martedì 19 ottobre 2010

FAMIGLIE AL CINEMA


L'ATTIMO FUGGENTE
(DEAD POETS SOCIETY)
regia di Peter Weir, Usa, 1989
Attori principali: Robin Williams (prof. Keating); Ethan Hawke (Neil)


“Diceva di condividere la stessa passione per l'insegnamento che aveva il protagonista del film. Diceva che quel film gli aveva mostrato cosa era venuto a fare su questa Terra. (Alessandro D'Avenia, Bianca come il latte, rossa come il sangue, 2010). Così si esprime il professore di uno dei romanzi più letti la scorsa estate, soprattutto dagli adolescenti. Sarebbe ormai tempo di guardare e riproporre questo famoso film senza quei paraocchi ideologici e sentimentali per cui il protagonista, il prof. John Keating, ora prefigura romanticamente la rivoluzione sessantottina in nome della libera espressione di sé contro la repressiva istituzione scolastica; ora diviene l'alfiere di una professione intesa innanzitutto come improvvisazione e arte, in cui l'esuberanza della personalità è indirettamente responsabile del suicidio di uno dei suoi allievi. Vermont, 1959, il prestigioso collegio Welton Academy  ricorda come sempre, a inizio d'anno scolastico, i cardini del metodo educativo proposto: Onore, Disciplina, Tradizione, Eccellenza. Gli studenti si preparano con spirito goliardico ma rassegnato alle solite noiose lezioni che però assicureranno loro una carriera certa ai più alti livelli dello Stato. Un nuovo professore di Lettere rimescola invece le carte e i cuori, osando, addirittura, insegnare a ragionare. “Ma come! A 17 anni un ragazzo non sa pensare, li prepari per l'università” esclama il preside rimproverando i metodi bizzarri del docente. Le azioni didatticamente creative del prof., più nei modi che nei contenuti, sono comunque  tanto efficaci da appassionare i giovani alla poesia. Nella seconda parte del racconto, la tragedia: Neil scopre la passione per il teatro e decide di recitare nonostante la contrarietà del padre molto severo ma anche preoccupato che il figlio venga distratto dai suoi impegni scolastici principali. Emersa la menzogna e dopo un rimprovero duro e ottuso del genitore, il ragazzo si suicida. Da questa scena nascono le interpretazioni ora innocentiste (la colpa è della famiglia autoritaria), ora demonizzanti (l'insegnante non ha saputo valutare le conseguenze delle sue parole, è un sognatore romantico e irresponsabile). Chissà perché invece non si cita mai la sequenza fondamentale: prima della recita Neil si confida con il prof. Keating che gli consiglia di parlare con il padre, di spiegargli ciò che sente per il teatro e, in ogni caso, di ascoltarlo e obbedirgli. Mai, nel corso della storia, il professor John Keating mette in discussione i quattro pilastri educativi tradizionali dell'istituzione. Quando alla fine verrà espulso ingiustamente, non compirà alcun gesto di ribellione, solo un dignitoso silenzio e l'accettazione sofferente di un dramma di cui comunque lui si sente responsabile, perché vuole bene ai suoi allievi e quindi non può non sentirne il peso. Certo il cinema di Peter Weir è spesso pervaso da un misticismo nebuloso che esalta ambiguamente l'individuo, però ciò che affascina del protagonista è il desiderio di educare, correndo anche il rischio del fallimento, com'è sempre possibile quando si educa davvero alla libertà. Il gesto finale degli allievi in piedi sui banchi è segno che la lezione esistenziale è stata imparata. La verità, l'altro corno dell'educazione, non è presente con la stessa chiarezza, ma in tempi in cui sembra che gli insegnanti sappiano solo lamentarsi, degli allievi ancor più che della riforma, sarebbe già molto ricominciare ad amare i propri ragazzi, ogni giorno, nonostante tutto.
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Luca

1 commento:

silvio ha detto...

L'ho letto su Vita Nuova.
In fondo una specie di Dead's poets society l'abbiamo messa in piedi pure noi. Magari un po' dislocata.