di Giuseppe Brienza
Venerdì prossimo, 26 aprile, Congresso nazionale di “Pax
Christi” sul controverso vescovo
Il 20 aprile 1993 si spegneva a Molfetta monsignor Antonio
Bello, conosciuto come “don Tonino”, vescovo di
Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, presidente di Pax Christi Italia dal 1985 al
1993.
Mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea conosciuto
per le sue posizioni progressiste e amate dalle sinistre, ne rievocherà la
figura venerdì prossimo, 26 aprile, presso l’Istituto Seraphicum di Roma, in
occasione del prossimo Congresso nazionale di “Pax Christi”- Italia.
La figura del vescovo pugliese sarà al centro di una tavola
rotonda enfaticamente intitolata: “E’ l’ora
della nonviolenza. Per una chiesa del grembiule in un Paese casa di tutti”.
Mons. Bettazzi ha dedicato a mons. Bello anche una biografia, intitolata
semplicemente Don Tonino Bello [San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001], e avrà
la pars maior nel prossimo congresso nazionale di “Pax Christi”, almeno per le
iniziative pensate per commemorarlo nel ventesimo anniversario della sua
scomparsa, che comprenderanno anche la proiezione, nella giornata di sabato 27
(a partire dalle 19) del film biografico “Don Tonino Bello. L’anima attesa”
(cfr. “E’ l’ora della nonviolenza”. Congresso nazionale di Pax Christi Italia,
in “Zenit”, 16 Aprile 2013).
Per riprendere provocatoriamente il titolo della tavola
rotonda di “Pax Christi”, ci si può chiedere: ma di quale “grembiule” stiamo
parlando trattando di mons. Bello? Del grembiule del “servizio”, che Gesù
indossò al momento della lavanda dei piedi di cui parla a suo riguardo
Bettazzi, o di quello massonico che, ad avviso di alcuni osservatori, pare
abbia caratterizzato la mentalità e gli scritti del vescovo pugliese?
Un acuto studioso ed esperto di pensiero e di storia
massonica come padre Paolo M. Siano FI, ha infatti recentemente espresso in un
corposo e documentato saggio pubblicato sulla rivista della congregazione
religiosa alla quale appartiene, i Francescani dell’Immacolata, una profonda
perplessità per la causa di beatificazione avviata alcuni anni orsono in favore
di mons. Bello, intrapresa a suo avviso con imprudenza e superficialità. Dopo
aver letto il suo studio intitolato Alcune note sul “magistero” episcopale del
Servo di Dio Mons. Antonio (“Don Tonino”) Bello (1935-1993). Un contributo
critico [cfr. Fides Catholica. Rivista di apologetica teologica, anno VII, n.
2, Frigento (AV) luglio-dicembre 2012, pp. 27-94], devo dire di poter
condividere sostanzialmente il suo giudizio.
Fino all’ultima conferenza tenuta ad Assisi nell’agosto
1992, infatti, mons. Bello ha manifestato idee e pensieri che mi paiono davvero
poco in linea con il Magistero perenne della Chiesa. Posso citare
l’iper-conciliarismo conseguente ad una sua visione distorta del Concilio
Vaticano II, l’antropologismo teologico di tipo esistenzialistico, il
linguaggio omiletico di tipo “secolarista”, per non parlare del
“filo-socialismo” che emerge da alcuni dei suoi proclami sociali. Inoltre, c’è
anche quel “pacifismo assoluto” che sembra connotare un “magistero” episcopale
“dontoninobellista”, come lo chiama p. Siano, eccentrico e caratterizzato da
una mal dissimulata disistima verso il Sacro e verso i Dogmi, per non parlare
della sensualità e del femminismo del suo “discorso sulla donna”.
A conclusione del suo studio il padre Francescano dell’Immacolata
auspica quindi che un Pastore di tal fatta non sia presentato come modello per
coloro che devono essere maestri e custodi della Fede Cattolica di sempre.
Mentre mons. Bettazzi vede il “magistero per i poveri” del vescovo pugliese in
parallelo con quello di Papa Bergoglio, con dichiarazioni tipo: «Sento vicini
don Tonino Bello, che fu criticato per questi atteggiamenti, e Francesco. Il
Papa sta rivalutando questo atteggiamento di servizio e solidarietà» (cit. in
Don Tonino Bello nel ricordo di monsignor Luigi Bettazzi, in “Zenit”, 18 Aprile
2013). E la Caritas Italiana gli viene dietro considerando “Don Tonino” uno dei
maggiori Personaggi del XX secolo, perché una sua biografia è stata inserita
nella collana omonima realizzata dalla stessa Caritas per la San Paolo (il
profilo è uscito per i tipi dell’editrice dei paolini giusto l’anno scorso).
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