mercoledì 27 marzo 2013

Parigi, centinaia di migliaia in piazza. «Nozze gay, non cederemo»


di Redazione

Centinaia di migliaia di persone hanno marciato ieri nel centro di Parigi, per dire no ai matrimoni gay. La folla - un milione e 400mila persone per gli organizzatori, qualche centinaia di migliaia secondo la polizia - ha tentato di raggiungere gli Champs Elysees ma è stata bloccata dalla polizia che ha usato i lacrimogeni e le cariche per disperdere i più esagitati.
La manifestazione era diretta contro il disegno di legge per legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso e la possibilità che le coppie gay adottino figli, già approvato dalla Camera bassa e che ad aprile approderà al Senato per il varo definitivo.

L'imponente corteo si è snodato lungo cinque chilometri, dal distretto finanziario della Defence fino all'Arc de Triomphe, all'inizio dei viali simbolo della capitale francese. La polizia ha confermato l'uso dei lacrimogeni “per disperdere 100-200 persone che cercavano di forzare i blocchi”.
I manifestanti hanno chiesto al governo di ritirare il provvedimento e di sottoporlo a referendum.
La Francia del «no», comunque, sembra più determinata che mai. I leader della Manif pour tous (Manifestazione per tutti) sono convinti che al Senato, dove la bozza sarà discussa a partire dal 4 aprile e dove la maggioranza di sinistra è minima, il “fattore coscienza” potrebbe davvero risultare decisivo.
All’Assemblée, c’erano già stati dei franchi tiratori e nelle ultime ore i segnali incoraggianti non mancano.

Sembrano intanto aprirsi nuove brecce nel bunker politico attorno alla contestatissima bozza.
La guardasigilli Christiane Taubira, l’ex attivista originaria della Guyana che ha coordinato la redazione della bozza, continua ad assicurare che il dossier «sarà chiuso entro l’estate». Ma sembra una previsione funzionale soprattutto a contrastare i dubbi profondi che già serpeggiano alla Camera alta, dove certi senatori parlano apertamente di «bozza raffazzonata» e dove soprattutto è circolata una nota giuridica confidenziale sul forte sospetto d’incostituzionalità del cosiddetto «matrimonio per tutti».
Ai senatori, in proposito, è appena giunta una vibrante lettera aperta di 170 fra i più noti docenti universitari di diritto pubblico, costituzionale, privato e di storia del diritto. L’invito a bocciare la bozza in toto non potrebbe essere espresso in modo più chiaro e acceso. I senatori devono assumere le loro responsabilità di fronte alla storia poiché occorre «proteggere le donne e i bambini contro un testo che, sotto l’apparenza di buone intenzioni, si rivela quello della schiavitù moderna delle donne e della nuova tratta dei bambini!», gridano alto e forte i 170 guardiani del diritto usciti allo scoperto.

Sono parole pesanti come macigni e che ricalcano in gran parte la stessa identica posizione difesa fin dalla scorsa estate dalla Chiesa cattolica, affiancata in seguito vieppiù anche dai rappresentanti di tutte le altre principali confessioni religiose. Intanto, nelle ultime ore, 4 vescovi – i monsignori Jean-Pierre Cattenoz (Avignone), Marc Aillet (Bayonne), Dominique Rey (Tolone) e Raymont Centène (Vannes) – hanno apertamente invitato i fedeli a recarsi a Parigi per protestare. Inoltre, sui senatori, scelti in modo indiretto da “grandi elettori” che sono in gran parte dei sindaci, pesa sempre più proprio la pressione degli amministratori locali.
Il “Collettivo dei sindaci per l’Infanzia”, frontalmente opposto alla bozza Taubira, continua a registrare nuove adesioni, giunte ormai a quota 20mila. E un fortissimo segnale è giunto a Parigi pure dai popolosi territori e dipartimenti dell’Oltremare, decisivi meno di un anno fa nell’affermazione presidenziale del socialista François Hollande.

Se in generale, secondo un sondaggio Ifop, solo il 39% dei francesi preferisce la bozza alle altre ipotesi (senza adozioni gay) discusse nel dibattito, nelle popolose Antille solo il 12% degli intervistati è favorevole (sondaggio Harris). La Taubira viene fra l’altro massicciamente bocciata dai suoi stessi elettori della Guyana, dove i favorevoli sono appena il 33%. Nonostante un residuo clima di silenzio assecondato da molti media fra i più influenti, tutti questi fattori peseranno di certo al Senato, accanto alla sempre più diffusa ondata di delusione verso l’esecutivo socialista, divenuto in pochi mesi il più impopolare della Quinta repubblica. «La maschera sta per cadere», sussurrano fiduciosi tanti militanti.

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