di Stefano Fontana
Riassunto: Alla processione del Corpus Domini l’Arcivescovo
Crepaldi ha parole molto dure per chi, in nome di non si sa bene quali diritti
civili da tutelare, è arrivato al punto di compromettere i capisaldi del nostro
convivere umano.
Densa e vibrante l’omelia dell’Arcivescovo Crepaldi a
conclusione della Processione pubblica per il Corpus Domini, che si è snodata,
come da tradizione, dalla Chiesa di San Giacomo alla Cattedrale di San Giusto.
La processione ha seguito la Santa Messa e l’ora di adorazione del Santissimo
Sacramento dell’Altare tenutasi alle ore 17 in contemporanea con tutti i
cattolici del mondo e in unità con il Santo Padre Papa Francesco.
L’Arcivescovo ha parlato del significato salvifico
dell’Eucarestia. Salvifica per la vita eterna ma anche per la vita sociale di
quaggiù. Questo secondo punto, che motiva il fatto che l’Eucarestia sia portata
in strada e in piazza in processione, fuori quindi dal recinto sacro delle
chiese, è stato sviluppato dall’Arcivescovo in tre passaggi di grande portata
ed efficacia.
I cristiani si inginocchiano solo davanti all’Eucaristia
Dapprima egli ha parlato della libertà vera, che solo Dio
può dare al mondo. «Chi adora Gesù Eucaristia non può e non deve prostrarsi
davanti a nessun potere terreno o mondano. Noi cristiani ci inginocchiamo solo
davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere
presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare
il suo Figlio unigenito (cf Gv 3,16). Per questo, adorare l’Eucarestia è un
atto pubblico di libertà e di liberazione».
Dall’Eucaristia la solidarietà e la comunione
L’Eucarestia, inoltre, fonda la carità che l’uomo impara non
da se stesso ma da Dio: «Adoriamo un Dio che per primo si è chinato verso
l’uomo, come Buon Samaritano, per soccorrerlo e ridargli vita, e si è
inginocchiato davanti a noi per lavare i nostri piedi sporchi. Adorare il Corpo
di Cristo vuol dire credere che lì, in quel pezzo di pane, c’è realmente
Cristo, che dà un senso vero e pieno alla vita, all’universo come alla più
piccola creatura, all’intera storia umana come alla più breve esistenza».
Volgare insipienza e stupida cultura vorrebbe privarci della
domenica
Eucaristia significa Domenica e qui l’Arcivescovo ha avuto
parole dure contro chi vorrebbe eliminarla: «noi cristiani fin dalle origini
del cristianesimo, consideriamo la domenica – quella impreziosita dalla
celebrazione dell’Eucaristia – il giorno più bello e importante della
settimana. Domenica, di cui si dovrebbe riproporre con forza il senso umanizzante,
contro una società, che si autocertifica progressista, ma che, con volgare
insipienza e stupida incultura, ce la sta rubando, lasciandoci tutti
spiritualmente e umanamente più poveri».
Salvarsi dal vagabondaggio ideologico
Ma il passo senz’altro più incisivo, è stato quando
l’Arcivescovo, dicendo che gli uomini non sono vagabondi ma pellegrini verso
una meta, ha fortemente lamentato come invece oggi si assista ad un
vagabondaggio ideologico che, con la scusa di tutelare chissà quali diritti, compromette
i capisaldi della convivenza: «Ci capita addosso sempre più la sventura di
essere irretiti da un prepotente vagabondaggio ideologico, che si concretizza
in scelte culturali e politiche che ci prostrano e ci umiliano; vagabondaggio
ormai completamente dimentico che solo il Signore è la via e che, con
irresponsabile compiacenza e in nome di non si sa bene quali diritti civili da
tutelare, è arrivato al punto di compromettere i capisaldi del nostro convivere
umano: la vita, la famiglia e la nostra libertà. Quando si continua a
vagabondare fuori strada, prima o poi si finisce in un precipizio. L’esito è
sotto gli occhi di tutti: una Babele volgare e indecente che disorienta e
impoverisce». Evidenti i riferimenti alle leggi contro il matrimonio tra un uomo
e una donna e la famiglia naturale.
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