giovedì 27 maggio 2010

Modernismo - 02


Ecco due esempi recentissimi di modernismo nella Chiesa. Reperirli è semplicissimo: basta sfogliare un periodico qualsiasi dei paolini o anche il maggior quotidiano cattolico italiano. È sempre più chiaro da dove giunge il “fumo di satana”, rilevato da Paolo VI.
Cominciamo da Avvenire: l’autore dà per scontata la teoria darwiniana dell’evoluzione. Uno degli atteggiamenti modernisti è l’adesione alle correnti di pensiero e alle mode moderne più mondane ed apertamente irrazionali. Non c’è una sola prova che dimostri l’evoluzione, come ripetuto all’ossessione da un esercito di scienziati sempre più numeroso. Avvenire no: si appiattisce alla moda già riconosciuta come scientista, ottusamente agganciata ad un banale luogo comune. Vi aderisce acriticamente, perché quello che viene dalla modernità deve sempre avere una qualche certificazione di attendibilità.
Consideriamo poi un secondo tema. È noto che l’arte usata nella liturgia è dissacrante, al punto da essere un problema per la fede. Anche in questo caso, valanghe di proteste a cominciare dal Papa. La dissacrazione si origina dall’adesione modernista di alcuni chierici, che si reputano particolarmente illuminati, all’arte moderna - oramai riconosciuta come schizofrenica, brutta e banale. E Gianfranco Ravasi, insigne esegeta al Vaticano, che dice? Dice che «la Chiesa deve conoscere la nuova grammatica dell’arte contemporanea», atteggiamento foriero di «un dialogo fruttuoso». Se la dannazione eterna di chi si perde per colpa del modernismo è un frutto, siamo messi proprio male. Sì, perché il problema che il modernista ottuso non capisce è che non vi è alcun frutto da questi pseudo-dialoghi con la modernità, ma soltanto uno scivolamento del sacro nel profano. Parlo in generale, non tanto di Ravasi, che prendo qua a pretesto e come esempio. A parte qualche uscita infelice, il Ravasi ha dato importanti contributi alla cultura.
I fatti sono evidenti. La Chiesa si è copiosamente protestantizzata, la fede si è estinta, i chierici ed i laici sono tiepidi, il sale sciapito. Ma il modernista - servitore (ufficiale) di satana - vi risponderà a pappagallo che il “dialogo con il mondo moderno sta dando molti frutti”.
Ravasi manifesta un ulteriore atteggiamento vicino al modernismo essendo convinto che creare «una rete di persone agnostiche o atee e cattoliche che accettino il dialogo» possa in qualche modo aiutare la fede. Sembra la solita martiniana “cattedra dei non credenti”. A parte Ravasi, pur preparatissimo teologo ed esegeta ortodosso, il modernista non è sfiorato nemmeno dal dubbio se sia invece più utile alla fede il dialogo con persone realmente sapienti, innamorate di Dio, teologicamente scorrette, non banali. Il modernista è un fariseo cieco e altrettanto cieco chi lo segue: tutti e due cadranno in un fosso.
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silvio

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