di Silvio Brachetta
«Non vi è altra cosa che più mi diletti e in pari tempo più
mi atterrisca che parlare della gloria della Vergine Madre» diceva san Bernardo
(Serm.
IV in Assump. B. V. M. n. 5), citato da Corrado di Sassonia nel suo “Specchio
della Beata Vergine Maria”.
Il trattato è una
raccolta di pensieri dei più grandi santi e Dottori della Chiesa. Essi
compresero che la Madre di Dio è la Porta del Cielo, la via meno faticosa e più
stabile per giungere al Cuore santissimo di Gesù e, dunque, al Cuore della
santissima Trinità. Maria, cioè, è l’appiglio sicuro e certissimo che conduce
alla salvezza.
Sant’Anselmo d’Aosta
ritiene che il saluto «Ave»
alla Vergine sia del tutto conveniente, perché contiene il significato di «a-vae», cioè «immunissima da ogni guaio
di colpa» (De Conceptu Virgin. c. 18). L’espressione latina «vae!», infatti, significa «guai!».
Maria fu «sicurissima
della divina presenza», soggiunge Sant’Anselmo,
con il consenso di san Bernardo di Chiaravalle, che precisa: «Non solo è con te il Figlio che tu rivesti
della tua medesima carne, ma è con te pure lo Spirito Santo del quale
concepisci, e il Padre che è il generante del tuo concetto» (Omil. 3
super Missus est. n. 4).
Il «vae» - il «guai» -, prosegue Corrado di Sassonia nello “Specchio”, è
triplice nell’uomo: «Vi è infatti
il “vae” della colpa, il “vae” della
miseria e il “vae” della geenna, il “vae” dico della colpa attuale, della
miseria originale, e della pena infernale». Difatti il peccato adamitico
d’origine ferì la natura umana, segnandola con la miseria. Inoltre, per il
fatto che la natura umana è ferita dal peccato originale, è soggetta al peccato
attuale, cioè al peccato che commettiamo quotidianamente. Se poi l’uomo è
impenitente, rifiuta il riscatto della Croce di Cristo e riceve il salario
della Genna, la pena infernale. Per questo motivo l’Evangelista san Giovanni
scrive nell’Apocalisse (8, 13) «guai,
guai, guai agli abitanti della terra».
Ma non «guai» a
Maria, bensì «ave», poiché «niente di
orribile» vi fu nei suoi occhi, «niente di procace nelle parole, niente negli
atti vi fu d’inverecondo», dice sant’Ambrogio di Milano (in II de
Virgin. c. 2, n. 7).
Chi dunque si affida
alla Beata Vergine accede ai doni della Grazia, che sono i sette doni dello
Spirito Santo, fondamento di ogni virtù. L’uomo, dunque, che prega assieme a
Maria si salva mediante i doni di sapienza, intelletto, consiglio, fortezza,
scienza, pietà e timore del Signore. Mediante la Grazia, l’uomo può realizzare
quello che prima sembrava impossibile e la Croce, da pesante che era, diventa
leggera.
Più volte san Tommaso
d’Aquino e san Bonaventura da Bagnoregio hanno affermato che per andare a Dio
dobbiamo salire tre gradini, dei quali il primo è proprio quello della Beata
Vergine Maria.
Per san Bonaventura,
in particolare, Maria è la Mediatrice universale della grazia, ovvero
dall’unione di Maria in Cristo scaturisce un’«actio hierarchica» (azione gerarchica) e, quindi, mediatrice in
ordine alla purificazione, all’illuminazione e al perfezionamento dell’anima
(cfr. Itinerarium mentis in Deum, c.
4).
Dal “Salterio della Beata Vergine Maria” di san Bonaventura:
Il pensiero di Maria non parta dalla tua mente.
Il nome di Maria non abbandoni il tuo labbro.
L'Amore di Maria non si spenga nel tuo cuore.
Seguendo Maria non ti perderai.
Appoggiandoti a Maria non cadrai.
Sperando in Maria non temerai.
Ascoltando Maria non sbaglierai.
Vivendo con Maria ti salverai.
Ecco la nona beatitudine:
Beati quelli che si sono consacrati Maria:
i loro nomi sono scritti nel libro della vita.
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