides et ratio: un'enciclica da dimenticare?
Il problema dei rapporti tra ragione e fede è stato recentemente riportato alla ribalta da un fortunato numero della rivista Micromega. In esso il cardinale Ratzinger riconosce che "al termine del secondo millennio, il cristianesimo si trova, proprio nel luogo della sua originaria diffusione, in Europa, in una crisi profonda"(J. Ratzinger, La verità cattolica, in Micromega 2/2000, p. 41). Consapevole di ciò, il prefetto della Congregazione della fede non ritiene urgente rivedere criticamente l’autocomprensione tradizionale del cattolicesimo. Ancor meno ritiene opportuno aprire un franco dibattito all’interno della comunità ecclesiale, come è avvenuto col concilio Vaticano II, di cui, anzi, dà un giudizio sostanzialmente negativo, in quanto avrebbe "comportato un enorme turbamento nella Chiesa cattolica come pure in tutta la cristianità" (ivi, pp. 63-64). [leggi tutto]
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roberto
8 commenti:
Elio Rindone (filosofo da dimenticare) fa qua tante scoperte dell’acqua calda…
Scopre, ad esempio, che la Chiesa non ritiene valide tutte le ragioni, ma solo quelle “umili”, ovviamente. Che acume!
Scopre che la “retta ragione” non può che essere quella in sintonia con la fede. E doveva leggere la Fides et ratio per capire questa posizione antica di venti secoli?
Scopre che, per la Chiesa, la filosofia moderna è affetta da errori. Che scoperta sensazionale!
Per contrastare la fede, poi, si attacca alle note ambiguità del Vaticano II: questo la dice lunga sui guai del modernismo cattolico.
Rindone non ha capito che le encicliche non dicono niente di nuovo, ma ripropongono il Magistero di sempre. Qualcuno glielo spighi.
Risibile poi la frase “da Aristotele a Tommaso i filosofi hanno ritenuto di poter ricavare dallo studio dell’essere l’inferiorità della donna”: mai è stata detta una scemenza simile da Aristotele a Tommaso. Tantomeno nello studio della metafisica. È vero invece che la Chiesa, venerando Maria Santissima come la creatura maggiore, abbia sempre ritenuto la donna degna almeno quanto l’uomo.
È stato invece il cosiddetto libero pensiero pagano e moderno – tanto caro a Rindone – a produrre maschilismo e schiavitù.
Aristotele ha apportato alla tradizione culturale dell’occidente un progresso enorme, per avere chiarito che la giustizia, tra le virtù, è l’unica che si riferisce al bene degli altri.
Aristotele, però mancando della nozione di creazione e aderendo all’idea del movimento eterno non riconosce che il suum, più specificamente proprio di ciascuno, è il suo stesso atto di essere, gli è impossibile trovare un fondamento metafisico per dare a ciascuno «il suo».
Questa insufficiente idea di giustizia, portò Aristotele a sostenere la «legittimità» della schiavitù e la inferiorità della donna,mentre avrebbe potuto riconoscere l’uguaglianza essenziale di tutti gli uomini tra loro, e che ciò che a ciascuno è dovuto è il suo proprio atto di essere,” messo in luce proprio dalla novità dell’idea cristiana di giustizia, che in questo caso ha “purificato la ragione.
E se vi sono state delle discriminazioni,sono dovute principalmente al clima culturale che il cristianesimo ha ereditato dalle culture precedenti, soprattutto da quella greco-romana.
Eccomi qua.
Sì, il pensiero pagano appunto è per l’inferiorità della donna. Per Aristotele come per Platone, ad esempio.
Però attenzione: Aristotele sosteneva questo nelle opere politiche e biologiche. Platone, ad esempio, nella Repubblica. La filosofia greca (pagana) distingueva tre ambiti: discipline teoretiche, pratiche (morali, politiche) e poietiche (tecniche). Mentre l’ambito teoretico studia quello che avviene “necessariamente”, l’ambito pratico e poietico ha come oggetto solo il “possibile”.
La frase di Rindone è sbagliata nel senso che mette in relazione l’ambito del necessario con quello del possibile. Non che Aristotele non abbia tenuto conto del “suum”, scrivendo di politica, ma non ha “ricavato l’inferiorità della donna dallo studio dell’essere”.
Non solo, anche San Tommaso, pur condizionato da Aristotele e senza osare contraddirlo,perche Aristotele era “il Filolsofo” dice che “la femmina è un essere difettoso e manchevole” per quanto riguarda un aspetto accidentale della natura quindi solo sul piano naturale dell'essenza quindi-non aveva certo le conoscenze mediche odierne!- Sul piano della dignità della persona invece proprio perchè espressamente voluto da Dio in ordine alla generazione “la femmina non è un essere mancato, Nella questione 99 afferma che “la diversità dei sessi rientra nella perfezione della natura umana” (Somma teologica, I, 99, 2, ad 1). Indubbiamente è stata la teologia cristiana a impedire a san Tommaso di rimanere bloccato in toto dall’affermazione aristotelica.Quindi sul piano dell'esistenza non sbagiava Essenza ed Esistenza, come ben dici caro Silvio bisogna sempre distiguere gli ambiti (naturali, e morali) per non cadere in grossolane affermazioni.
Sì, come dici.
Aggiungiamo anche lo stesso San Bonaventura: vede la donna come “uomo imperfetto” (II Sent.). Dice: “sexus muliebris est infirmior quam sexus virilis per naturam”. Attenzione però: in relazione al peccato originale - aspetto etico (pratico). Anzi, più avanti Bonaventura chiarisce che le differenze di natura non sono in relazione all’”esse”, ma solo rispetto alle proprietà accidentali (sempre in II Sent.).
Per ragioni simili, il pensiero medievale in genere (Pietro Lombardo, Alberto Magno, Lanfranco, ecc…) tende a riflettere profondamente sul pensiero paolino: “uomo capo della donna”, “donna sia sottomessa all’uomo”, ecc...
Belo post e esclarecedor.
Bjsss
Obrigados Guìmel.
Bendições.
L'obbiezione sulla donna è particolarmene efficace e le risposte particolarmente deboli poichè la Chiesa non ha mai fatto un chiaro passo indietro, tanto è vero che in tutti i documenti vedi scritto che il lavoro deve e4ssere pensato per la donna che si dedica alla famiglia e l'uomo? Esistono numerosissimi pronunciamenti a favore dell'inferiorità della donna, ma nessuna secca smentita: esistono posizioni "morbide" che però non si pongono in chiaro contrasto con le altre. Da ultimo tale posizione è talmente radicata che da una differenza di genere si fa scaturire una differenza di ruoli soprattutto nell'ambito familiare, ma se i due saranno "una carne sola" e non "membra di un unico corpo" si dovrebbe applicare il concetto di totale coresponsabilità non di divisione dei ruoli
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