lunedì 12 luglio 2010

La mala pianta del liberalismo


È in uscita il terzo volume - Zibaldone (Ed. Lindau) - dell'opera omnia dedicata a Romano Amerio. Già pubblicati Iota Unum e Stat Veritas.
In Zibaldone sono contenuti alcune centinaia di aforismi, pensieri, dialoghi e citazioni.
        
Sandro Magister ci ricorda la posizione personale di Romano Amerio, in merito alla Chiesa: uomo completamente fedele al Magistero ed ai concili. Vaticano II compreso, ma solo per i riferimenti dogmatici “ex cathedra”. Amerio denuncia, soprattutto in Iota unum, la natura assolutamente ambigua ed equivoca, nel merito e nello stile, dei documenti dell’ultimo concilio ecumenico.
          
Un’altra chiave di lettura del pensiero ameriano ce la offre il suo allievo Enrico Maria Radaelli, che scrive nella postfazione: «Il liberalismo: per Amerio è questa pervasiva, apparentemente pacifica e perciò anche molto attraente ideologia l’obiettivo primo invece da combattere e senz’altro da vincere in quanto fonte di ogni violenza moderna per la mente e per l’uomo.
L’antiliberalismo è il più largo orizzonte, la più generale cornice capace di inquadrare largamente tutto il pensiero del filosofo Luganese […]»
È un po’ il sunto di quanto espresso più volte in questa sede: certamente l’antidoto ai mali contemporanei è lo spirito anti-rivoluzionario, ma più ancora è da espandere questo spirito fino ad individuare l’errore che ha generato il social-comunismo. La mala pianta è il liberalismo, perché fondato su un’idea errata, anticristiana, protestante, della libertà umana e divina.
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silvio

3 commenti:

roberto ha detto...

Donoso Cortes a proposito del liberalismo scriveva nel suo saggio il cattolicesimo, il liberalismo, il socialismo
"Di tutte le scuole la liberale è la più sterile, perché è la meno dotta e la più egoista. Come si vede, essa nulla sa della natura del bene e del male; appena ha notizia di Dio e non ha notizia alcuna dell'uomo. Impotente al bene, perché manca di qualsiasi affermazione dogmatica, e al male perché le fa paura ogni negazione intrepida e assoluta, è condannata senza saperlo a finire, a seconda della fortuna, nel porto cattolico o sugli scogli socialisti. Questa scuola non prevale se non quando la società infrollisce : il periodo della sua dominazione è quello transitorio e fugace in cui il mondo non sa se andare con Barabba o con Gesù e sta sospeso fra un'affermazione dogmatica e una negazione suprema. La società allora si lascia volentieri governare da una scuola che non dice mai né ‘affermo’ né ‘nego’, e che a tutto risponde ‘distinguo’. Ma codesto periodo angoscioso, per quanto duri è sempre breve: l'uomo è nato per l’azione, e la discussione perpetua contraddice alla natura umana, essendo, come è, nemica delle opere. Assillati i popoli da tutti i loro istinti, giunge un giorno in cui irrompono per le piazze e per le strade chiedendo risolutamente Barabba o Gesù, e facendo rotolare nella polvere le cattedre dei sofisti" .

silvio ha detto...

Proprio tu infatti, a suo tempo, avevi presentato la figura di Donoso Cortes, in una serie di articoli.

roberto ha detto...

Si Silvio Donoso e' una figura da riscoprire, con la bellezza della scuola controrivoluzionaria.I liberali, accettano solo la sovranità costituente di Dio (Dio come creatore} respingendo quella attuale (Dio come Provvidenza).Questo e' il deismo, infatti un Dio che non governa non è Dio e pertanto si affida solo alle forze dell’uomo,(considerato buono) in particolare ai filosofi, se il male non è nella ragione,ne'nel libero arbitrio esso non può che trovarsi nei vincoli sociali; pertanto la concezione del bene che ne deriva consiste nel non avere più alcun vincolo. Distruggere tutti i vincoli sociali tradizionali ,ecco la rivoluzione.