di Silvio Brachetta
Se proprio dovesse servire un esempio - e oggi pare proprio
che serva - di cosa sia un’autentica riforma della Chiesa, potrebbe essere
opportuno guardare a quel che successe in Europa tra i secoli XI e XII, dopo il
primo millennio dell’era cristiana. Come rispose la Chiesa di quel tempo al
secolarismo che la stava strangolando, alla crisi del celibato ecclesiastico o
alla vendita simoniaca dei sacri ministeri ai prelati più danarosi? In due
modi: illecito e grossolano il primo, adeguato il secondo. Ce ne parla Cristina
Siccardi nel suo libro dedicato a santa Ildegarda di Bingen (1098-1179) e, non
a caso, sottotitolato “Mistica e scienziata”. Da una parte, molti cristiani
reagirono in modo incongruo, con proteste, scismi e ribellioni. È questa la via
dell’errore, eretica e foriera di aridità spirituale e fondamentalismo.
Ildegarda contestò con energia questo genere di riforma che avviene sempre per
un «cambiamento delle strutture», da parte di una volontà presuntuosa e
disobbediente.
Assieme a Ildegarda, invece, molti seguirono la modalità
della conversione, nell’umiltà e nella penitenza. Da questa prassi nacque
l’epoca più luminosa del Medioevo: s’innescò una competizione tra gli
aristocratici per la costruzione di un gran numero di cattedrali, tra i monaci per
il recupero spirituale della cristianità e tra i pontefici stessi, resi forti
dalla robusta formazione monastica alle spalle, per una difesa più incisiva
dell’ambito religioso. Per comprendere la portata di tali iniziative, è
sufficiente accennare al grandioso movimento scaturito nel comprensorio
monastico di Cluny (Francia) e irradiatosi per centinaia di monasteri in tutto
l’Occidente. Dalla realtà cluniacense si sviluppò un rinnovato esercizio della
preghiera, della laboriosità e della “sequela Christi”. Il pontefice Gregorio
VII avviò inoltre un’imponente riforma generale della Chiesa - detta appunto
“gregoriana” - che, dinnanzi al potere temporale dei principi, impose
l’autorità pontificia sulla questione delle investiture episcopali e, quanto ai
chierici, ne osteggiò la simonia e il concubinaggio.
La riforma fu assai poco attenta al laicato, poiché il
popolo di Dio aderiva già spontaneamente alla prassi devozionale e le
occupazioni quotidiane nelle famiglie erano, in genere, costantemente scandite
dalle pratiche religiose e riferite al Cielo. Così la famiglia di Ildegarda fu
una di quelle che non opposero ostacoli alla vocazione della giovinetta, ma
anzi la consacrarono a Dio all’età di tre anni. Vocazione, però, non del tutto
ordinaria: fin da bambina, la futura santa aveva il dono di una doppia capacità
percettiva, ossia poteva vedere per mezzo dei sensi fisici e di quelli
spirituali. Due mondi le erano accessibili: il mondo fisico, temporale e il
mondo arcano degli spiriti, atemporale, eterno. Per mezzo di visioni, Dio le
svelava i suoi misteri e la legge recondita delle creature. Ma, allo stesso
tempo, la prostrava con malattie e sofferenze varie «perché non si gonfiasse di
superbia», come le fu comunicato in una delle visioni.
La santità d’Ildegarda, quindi, non va ricercata nelle
visioni, che sono gloria di Dio, ma nell’obbedienza costante e nella
sottomissione alla volontà divina. Per obbedire a Dio, a soli otto anni
Ildegarda entrò, come reclusa, tra le monache benedettine dell’eremo di san
Disibodo (Disibodenberg). Per obbedienza e controvoglia, solo dopo i
quarant’anni cominciò a mettere per iscritto le visioni, con la redazione dello
“Scivias” (“Conosci le vie”) e di altre opere. La Sibilla del Reno - così fu
soprannominata - scrisse ampliamente sulle discipline più disparate: teologia,
filosofia, medicina, cosmologia, musica, poesia. Ma, in modo particolare, la
santa va ricordata (e imitata) per alcune questioni importanti. A parte la
mistica, Ildegarda aveva il carisma di un carattere risoluto. Rimproverò e
ammonì apertamente, ad esempio, i costumi secolarizzati del clero e difese la
Chiesa, contrastando le false dottrine anche per mezzo delle sue stesse opere
letterarie, a volte con toni decisamente apologetici. Cristina Siccardi ci
presenta pure l’Ildegarda scienziata, per la quale l’uomo di fede «deve
compiere la sua opera nel mondo sciendo,
cogitando e operando», senza alcuna opposizione alla fede. Ed è proprio la fede
che riconosce nel cosmo un’intelligenza e una volontà divine, escludendo per
esso ogni tipo di evoluzionismo o freddo meccanicismo. Per tutto questo
Benedetto XVI ha recentemente (7 ottobre) proclamato santa Ildegarda Dottore
della Chiesa.
Cristina Siccardi, Ildegarda
di Bingen. Mistica e scienziata, Edizioni Paoline, 2012, pp. 232, euro
16,00
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