mercoledì 7 luglio 2010

Nightmare filosofico

L’urlo di Munch


Questo è un esempio di cosa sia la schizofrenia filosofica, che ha colpito da molto tempo laici e chierici. Non ha importanza soffermarsi sull’autore (don Verzè), perché è importante capire la malattia, non il malato. Nessuno vuole giudicare il malato, ma la malattia sì.
Parte il filosofo: «Parlo della consapevolezza del sé; del Chi pensarsi e del come» (?). Non ho capito bene. Proseguo: «La consapevolezza, così come la intendo qui e come credo debba essere intesa da chi riflette sul proprio io, è molto più del conoscere e del conoscersi com’è nel pensar comune». Tento di focalizzare. Comincio ad avere problemi di squilibrio mentale.
Sopravvaluto la forza della mia psiche e continuo: «Il fare e il comportarsi conseguono la consapevolezza del quid est homo e, a maggior ragione, del quis est homo. Per meglio spiegarmi debbo distinguere il mio io dal mio me». Sì, sarà meglio spiegarsi - penso.
Una decina di righe dopo ho le convulsioni: «Nessuna verità, anche scientifica, può essere ben appresa se non è razionalizzata in armonia con la verità complessiva che superi l’attuale tendenza alla frammentazione della conoscenza».
Arrivato qui, penso seriamente al suicidio: «Una risposta all’esigenza del mio io per essere l’io che mi sento e so di voler essere al meglio, non teorizzazione soggettivistica, ma realismo personalizzante che implica studio oltre che del mio io, del mio me, del quale l’io è sintesi...». Non posso più proseguire, piango e rido come un pazzo. Deliro.
A parte gli scherzi, capite chi spadroneggia ai posti di comando? Capite in quale scogliera ci siamo schiantati?
***
silvio

2 commenti:

Anonimo ha detto...

riprendiamoci con questa bella riflessione sulla libertà e la volonta del Pontefice a proposito di Duns Scoto riportato da sandro magister

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/

ciao silvio

fausto

silvio ha detto...

Sì, caro Fausto, le osservazioni del Papa sono accurate.
È poi verosimile che lo Scoto abbia spalancato le porte alla modernità. Ma non solo per il primato della volontà: ritenne insufficiente il principio aristotelico dell’analogia tra la natura e la soprannatura. È sempre alla ricerca dell’univocità, credendo così di sfuggire all’equivocità delle cose e di Dio. Ma è un’illusione: il dubbio cresce e si convince che la filosofia non può giungere a conoscere l’Uno e l’individuo.
Ne nasce una “moda” filosofica, quella di cercare sempre “idee chiare e distinte”, come fa Cartesio, per nascondere l’agnosticismo strisciante.