Su Padre Cédric Burgun, prete della
Diocesi di Metz, avevo pubblicato l’articolo “Il
mondo permette tutto, ma non perdona niente”. Don Cédric è membro della Comunità dell’Emanuele e docente
presso la Facoltà di Diritto canonico dell’Istituto cattolico di Parigi (Icp).
Di seguito un articolo del Padre su traduzione de La Nuova Bussola Quotidiana.
Le leggi ingiuste vanno abrogate
di Cédric Burgun
Il 16 giugno papa
Francesco ha incontrato una nutrita delegazione di parlamentari francesi
facenti parte del gruppo di amicizia Francia-Santa Sede. Nel suo discorso ha
fatto riferimento al compito dei legislatori che non è solo quello di proporre
leggi, ma anche di abrogarle. In Francia il messaggio è stato immediatamente
recepito come un invito ad abrogare la legge sui matrimoni gay. Di seguito
riportiamo il commento di padre Cédric Burgun, sacerdote della dicocesi di
Metz, esperto di Diritto canonico canonista, in primo piano nella contestazione
della suddetta legge.
Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire... E comunque,
sì, papa Francesco ha sorpreso il suo mondo (il nostro, in effetti),
utilizzando, sabato scorso, una parola tabù: “Abrogare”!
Da sabato pomeriggio, c’è stata un’allerta generale :
informazioni continue sui differenti media, servizi dei telegiornali della
sera, articoli, tweet e passaparola. Gli uni discutevano per sapere ciò che il
papa avesse detto realmente, gli altri si indignavano ritenendo che sarebbe
potuto andare più lontano. Altri ancora fingevano di non capire.
Ora, non si può far finta di fronte ad un discorso così
chiaro. Ecco dunque la frase messa sotto accusa (cliccare qui per il
testo completo):
“Il vostro compito è certamente tecnico e giuridico, e
consiste nel proporre leggi, nell’emendarle o anche nell’abrogarle. Ma è anche
necessario infondere in esse un supplemento, uno spirito, direi un’anima, che
non rifletta solamente le modalità e le idee del momento, ma che conferisca ad
esse l’indispensabile qualità che eleva e nobilita la persona umana”.
Non si può non capire
Innanzitutto, una piccola lezione di diplomazia vaticana:
Papa Francesco si è espresso davanti ad un gruppo di una cinquantina di
parlamentari, delle due Camere, rappresentanti il gruppo di amicizia Francia –
Santa Sede dell’Assemblea e del Senato (i sostenitori di una laicità
intransigente si stupiranno dell’esistenza di simili gruppi, ma andiamo
avanti...).
Si trattava della visita di parlamentari francesi al capo di
Stato della Santa Sede. Il suo discorso era stato preparato dalla Segreteria di
Stato vaticana – la stessa che gestisce tutte le relazioni diplomatiche – ed il
Papa non se n’è allontanato di uno iota, contrariamente alla sua abitudine.
Certo, capisco che non si voglia capire: come diceva Gesù,
“che chi ha orecchie per capire, capisca”! Ma non si può dire che le parole del
Papa non fossero pesate e che non riguardassero la legge Taubira [che ha
legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso - ndt]...
In maniera più generale, non riguardavano soltanto la legge
Taubira, ma tutte le leggi! La Segreteria di Stato – come il Sovrano Pontefice
– è perfettamente al corrente della situazione politica in Francia. Papa Francesco
conosce le leggi che sono state appena votate e quelle che aspettano ancora i
francesi. La Segreteria di Stato sapeva anche che era la prima volta che il
Papa si sarebbe rivolto ufficialmente alla Francia. E quindi – come è sua
abitudine – in ogni discorso diplomatico ufficiale ogni parola è pesata,
valutata, considerata. Sì, il papa ha invitato i parlamentari ad abrogare le
leggi che sono contrarie alla Dottrina Sociale della Chiesa e alla sua
concezione dell’uomo. Che lo si voglia o no, la parola pontificale di questo
sabato 15 giugno è stata proprio così chiara! Ed è proprio questo che disturba.
Perché? Perché qui papa Francesco ha posto una domanda
politicamente scorretta: e se ne sono accorti! Troppo spesso, abbiamo una
visione rettilinea della storia di un Paese e del suo avvenire. Riteniamo che
non ci sia la possibilità di ritorno all’indietro e che le cose continueranno
ad evolversi “degradandosi”. È la visione di molti cristiani: non c’è più nulla
da fare, abbiamo perso questa “lotta”, non potremo tornare indietro, etc., etc.
Ora papa Francesco ha ricordato un’evidenza: avere sempre
l’obiettivo di abrogare le leggi profondamente contrarie alla dignità dell’uomo
e alla visione cristiana dell’umanità. In questo senso, sì, papa Francesco ha
invitato all’abrogazione delle legge Taubira, ma anche alle leggi che
permettono le ricerche sull’embrione, alle leggi sull’aborto, ed anche a tutte
le leggi che creano più povertà, più disuguaglianza, più sofferenza (pensiamo
alla fame nel mondo o alle ineguaglianze sempre più crescenti). Vi sono tutte
quelle leggi che indeboliscono la protezione sociale dei minori, che
incoraggiano delle nuove forme di schiavitù (per esempio la droga e lo
sfruttamento della prostituzione). Vi sono anche tutte quelle leggi che
riguardano il diritto alla libertà religiosa; lo sviluppo di un’economia che
non è più al servizio della persona e del bene comune.
