di Redazione
Centinaia di migliaia
di persone hanno marciato ieri nel centro di Parigi, per dire no ai matrimoni
gay. La folla - un milione e 400mila persone per gli organizzatori, qualche
centinaia di migliaia secondo la polizia - ha tentato di raggiungere gli Champs
Elysees ma è stata bloccata dalla polizia che ha usato i lacrimogeni e le
cariche per disperdere i più esagitati.
La manifestazione era
diretta contro il disegno di legge per legalizzare i matrimoni tra persone
dello stesso sesso e la possibilità che le coppie gay adottino figli, già
approvato dalla Camera bassa e che ad aprile approderà al Senato per il varo
definitivo.
L'imponente corteo si
è snodato lungo cinque chilometri, dal distretto finanziario della Defence fino
all'Arc de Triomphe, all'inizio dei viali simbolo della capitale francese. La
polizia ha confermato l'uso dei lacrimogeni “per disperdere 100-200 persone che
cercavano di forzare i blocchi”.
I manifestanti hanno
chiesto al governo di ritirare il provvedimento e di sottoporlo a referendum.
La Francia del «no»,
comunque, sembra più determinata che mai. I leader della Manif pour tous (Manifestazione per tutti) sono convinti che al
Senato, dove la bozza sarà discussa a partire dal 4 aprile e dove la
maggioranza di sinistra è minima, il “fattore coscienza” potrebbe davvero
risultare decisivo.
All’Assemblée, c’erano
già stati dei franchi tiratori e nelle ultime ore i segnali incoraggianti non
mancano.
Sembrano intanto
aprirsi nuove brecce nel bunker politico attorno alla contestatissima bozza.
La guardasigilli
Christiane Taubira, l’ex attivista originaria della Guyana che ha coordinato la
redazione della bozza, continua ad assicurare che il dossier «sarà chiuso entro
l’estate». Ma sembra una previsione funzionale soprattutto a contrastare i
dubbi profondi che già serpeggiano alla Camera alta, dove certi senatori
parlano apertamente di «bozza raffazzonata» e dove soprattutto è circolata una
nota giuridica confidenziale sul forte sospetto d’incostituzionalità del
cosiddetto «matrimonio per tutti».
Ai senatori, in
proposito, è appena giunta una vibrante lettera aperta di 170 fra i più noti
docenti universitari di diritto pubblico, costituzionale, privato e di storia
del diritto. L’invito a bocciare la bozza in toto non potrebbe essere espresso
in modo più chiaro e acceso. I senatori devono assumere le loro responsabilità
di fronte alla storia poiché occorre «proteggere le donne e i bambini contro un
testo che, sotto l’apparenza di buone intenzioni, si rivela quello della
schiavitù moderna delle donne e della nuova tratta dei bambini!», gridano alto
e forte i 170 guardiani del diritto usciti allo scoperto.
Sono parole pesanti
come macigni e che ricalcano in gran parte la stessa identica posizione difesa
fin dalla scorsa estate dalla Chiesa cattolica, affiancata in seguito vieppiù
anche dai rappresentanti di tutte le altre principali confessioni religiose.
Intanto, nelle ultime ore, 4 vescovi – i monsignori Jean-Pierre Cattenoz
(Avignone), Marc Aillet (Bayonne), Dominique Rey (Tolone) e Raymont Centène
(Vannes) – hanno apertamente invitato i fedeli a recarsi a Parigi per
protestare. Inoltre, sui senatori, scelti in modo indiretto da “grandi
elettori” che sono in gran parte dei sindaci, pesa sempre più proprio la
pressione degli amministratori locali.
Il “Collettivo dei
sindaci per l’Infanzia”, frontalmente opposto alla bozza Taubira, continua a
registrare nuove adesioni, giunte ormai a quota 20mila. E un fortissimo segnale
è giunto a Parigi pure dai popolosi territori e dipartimenti dell’Oltremare,
decisivi meno di un anno fa nell’affermazione presidenziale del socialista
François Hollande.
Se in generale,
secondo un sondaggio Ifop, solo il 39% dei francesi preferisce la bozza alle
altre ipotesi (senza adozioni gay) discusse nel dibattito, nelle popolose
Antille solo il 12% degli intervistati è favorevole (sondaggio Harris). La
Taubira viene fra l’altro massicciamente bocciata dai suoi stessi elettori
della Guyana, dove i favorevoli sono appena il 33%. Nonostante un residuo clima
di silenzio assecondato da molti media fra i più influenti, tutti questi
fattori peseranno di certo al Senato, accanto alla sempre più diffusa ondata di
delusione verso l’esecutivo socialista, divenuto in pochi mesi il più
impopolare della Quinta repubblica. «La maschera sta per cadere», sussurrano
fiduciosi tanti militanti.
© Avvenire
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