di Silvio Brachetta
Faccio mie le parole di Papa Francesco, che ha dedicato l’omelia
d’insediamento al pontificato a san Giuseppe. In particolare a
san Giuseppe «custos» – «custode» –
di Maria e di Gesù. Come Giuseppe, la persona umana e il cristiano, in
particolare, ha la «vocazione del custodire», sprigionata dall’amore che Dio ci
dona gratuitamente.
Che cosa c’è da custodire? Primariamente è da custodire
«Cristo nella nostra vita», dice il Santo Padre. Poi sono da custodire
gelosamente i «doni di Dio», che sono i setti doni dello Spirito Santo. Per
mezzo di questi doni l’uomo fortifica le sue virtù, castiga i vizi e giunge
finalmente al porto della salvezza. Dal Creatore, infine, l’amore si espande
sulle creature, come specialmente ha dato testimonianza san Francesco d’Assisi.
Il Poverello, come san Giuseppe, divenne «custode» dei propri fratelli e
sorelle con immensa cura e premura. E, di conseguenza, prese in custodia
l’intero creato, per cui non esitò a chiamare fratello e sorella il fuoco,
l’acqua, le stelle e addirittura la morte. La «vocazione del custodire» – dice
il Pontefice – «è il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona,
con amore […]. È l’aver cura l’uno dell’altro […]. È il vivere con sincerità le
amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel
bene […]. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene
detto nel Libro della Genesi»
Ma come e in che modo si deve custodire? Con il servizio
amorevole agli altri, perché «solo chi serve con amore sa custodire», dice il
Papa. San Giuseppe serve e custodisce «con discrezione, con umiltà, nel
silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non
comprende». Egli «accompagna con premura e tutto l’amore ogni momento» e trova
la capacità di fare questo poiché cerca sempre di comprendere la volontà di
Dio, il suo disegno. Per questa sua umiltà san Giuseppe riesce a «leggere con
realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda e sa prendere le
decisioni più sagge».
Ma soprattutto dobbiamo custodire il nostro cuore, cioè
«avere cura di noi stessi». È necessario vigilare sui nostri sentimenti e sul
nostro cuore, «perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive:
quelle che costruiscono e quelle che distruggono». Da questa cura e premura,
nasce la cura e la premura verso Dio e verso il nostro prossimo. Come in
Giuseppe si accrescono nel nostro animo la premura, la tenerezza e la bontà di
Gesù Cristo.
«Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza»! – dice Papa
Francesco. Sia per noi, dunque, di guida questo suo insegnamento durante questa
santa Quaresima di penitenza e di conversione.
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