di Luca Doninelli
La storia della fortuna (precaria) e della sfortuna
(molteplice) di Charles Péguy nel secolo che ci separa dalla sua morte - per
l’esattezza, novantotto anni, essendo Péguy caduto in guerra, sulla Marna, nel
1914 - somiglia molto a un romanzo. Di esso fa parte anche il ritardo di ventun
anni con cui l’Italia pubblica un saggio fondamentale sul grande poeta. Il
saggio L’incontemporaneo, opera di uno dei più importanti e controversi
pensatori viventi, Alain Finkielkraut, fu pubblicato infatti da Gallimard nel
1991 ed esce oggi da noi grazie all’editore Lindau (pagg. 160, euro 19).
Per ventun anni il binomio Péguy-Finkielkraut non è stato
ritenuto degno di attenzione nel nostro Paese, forse perché Péguy (che da noi
vanta, per fortuna, molti innamorati) era considerato autore per francesi,
quindi «roba loro», o forse perché Finkielkraut, pur vantando il miglior
curriculum studiorum che la Francia possa offrire, decise un giorno di non
essere più un autore, diciamo così, allineato. E i non allineati sono sempre di
difficile collocazione. [leggi
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