di Giuseppe Brienza
Gandhi: “cattivo maestro” e “mito” da sfatare? Sì, almeno da
due punti di vista: l’eredità politica della sua “missione” ed il giudizio
espresso su di lui dalle élites del mondo tradizionale indù.
Nato nel
1869 nella città indiana di Porbandar (Gujarat), il “Mahatma”, che in sanscrito
significa la grande anima, apparteneva alla casta dei Bania, cioè dei commercianti. Questa sua origine
andrebbe tenuta in considerazione per tratteggiare la fisionomia del
personaggio. In India infatti, ad ogni casta corrispondono determinate
concezioni morali, intellettuali e religiose e, come spiega uno fra i maggiori
esperti di cultura tradizionale indiana, il francese Alain Daniélou
(1907-1994), le caratteristiche della casta dei Bani si identificano
con un «estremo puritanesimo, nel vegetarismo più assoluto, nell’assenza
totale di preoccupazioni metafisiche o filosofiche e, in compenso, con il più
grossolano sentimentalismo religioso […]. Un puritanesimo glaciale maschera la disonestà in tutto ciò che
concerne le questioni di denaro e d’affari. Ovunque si trovino, i mercanti
indiani finiscono per impossessarsi di tutto» (A. Daniélou, Storia dell’India, tr. It., Ubaldini Editore, Roma
1992). [leggi
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