giovedì 7 ottobre 2010

FAMIGLIE AL CINEMA


Toy story 3 - La grande fuga
di John Lasseter, Usa, 2010




Un'ordinaria lampada da tavolo saltella tra le lettere P I X A R e i semplici movimenti umanizzati la rendono immediatamente simpatica. Nessun richiamo a un'illuministica Ragione che tutto comprende e spiega, bensì la luce intelligente della fantasia e dell'arte che sanno ancora far risplendere la bellezza nascosta della vita quotidiana. Il logo inventato dal regista John Lasseter nel lontano 1986 ha portato fortuna a questo genio dell'animazione digitale che ha dichiarato: “Importa chi sei, non come usi la tecnica, ed è questo che fa la differenza. La tecnologia è uno strumento al servizio della storia, non viceversa”. Padre di cinque figli, nato a Los Angeles 53 anni fa, Lasseter perfezionò il proprio talento naturale come disegnatore professionista negli studi Disney. A metà anni Ottanta intuì le potenzialità della computer grafica; spronato dall'entusiasmo e dagli investimenti di Steve Jobs, l'inventore della Apple, fondò la casa di produzione Pixar che, dopo i molti successi, fu acquisita nel 2006 dalla Disney, diventandone però Jobs il maggiore azionista e Lasseter l'attuale direttore creativo. Una carriera formidabile: da allievo a erede incontrastato del maestro! Il primo Toy story risale al 1995 e questo terzo capitolo ne approfondisce i temi rinnovandoli, poiché nel frattempo il bambino Andy è cresciuto. Adolescente in partenza per il college, deve decidere che cosa fare dei suoi vecchi giocattoli: gettarli via, abbandonarli in cantina o regalarli come suggerisce la mamma? Lo spettatore ormai sa che questi pupazzi si animano quando gli adulti non ci sono e ripropongono un microcosmo che è metafora delle passioni umane. Di fronte alla possibile scelta di Andy il gruppo ha un dilemma: rispettare la volontà del padrone che li ha sempre trattati con cura e amorevolezza oppure ribellarsi e fuggire da un luogo che sembra   adesso ostile ? Woody, il cowboy, si batte affinché prevalga la lealtà; gli altri preferiscono scappare. I discorsi e le azioni di questo personaggio lasciano trasparire uno spirito religioso per la sua convinzione nella bontà del padrone e nella necessità di rimanere legati a lui, in nome dell'affetto e del comune destino. Certo Lasseter ha imparato molto dai classici, però non saccheggia il patrimonio delle fiabe tradizionali adattandole al gusto moderno, predilige un percorso opposto: rivelare quanto vi è ancora del mondo tradizionale delle favole nella realtà contemporanea. Lo splendore non solo figurativo dei suoi film dipende soprattutto da un'autentica trasfigurazione simbolica grazie alla quale la vita moderna è il punto di partenza per andare alla ricerca di quei significati perenni, universali, che persistono a un livello meno superficiale di esistenza. Sappiamo bene che le favole tramandano la saggezza dei popoli: leggi di natura da rispettare, una religione da onorare e un senso comune che diviene guida per una vita virtuosa e felice. Con questo non si pensi  a un banale sentimentalismo: la scelta drammatica di Woody, il dono finale dei giochi da parte di Andy finalmente meno bambino e più uomo, la lotta contro il mellifluo Orso Lotso, traditore demoniaco che rifiuta la possibile redenzione, sono tutte tracce che svelano la presenza di qualcosa di più della pur ottima sapienza naturale. Una Provvidenza misteriosa ricostruisce legami e affetti familiari in forme impensabili all'inizio della storia, possibili invece alla fine finché ci saranno uomini, e non solo giocattoli, capaci di gratuità e fedeltà.
***
Luca

1 commento:

roberto ha detto...

“Importa chi sei, non come usi la tecnica, ed è questo che fa la differenza. La tecnologia è uno strumento al servizio della storia, non viceversa”.
Parafrasando si può rispondere a Edwards "la tecnica è al servizio delluomo e non l'uomo al servizio della tecnica"