Francesco ha invitato ad abrogare le leggi riguardanti
l’eutanasia e che spogliano l’uomo della sua responsabilità e della sua
dignità. Sì, egli ha invitato ad abrogare quelle leggi che suscitano i
conflitti e che mettono la pace in pericolo; sì, ha invitato ad abrogare le
leggi che riflettono “solamente le modalità e le idee del momento, ma che non
conferiscono ad esse l’indispensabile qualità che eleva e nobilita la persona
umana”. È chiaro. D’altronde ha appena scritto una lettera al G8 per chiedere
di non dissociare l’etica dall’economia.
Non si può non essere d’accordo. Si può ritenere che il papa
esca dal suo ruolo chiamando chiaramente in causa uno stato sulla sua
legislazione: è l’argomento che ci è spesso rivolto. Ma non si possono
contestare le affermazioni del papa: sarebbe intellettualmente disonesto,
poiché il discorso della Chiesa su questi argomenti è sempre stato chiaro e
nessuno può negarlo. La conseguenza è logica: se una legge è considerata come
illegittima e inammissibile alla luce dell’insegnamento del Magistero, allora
l’obiettivo dei cristiani – ai differenti livelli del loro impegno nella
società – è proprio quello di fare in modo che, un giorno o l’altro, questa
legge cada. Sì, ci vorrà del tempo! Ma questo è, sì, anche l’obiettivo
dell’impegno cristiano.
La nostra visione della Storia è troppo spesso pessimista.
Crediamo che le cose non possano fare altro che “degradarsi”. Ma questa non è
una visione cristiana della Storia: essa conosce sicuramente dei momenti più
difficili, ma non può mai essere considerata come un lento declino o il motivo
del nostro disimpegno. Cristo è risorto in un momento della Storia. I santi
nascono dopo di lui, ogni volta trasformando il corso di questa Storia che
sembrava ineluttabile. La nota del cardinal Ratzinger sull’impegno dei
cristiani in politica ricordava molto giustamente la memoria di Tommaso Moro,
santo patrono degli uomini politici, che festeggeremo tra pochi giorni: egli
“seppe testimoniare fino al martirio la «dignità inalienabile della coscienza».
Pur sottoposto a varie forme di pressione psicologica, rifiutò ogni
compromesso, e senza abbandonare «la costante fedeltà all’autorità e alle
istituzioni legittime» che lo distinse, affermò con la sua vita e con la sua
morte che «l’uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale»”.
E il cardinal Ratzinger, all’epoca, precisò che “Giovanni
Paolo II, continuando il costante insegnamento della Chiesa, ha più volte
ribadito che quanti sono impegnati direttamente nelle rappresentanze
legislative hanno il «preciso obbligo di opporsi» ad ogni legge che risulti un
attentato alla vita umana. Per essi, come per ogni cattolico, vige
l’impossibilità di partecipare a campagne di opinione in favore di simili leggi
né ad alcuno è consentito dare ad esse il suo appoggio con il proprio voto. Ciò
non impedisce, come ha insegnato Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Evangelium
vitae a proposito del caso in cui non fosse possibile scongiurare o abrogare
completamente una legge abortista già in vigore o messa al voto, che «un
parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a
tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate
a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul
piano della cultura e della moralità pubblica».
Sì, i cristiani devono operare per l’abrogazione di ogni
legge che allontani l’uomo dalla sua dignità e dalla sua vocazione profonda.
Tale era il chiaro messaggio del Sovrano Pontefice, sulle orme dei suoi
predecessori. Certamente, Giovanni Paolo II era consapevole che l’abrogazione
di una legge contraria alla dignità dell’uomo non era a volte disponibile
nell’immediato. Invitava allora i cristiani a cercare tutti i mezzi per
limitarne gli effetti.
Non c’è ragione di tergiversare delle ore a proposito delle
affermazioni di papa Francesco. E per dirvi tutto, non comprendo nemmeno che
possa esservi stata incomprensione su questo punto: quando il Sovrano Pontefice
parla di povertà, di sociale, di pace, etc. allora si comprende che egli inviti
all’abrogazione delle leggi che sono contrarie all’insegnamento della Chiesa;
ed ora non bisognerebbe comprendere... Siamo un po’ realisti ed onesti:
l’insegnamento della Chiesa è sufficientemente uniforme e chiaro da anni su
tutti questi argomenti per comprendere che Papa Francesco ci chiami all’azione
e alla speranza: in questo senso, la vocazione dei cristiani sarà sempre quella
dell’impegno, indipendentemente dalle situazioni politiche. “I fedeli laici non
possono affatto abdicare alla partecipazione alla «politica»” (Christifideles Laici, 42).
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