di Silvio Brachetta
Nell’omelia
tenuta nel giorno del proprio onomastico - 23 aprile, san Giorgio - Papa
Francesco (Jorge Mario Bergoglio)
riafferma la verità secondo cui è una «dicotomia assurda» dividere Gesù Cristo
dalla sua Chiesa, come già ricordava Paolo VI nel 1975: «C’è dunque un legame
profondo tra il Cristo, la Chiesa e l’evangelizzazione. […] È bene accennare a
un momento come questo, quando avviene di sentire, non senza dolore, persone,
che vogliamo credere ben intenzionate, ma certamente disorientate nel loro
spirito, ripetere che esse desiderano amare il Cristo, ma non la Chiesa, ascoltare
il Cristo, ma non la Chiesa, appartenere al Cristo, ma al di fuori della
Chiesa. L’assurdo di questa dicotomia appare nettamente in queste parole del
Vangelo: “Chi respinge voi, respinge me”» (Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, n.16).
In particolare il Papa osserva come l’opera di
evangelizzazione dei primi cristiani non rafforzasse soltanto, nei convertiti,
il legame con Dio ma, allo stesso tempo, si cementava il senso di appartenenza
ad un’unica Chiesa Madre, fuori dalla quale ci si sarebbe smarriti. La Chiesa -
dice il Pontefice - «diventa Madre, sempre di più, Madre che ci dà la fede,
Madre che ci dà l’identità. Ma l’identità cristiana non è una carta d’identità.
L’identità cristiana è un’appartenenza alla Chiesa». E infatti - precisa - «trovare Gesù fuori dalla Chiesa non è possibile».
Sono riflessioni, queste, d’immensa portata ecclesiologica,
poiché attraverso di esse si chiarifica maggiormente il mistero della Chiesa e
del suo legame insopprimibile con Gesù Cristo. E ancora il Papa si sofferma su
un altro tema, spesso dimenticato o rimosso dall’omiletica contemporanea:
l’incompatibilità sostanziale tra la mentalità di Dio e la mentalità del mondo.
Nella Chiesa c’è infatti la persecuzione. O, per meglio dire, Papa Francesco
cita direttamente l’insegnamento di sant’Agostino: la «Chiesa va avanti fra le
persecuzioni del mondo e le consolazioni del Signore» (cfr S. Agostino, De Civitate Dei, 18,51,2: PL 41,
614). Come Gesù, i cristiani sono invitati a seguirLo sulla Via della Croce
che, solo in un primo momento, dà una «tristezza grande», perché questa Via
inevitabilmente «finisce con la gioia» (come sempre attestano i santi).
Quindi, alla fine, nella Chiesa c’è una sicura e
intramontabile «consolazione». Non però come la dà il mondo: «se noi cerchiamo
soltanto la consolazione - afferma il Santo Padre -, sarà una consolazione
superficiale, non quella del Signore, sarà una consolazione umana». Con il
mondo, insomma, non bisogna «negoziare», ma è preferibile affidarsi alla santa
Chiesa. Se appunto - continua il Papa - «noi vogliamo andare sulla strada della
mondanità, negoziando con il mondo - come volevano fare i Maccabei, che erano
tentati in quel tempo - mai avremo la consolazione del Signore».
Qua dunque Papa Francesco dà l’autentico significato al
dialogo con il mondo, che non deve mai essere il pretesto per negoziare con
esso né, tantomeno, per perdere la propria identità.
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