mercoledì 13 marzo 2013

Giudizi di Dio


di Silvio Brachetta

Antonio Socci e Francesco Antonio Grana hanno citato san Vincenzo di Lérins che, nel V secolo, scriveva “Dio alcuni Papi li dona, altri li tollera, altri ancora li infligge”.
Quindi c’è sempre posto per Papi santi, mediocri o pusillanimi. Così anche per tutte le altre persone che accompagnano la nostra vita. E per noi stessi, che nei confronti degli altri possiamo essere santi, mediocri o pusillanimi. Fa parte dei giudizi di Dio scegliere le persone e decidere luoghi e tempi.
È vero che non è conveniente e saggio per l’uomo indagare sui giusti giudizi di Dio e, tanto meno, giudicare le persone e dunque Dio stesso per le sue scelte. È però anche vero che, come insegna San Tommaso d’Aquino, chi sta in basso (i sudditi) possono e devono correggere (o anche accusare pubblicamente) chi sta in alto (i prelati). L’Aquinate tratta la questione nel più ampio argomento (XXXIII) sulla “correzione fraterna” (Summa Teologica, II-II), fondando le proprie argomentazioni sull’autorità di san Paolo, che accusò pubblicamente san Pietro «in ragione di un pericolo imminente di scandalo per la fede».
C’è però un’importante precisazione da fare. Secondo san Tommaso, al contrario dei precetti negativi del Decalogo, i quali «obbligano sempre e in tutti i casi» - es. “non uccidere” - i precetti positivi e «virtuosi» non vanno applicati alla leggera, ma «osservando le debite circostanze richieste per farne degli atti virtuosi: cioè facendoli dove si deve, quando si deve e come si deve».
Mentre cioè tutti sono tenuti a non uccidere, la pubblica e motivata accusa al prossimo andrebbe mossa solo dai virtuosi e dai prudenti, che non intendano limitarsi alla giustizia, ma pure alla carità, in quanto il Dottore dice che la correzione fraterna è appunto un atto di carità.
«La correzione fraterna», infatti, «è ordinata all‘emendamento dei fratelli», non alla diffamazione. E dunque non è detto «che si debba correggere il fratello che sbaglia in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo», ma è necessaria la via virtuosa aristotelica del “giusto mezzo”.
In ogni caso, san Tommaso è chiaro: «S. Agostino ha scritto (Epist. 211): “Non di voi soltanto, ma anche di lui”, cioè del prelato, “abbiate misericordia, che quanto più si trova in un posto elevato, tanto più si trova in pericolo”. Ma la correzione fraterna è un‘opera di misericordia. Quindi vanno corretti anche i prelati».

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