di Riccardo Cascioli
“I russi dicono che sono una
lady di ferro… E hanno ragione. La Gran Bretagna ha bisogno di una lady di
ferro”. Ripercorrendo qualcuno dei suoi più celebri interventi, si capisce con
chiarezza quale impatto possa avere avuto Margaret Thatcher, morta ieri a 87
anni, per la Gran Bretagna e nelle relazioni internazionali. Non fosse stata di
ferro, non sarebbe riuscita ad emergere in un ambiente - come quello del
Parlamento inglese - quasi esclusivamente maschile. Lo era nel 1979, quando
andò al governo, lo era ancora nel 1990 quando fu costretta a lasciarlo.
Alcuni dicono che abbia spianato la strada per le donne a
capo del governo: c'è da dubitarne, lei è stata
un caso unico, tanto è vero che in questi ventitré anni dalla sua uscita di
scena nessun’altra donna si è neanche avvicinata a quella posizione.
Risentire oggi alcuni suoi discorsi fa riscoprire una
determinazione, una chiarezza di giudizio, una
forza di volontà assolutamente eccezionali, e non solo per una donna. Tanto è
vero che nessun uomo politico riusciva a tenerle testa in un dibattito, né in
patria né fuori. E’ così che ha cambiato profondamente la Gran Bretagna, riconvertendo
la mentalità inglese dallo statalismo alla responsabilizzazione dell’individuo.
Ha spaccato il Paese per questo: di violenze e contestazioni di piazza nei suoi
undici anni di governo ce ne sono state come mai prima, la più famosa di tutte
quel braccio di ferro tra il 1984 e il 1985 con il potentissimo sindacato dei
minatori che ella riuscì clamorosamente a schiacciare.
E mentre “rifaceva” la Gran Bretagna, passava con la stessa
decisione e determinazione attraverso le crisi
internazionali più gravi: la guerra contro l’Argentina per il possesso delle
isole Falkland/Malvinas, il terrorismo nord-irlandese, il bombardamento della
Libia, la Guerra Fredda. Tutte battaglie vinte o comunque condotte senza cedere
di un passo davanti al nemico. Anche quando questo si chiamava Comunità europea
o Moneta unica. Si è sempre opposta fieramente alla cessione di anche solo un
dito di sovranità.
In ogni circostanza ha difeso
la patria, i valori occidentali, la democrazia contro ogni tentazione
socialista, e incentivato le capacità e responsabilità delle singole persone.
Il che non vuol dire che abbia fatto tutto bene o che le sue
scelte non siano criticabili. Tutt’altro: molte
sue decisioni sono ancora discusse. Come quelle economiche, ad esempio: il suo
piano accelerato di privatizzazioni ha imposto, come conseguenza, dei pesanti
costi su parte della popolazione, vedi il caso dei 200mila minatori che hanno
visto chiudere la loro attività. Per alcuni esperti le misure furono drastiche
ma necessarie: la Gran Bretagna sarebbe morta sotto la pesante cappa dello
statalismo se non si fosse intervenuti. Altri invece sostengono che non seppe
guardare al lungo periodo, alle conseguenze di quelle scelte: bene le
privatizzazioni, ma troppo veloci e senza prevedere la deindustrializzazione e
la delocalizzazione che ne sarebbe seguita, e pericoloso dirottamento
dell’economia verso la finanza. Così pure la scelta di restare fuori dall’Euro
viene periodicamente rimessa in discussione.
Ma non solo l’economia: il patriottismo e il nazionalismo
guidarono anche la guerra con l’Argentina che,
seppure vinta, continua a suscitare dibattito, non ultimo per il “trucco” con
cui fu giustificato l’attacco alla nave argentina Belgrano, quindi, l’avvio
della battaglia. Né si può dimenticare che fu proprio lei a trasformare in
argomento politico la questione del riscaldamento globale per motivi interni e
internazionali (vedi R. Cascioli - A. Gaspari, Che tempo farà, Piemme 2008,
pp.112-118): è stata proprio lei a riconoscere nel suo ultimo libro le
conseguenze nefaste e non volute di quella scelta, l’ascesa dei movimenti
ecologisti dalle tendenze chiaramente socialiste.
Resta però la coerenza con cui ha difeso i valori in cui
credeva e che - almeno come principio - sono
comuni alla civiltà occidentale. Certamente, si può pensare, fosse stata al
governo oggi non l’avremmo vista sbracare davanti alla dittatura del
relativismo e del politicamente corretto, dalle pretese islamiche
all’imposizione della cultura omosessualista, come invece sta facendo l’attuale
premier conservatore David Cameron.
E soprattutto, rileggendo la sua storia, riascoltando i suoi
interventi non si può fare a meno di provare un
po’ di nostalgia per un vero capo di governo, facendo il confronto con l’Europa
di oggi, guidata da nani politici (e non per statura fisica) incapaci di una
visione del mondo e del destino del proprio paese che vada oltre le proprie
fortune e il prossimo appuntamento elettorale. Si deve tristemente riconoscere
che dopo la Thatcher ed Helmut Kohl in Germania, di statisti degni di questo
nome in Europa non si è più visto nessuno. E quando poi abbiamo sentito ieri
l’ex presidente del Consiglio e aspirante Presidente della Repubblica Romano
Prodi, parlare della Thatcher con senso di superiorità attribuendole la responsabilità
dell’attuale crisi economica dell’Europa, abbiamo capito in che abisso il
nostro Paese sta precipitando.
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