Il grande ruolo del
fondatore dei Camilliani nella “grande storia della carità” italiana
di Giuseppe Brienza
Nella ricorrenza del 400° anniversario della morte di San
Camillo de Lellis (1550-1614), un nuovo libro da’ conto del ruolo
importantissimo avuto dal Fondatore dei Padri Camilliani nell’istituzione e
diffusione degli ospedali in Italia. Si tratta de “La grande storia della
carità” (Cantagalli, Siena 2013, pp. 215), l’ultimo saggio del giornalista del
“Foglio” Francesco Agnoli che, nel capitolo dedicato a “San Camillo de Lellis e
San Giovanni di Dio” (pp. 114-126), spiega come le compagnie di “chierici regolari”
fondata da entrambi i santi, nel tardo Cinquecento, si fecero interpreti della
volontà di “riforma cattolica” nel campo ospedaliero, assumendosi il carico
della specifica assistenza ai malati degli ospedali. Nel 1746 sono stati
entrambi proclamati santi da papa Benedetto XIV e, insieme, patroni universali
dei malati, degli infermieri e degli ospedali.
Da soldato ferito, il santo di Bucchianico (CH) finì a Napoli dove, «tra
il desiderio di cambiar vita, il ritorno alle vecchie abitudini e, soprattutto,
la permanenza in vari ospedali per curare la sua piaga, iniziò a convincersi,
anche per l’insistenza di San Filippo Neri, che il suo posto fosse, essendo lui
infermo, accanto ai malati»
Qui si convinse della necessità di creare una nuova figura di infermiere:
«Amore ci vuole – diceva – non basta il salario! Solo l’amore può risollevare
queste povere membra di Cristo. Voglio organizzare una compagnia di uomini pii
e da bene, che non per mercede, ma volontariamente e per amor di Dio, servano
gli infermi, con la carità e l’amorevolezza che hanno le madri per i propri
figli infermi». Anche per la previsione iniziale di una loro
specifica formazione, si può ad avviso di Agnoli affermare che Camillo fu il
vero inventore della figura dell’infermiere moderno.
Il santo decise quindi di organizzare una compagnia di uomini che si
dedicassero esclusivamente al servizio degli infermi, lavorando «per il puro
amor di Dio, come una madre che assiste il suo unico figlio infermo». Iniziò
con cinque compagni, ritrovandosi in un piccolo oratorio ricavato in una
stanzetta di un ospedale e, il 26 maggio 1584, nella basilica lateranense,
ricevette l’ordinazione sacerdotale, avendo compiuto da un giorno 34 anni.
I camilliani, anche dopo la morte del fondatore, furono
sempre in prima linea nel far fronte alle pestilenze e alle epidemie: morirono
in grandi quantità nei lazzaretti, durante la peste del 1624, soprattutto a
Palermo, e del 1630. Inoltre i figli di S. Camillo, come quelli di S. Giovanni
di Dio, si prodigarono nel sovvenire i feriti e nel seppellire i morti sui
campi di battaglia, durante l’assedio di Vienna, nel 1683, e in numerose altre
occasioni. La loro opera, dunque, anticipò di tre secoli la nascita della Croce
Rossa Internazionale, creata nel 1863 dall’imprenditore ginevrino Henry Dunant.
Con l’occasione dell’anniversario della morte la Città di
Torino ha recentemente deciso di intitolare una via a san Camillo, cambiando il
nome al tratto di via Mercanti compreso fra via Santa Teresa e via Pietro
Micca, in segno di omaggio al fondatore dei padri Camilliani che, proprio al
civico 28 dello stesso tratto, hanno la loro sede storica. Il 29 aprile prossimo, alle ore 21, al Teatro Regio di
Torino si esibirà poi Paolo Conte per un concerto di beneficienza, il cui
ricavato sarà destinato alla costruzione dell’Ospedale per la cura delle
lesioni cutanee Saint Camille di Jérémie ad Haiti. Dal 16 marzo scorso, poi,
l’insigne del “Cuore di San Camillo de Lellis”, dalla Casa generalizia dei
Ministri degli Infermi a Roma ha raggiunto la Provincia Piemontese nella quale
è esposta in molte occasioni ai fedeli (http://www.camillodelellis.org/).
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