L’arte del governo e della guida secondo san
Bonaventura
di Inos Biffi
Il Dottore Serafico (di cui la Chiesa celebra la memoria il
15 luglio), chiamato presto dall’insegnamento universitario al governo
dell'ordine francescano, in uno dei suoi mirabili opuscoli, il De sex alis Seraphim, ci ha lasciato una
fine e illuminata descrizione delle doti che deve avere un superiore per
reggere una comunità. Il trattatello - «ricco di esperienza e di teologia»
(Jacques Guy Bougerol) - ebbe di fatto un enorme successo in tutti gli ordini
religiosi, specialmente nella Compagnia di Gesù.
Bonaventura è anzitutto
persuaso che è difficile trovare individui che non abbiano bisogno di maestro e
di guida; del resto, «vi è una grande differenza tra lo stare sottomessi
umilmente, il convivere pacificamente e il presiedere utilmente». Ecco perché «conviene
a pochi vivere senza il giogo dell’obbedienza»; è anzi necessario che «quegli
stessi che sono preposti agli altri, al fine di agire meglio e con maggior
cautela, siano, a loro volta, sottoposti ad altri, dai quali vengano guidati, e
questo fino al Sommo Pontefice, che è il capo di tutta la Chiesa militante, in
rappresentanza di Cristo». [leggi
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© L’Osservatore Romano
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