lunedì 24 settembre 2012

Di che stiamo parlando?


«Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio».
At 2, 9-11

Ma di che stiamo parlando? Ma quali nuovi problemi? Ma quale momento storico peculiare? Ma quale fenomeno multiculturale e multireligioso inedito per il quale cercare nuove soluzioni e nuovi modi di comunicare il Vangelo?
San Pietro e gli Apostoli, dopo la Pentecoste, uscirono di casa e si trovarono dinnanzi una realtà multiculturale e multireligiosa, esattamente come accade oggi. Ma non si misero a piagnucolare sui “nuovi tempi in rapido cambiamento”. Non si misero a gridare come vecchiette isteriche, divorate dall’ansia per le “nuove sfide”. Non sentirono come problema l’inculturazione della fede poiché, proprio perché avevano fede, sapevano benissimo che lo Spirito Santo avrebbe immediatamente inculturato ogni loro parola, traducendola in ogni lingua e cultura. E così fu, senza schizofrenie, senza sfide da vincere, senza preoccuparsi che il “lontano” non avrebbe capito.

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silvio

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