martedì 26 marzo 2013

Guida delle anime non psicanalisi


di Inos Biffi

Ai sette sacramenti istituiti da Cristo appartiene la riconciliazione del peccatore pentito che riceve il perdono divino mediante il ministero della Chiesa, che ha assunto diverse modalità nel variare dei tempi, la più evidente delle quali è stata il passaggio dalla forma pubblica della penitenza a quella privata. della penitenza a quella privata.
In realtà le componenti essenziali del sacramento non sono mutate: il pentimento per la colpa grave, il proposito di evitarla, l’impegno di ripararla, quindi l’assoluzione della Chiesa e la rinnovata e piena comunione ecclesiale. Ma se questi sono i termini del sacramento, il suo esercizio, specialmente con la penitenza privata, ha portato con il ministro del sacramento un tipo di rapporto non riducibile alla semplice assoluzione preceduta dalla confessione. Facilmente l’ambito della confessione segna il luogo e l’occasione tra penitente e confessore di un dialogo e di un confronto preziosi e insieme estremamente delicati, rientranti d’altra parte nel compito della «cura d’anime», per usare l’espressione della Regula pastoralis di Gregorio Magno, che definisce «la guida delle anime» «l’arte delle arti» (I, 1).
Senza dubbio, la riconciliazione sacramentale non va confusa con una seduta psicanalitica, così come va nettamente distinta la figura del confessore rispetto a quella dello psicologo. Il primo è chiamato a essere il ministro della grazia divina per il penitente; il secondo si propone di guarire lo spirito malato di un paziente. Com’è noto, la tradizione cristiana e non solo cristiana conosce la figura della guida spirituale. Una volta si parlava di “direttore ”spirituale; oggi sembra sia diventato affatto sconveniente parlare di direttore, perché equivarrebbe ad ammettere una specie di dominio che compromette dall’esterno la libertà all’anima.
È senza dubbio possibile un’ingerenza indebita e si può anche riconoscere che questo sia avvenuto; in ogni caso, il pensiero va non solo ai grandi direttori e maestri di spirito che hanno illustrato la storia della Chiesa, che furono guide sapienti di anime eccezionali, ma anche ai tanti illuminati confessori che hanno indirizzato e sostenuto il cammino interiore di numerosi fedeli. Anche al riguardo, vanno chiaramente distinti il ministero dell’assoluzione della colpa e il carisma della direzione spirituale. E, d’altra parte, lo stesso incontro sacramentale si accompagna normalmente nel confessore all’esercizio di alcune delle opere di misericordia spirituale, come il consiglio, l’insegnamento, l’ammonizione, il conforto, miranti a rinfrancare e a illuminare il penitente, e con cui, per usare ancora le parole di Gregorio Magno, si assolve l’impegno della «cura delle anime».
Ma a questo punto appare chiaro che, se per l’assoluzione basta che il confessore ne abbia la facoltà, per que-sta cura d’anime occorre che egli sia provveduto di un corredo di capacità e di doti che non s’improvvisano e che possiamo ravvisare nella maturità di giudizio, nella prudenza, nella preparazione dottrinale, nella discrezione, nell’affidabilità, nel senso di responsabilità, e anche nella pazienza, che sa attendere e che si guarda dal caricare il penitente di un peso che al momento non potrebbe portare. Ovviamente, senza cedere per ciò a nessuna forma di relativismo dottrinale. Il farlo sarebbe un inganno per la coscienza del penitente stesso. Vien da dire, allora, che non è sufficiente la santità personale. Secondo san Tommaso, quando si tratta di affidare la prelatura, non si deve considerare unicamente la santità: «È possibile, egli scrive, che a colui che è più perfetto riguardo alla carità, manchino diverse qualità che sono invece richieste perché si sia dei prelati idonei, e che si trovano invece in chi possiede minor carità, come la scienza, l’operosità, l’energia, e altre doti del genere» (Quaestiones quodlibetales, 4, c).
Analogamente si può dire di chi, nel ministero del perdono, si fa guida con l’esercizio delle opere di misericordia spirituale. Da qui la necessità di un’accurata e seria formazione, e forse selezione, della figura del confessore, perché sia in grado di edificare la comunità cristiana, certo fermo restante che l’insostituibile maestro interiore delle anime è pur sempre lo Spirito Santo.

2 commenti:

sergio ha detto...

Leggo,apprezzo e continuo a non capire. Mi pare che questo articolo di Biffi sia puro fumo, nel senso di costruzione basata su presupposti irreali,come se esistessero i confessori, come se ci fosse da qualche parte un "direttore d'anima" come mi pare si dicesse una volta. Se chiedo a un prete di essere confessato come minimo mi rimanda all'orario esposto nella tabella fuori, e poi e poi. Il papa senza mozzetta e scarpe rosse non mi scandalizza,tuttaltro, però è il simbolo di una chiesa ciabattona non nelle apparenze esteriori ma nei valori e significati profondi, di cui la trascuratezza della confessione, pardon del sacramento della riconciliazione, prima da parte dei preti e di conseguenza dai fedeli, costituisce un grave sintomo.

silvio ha detto...

Biffi parla purtroppo di una Chiesa ideale o dei tempi che furono...
Su questo punto sto vivendo un dramma personale, perché entro in Chiesa e trovo sempre la donna delle pulizie. Del prete manco l'ombra. Nè in confessionale, nè sulle panche.
Finora nessun Papa recente, mi sembra, ha tuonato perché i preti tornino non dico alla cura d'anime, ma almeno in confessionale.