di Aldo Vitale
Nonostante il monito
paolino di accogliere chi è debole nella fede senza discuterne le opinioni (Rm
14, 1), è proprio in virtù degli insegnamenti di San Paolo che, invece, occorre
correggere, sebbene non oltre un paio di volte, coloro che sbagliano (Ti 3, 10),
o, come sono stati giustamente e più tecnicamente definiti, gli eretici.
Roba da medioevo, si
penserà, ma mica tanto.
Una volta, come si sa,
i comunisti erano scomunicati, poi son finite le scomuniche, e, con il tempo,
perfino i comunisti. Adesso, del resto, si vorrebbe che finissero anche i
cattolici.
Oggi, dopo il tramonto
del sole del socialismo reale che tanto aveva arso il mondo, non sembra
rimanere altro che un placido cielo notturno illuminato dalle tante galassie
socialiste (quella ecologista, quella femminista, quella genderista, quella
liberista ecc) generate dal big bang della caduta del muro di Berlino.
È anche pur vero che
questa frizzante policromia ricalca quella varietà sempre esistita nel pensiero
socialista classico, tanto da dover distinguere l’ortodossia marxiana, cioè la
fedeltà al pensiero di Marx, dall’eterodossia marxista, cioè tutte le diverse
elaborazioni che i marxisti hanno fornito del pensiero di Marx.
Tra tutta questa
immensità s’annegano il pensiero e la coscienza d’alcuni che sembrano nutrire
la pretese di poter tenere insieme tutto e il contrario di tutto, cioè i
cattolici di sinistra.
Prima d’affrontare il
merito una chiosa.
Similmente potrebbe
trattarsi dei cattolici di quella destra neo-pagana, razzista, scientista e liberista
che sempre più sembra farla da padrona in Europa, ma poiché il fenomeno dei
cattolici di sinistra è più prettamente italiano, sembra opportuno soffermarsi
su di esso.
Come ultima questione
preliminare si consideri che le parole contro il mercatismo da un lato e il
socialismo dall’altro sono sempre state chiare nella tradizione del Magistero,
stante la solidità della dottrina sociale della Chiesa, così come si rinviene
in quell’opera monumentale che, in questo senso, è la “Rerum Novarum” di Leone XIII o negli scritti di autentiche
coscienze cristiane del calibro di Juan Donoso Cortes o Nikolaj Berdjaev che
hanno brillantemente esposto le potenzialità antiumane dell’una e dell’altra
ideologia.
E proprio perché lo
scontro tra socialismo e cattolicesimo è sempre stato serrato, si è celebrato
l’incontro delle due prospettive, paradossalmente, sulla consapevolezza comune
della loro reciproca inconciliabilità.
Non è un caso, per
quanto singolare, che Pio XI e Lenin fossero sostanzialmente d’accordo, essendo
la religione e il comunismo totalmente incompatibili; scriveva, infatti, il
primo, che «il comunismo è per sua natura antireligioso, e considera la
religione come “l’oppio del popolo” perché i princìpi religiosi che parlano
della vita d’oltre tomba, distolgono il proletario dal mirare al conseguimento
del paradiso sovietico, che è di questa terra» (“Divini Redemptoris”, 9-22,
1937), mentre il secondo che ribadiva che «“La religione è l’oppio del popolo”:
questo detto di Marx è la pietra angolare di tutta la concezione marxista in
materia di religione.
Tutte le religioni e
le chiese oggi esistenti, tutte - quali che siano - le organizzazioni religiose
sono sempre state considerate dal marxismo come strumenti della reazione
borghese, che servono a difendere lo sfruttamento e a stordire la classe
operaia [...] Il marxismo è materialismo. Come tale, esso è altrettanto
implacabilmente ostile alla religione» (“L’atteggiamento del partito operaio
verso la religione”, 1909).
Nonostante ciò vi sono
molte persone, soprattutto in Italia, le quali ritengono possibile conciliare
le ragioni del socialismo con quelle del cattolicesimo, facendo apparire
quest’ultimo come qualcosa di assolutamente contraddittorio, individuale,
soggettivo.
La recente scomparsa
di don Gallo, o le dichiarazioni del Governatore siciliano Crocetta, sul suo
essere fervente cattolico e convintamente di sinistra (ed ex comunista),
all’indomani della sua elezione, sono forse gli esempi più lampanti di ciò che
in questa sede si intende.
Certamente è a tutti nota la definizione di catto-comunista ed ancor più nota
la diffusione, pur dopo la reiterata condanna della Chiesa, della teologia
della liberazione, tuttavia occorre ben comprendere perché oggi, nonostante non
esista più il comunismo, non si possa ugualmente essere all’un tempo cattolici
e di sinistra.
La spiegazione
richiederebbe lo spazio, il tempo e la pazienza di una trattatistica, ma in
questa sede si può delineare sinteticamente la risposta.
Un tempo la sinistra
era costitutivamente atea, materialista, economicista, legata a doppio filo con
la tirannia del totalitarismo sovietico, e fondata su dottrine che negando la
dimensione trascendente dell’esistenza si risolvevano a negare la natura stessa
dell’uomo. Di qui l’evidenza dell’incompatibilità d’una volta.
Oggi, invece, pur
restando fedele al suo passato, non avendo mai operato una revisione o una
critica dello stesso, la sinistra è foriera di una visione sincretistica,
individualistica, scientistica, risultando fortemente legata alla tirannia del
totalitarismo odierno, cioè al non-cognitivismo etico, o, più semplicemente, al
nichilismo contemporaneo, ovvero all’idea che non esista nessuna verità,
convinzione anche questa, per sua natura, indubbiamente inconciliabile con il
cattolicesimo, cioè con una concezione della vita che, invece, si basa non solo
sulla rivelazione della verità, ma sul presupposto opposto, cioè sull’esistenza
della verità medesima.
Ecco il cuore del
motivo per cui oggi un cattolico non può essere di sinistra: con la evidente
conseguenza, il più delle volte incompresa, che più ci si ritiene cattolici più
non si può condividere la piattaforma etica, filosofica, giuridica e culturale
della sinistra attuale, e, reciprocamente, più si è convintamene di sinistra
più non si può sostenere l’antropologia e la visione cattolica del mondo (per
usare una nota espressione di Romano Guardini).
Per chi si
preoccupasse di leggere simili “sconcezze” preoccupandosi di giudicare o
pontificare sulla fede altrui, sia sufficiente ricordare Tertulliano che
appunto, contro gli eretici, cioè contro coloro che volontariamente errano
dalla retta via dell’unione con Dio e con la sua Chiesa, così duramente, ma
giustamente scriveva: «Mettiamo alla prova la fede sulla base delle persone, o
le persone sulla base della fede? Nessuno è saggio se non è fedele».
© Tempi
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