«Nell’anno 1170 […] vidi una donna di una bellezza tale che la
mente umana non è in grado di comprendere. […] Ma il suo volto era cosparso di
polvere, il suo vestito, dal lato destro, era strappato. Anche il mantello
aveva perso la sua bellezza singolare e le sue scarpe erano insudiciate dal di
sopra. Con voce alta e lamentosa, la donna gridò verso il cielo: […] “Le
stimmate del mio sposo rimangono fresche e aperte, finché sono aperte le ferite
dei peccati degli uomini. Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo
è la colpa dei sacerdoti. Essi
stracciano la mia veste poiché sono trasgressori
della Legge, del Vangelo e del loro
dovere sacerdotale. Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano totalmente i precetti loro
imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non camminano sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della
giustizia, e anche non danno un buon
esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo splendore della verità”. E sentii una voce dal cielo che diceva: “Questa immagine
rappresenta la Chiesa. Per questo, o essere umano che vedi tutto ciò e che
ascolti le parole di lamento, annuncialo
ai sacerdoti che sono destinati alla guida e all’istruzione del popolo di
Dio” […]».
Ildegarda di Bingen, citata
da Cristina Siccardi
(Lettera a Werner von
Kirchheim e alla sua comunità sacerdotale)
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