lunedì 25 marzo 2013

La mistica che servì e venerò Dio studiando i misteri del cosmo


di Silvio Brachetta

Se proprio dovesse servire un esempio - e oggi pare proprio che serva - di cosa sia un’autentica riforma della Chiesa, potrebbe essere opportuno guardare a quel che successe in Europa tra i secoli XI e XII, dopo il primo millennio dell’era cristiana. Come rispose la Chiesa di quel tempo al secolarismo che la stava strangolando, alla crisi del celibato ecclesiastico o alla vendita simoniaca dei sacri ministeri ai prelati più danarosi? In due modi: illecito e grossolano il primo, adeguato il secondo. Ce ne parla Cristina Siccardi nel suo libro dedicato a santa Ildegarda di Bingen (1098-1179) e, non a caso, sottotitolato “Mistica e scienziata”. Da una parte, molti cristiani reagirono in modo incongruo, con proteste, scismi e ribellioni. È questa la via dell’errore, eretica e foriera di aridità spirituale e fondamentalismo. Ildegarda contestò con energia questo genere di riforma che avviene sempre per un «cambiamento delle strutture», da parte di una volontà presuntuosa e disobbediente.
Assieme a Ildegarda, invece, molti seguirono la modalità della conversione, nell’umiltà e nella penitenza. Da questa prassi nacque l’epoca più luminosa del Medioevo: s’innescò una competizione tra gli aristocratici per la costruzione di un gran numero di cattedrali, tra i monaci per il recupero spirituale della cristianità e tra i pontefici stessi, resi forti dalla robusta formazione monastica alle spalle, per una difesa più incisiva dell’ambito religioso. Per comprendere la portata di tali iniziative, è sufficiente accennare al grandioso movimento scaturito nel comprensorio monastico di Cluny (Francia) e irradiatosi per centinaia di monasteri in tutto l’Occidente. Dalla realtà cluniacense si sviluppò un rinnovato esercizio della preghiera, della laboriosità e della “sequela Christi”. Il pontefice Gregorio VII avviò inoltre un’imponente riforma generale della Chiesa - detta appunto “gregoriana” - che, dinnanzi al potere temporale dei principi, impose l’autorità pontificia sulla questione delle investiture episcopali e, quanto ai chierici, ne osteggiò la simonia e il concubinaggio.
La riforma fu assai poco attenta al laicato, poiché il popolo di Dio aderiva già spontaneamente alla prassi devozionale e le occupazioni quotidiane nelle famiglie erano, in genere, costantemente scandite dalle pratiche religiose e riferite al Cielo. Così la famiglia di Ildegarda fu una di quelle che non opposero ostacoli alla vocazione della giovinetta, ma anzi la consacrarono a Dio all’età di tre anni. Vocazione, però, non del tutto ordinaria: fin da bambina, la futura santa aveva il dono di una doppia capacità percettiva, ossia poteva vedere per mezzo dei sensi fisici e di quelli spirituali. Due mondi le erano accessibili: il mondo fisico, temporale e il mondo arcano degli spiriti, atemporale, eterno. Per mezzo di visioni, Dio le svelava i suoi misteri e la legge recondita delle creature. Ma, allo stesso tempo, la prostrava con malattie e sofferenze varie «perché non si gonfiasse di superbia», come le fu comunicato in una delle visioni.
La santità d’Ildegarda, quindi, non va ricercata nelle visioni, che sono gloria di Dio, ma nell’obbedienza costante e nella sottomissione alla volontà divina. Per obbedire a Dio, a soli otto anni Ildegarda entrò, come reclusa, tra le monache benedettine dell’eremo di san Disibodo (Disibodenberg). Per obbedienza e controvoglia, solo dopo i quarant’anni cominciò a mettere per iscritto le visioni, con la redazione dello “Scivias” (“Conosci le vie”) e di altre opere. La Sibilla del Reno - così fu soprannominata - scrisse ampliamente sulle discipline più disparate: teologia, filosofia, medicina, cosmologia, musica, poesia. Ma, in modo particolare, la santa va ricordata (e imitata) per alcune questioni importanti. A parte la mistica, Ildegarda aveva il carisma di un carattere risoluto. Rimproverò e ammonì apertamente, ad esempio, i costumi secolarizzati del clero e difese la Chiesa, contrastando le false dottrine anche per mezzo delle sue stesse opere letterarie, a volte con toni decisamente apologetici. Cristina Siccardi ci presenta pure l’Ildegarda scienziata, per la quale l’uomo di fede «deve compiere la sua opera nel mondo sciendo, cogitando e operando», senza alcuna opposizione alla fede. Ed è proprio la fede che riconosce nel cosmo un’intelligenza e una volontà divine, escludendo per esso ogni tipo di evoluzionismo o freddo meccanicismo. Per tutto questo Benedetto XVI ha recentemente (7 ottobre) proclamato santa Ildegarda Dottore della Chiesa.

Cristina Siccardi, Ildegarda di Bingen. Mistica e scienziata, Edizioni Paoline, 2012, pp. 232, euro 16,00

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