di Silvio Brachetta
È sufficiente udire parole come «persona», «vita», «amore»,
«famiglia», «matrimonio», «libertà educativa», «giustizia», per comprenderne il
significato? No. O, almeno, lo dovremmo comprendere, se riuscissimo a defilarci
dal «conformismo diffuso», che «non aiuta a giudicare le cose con la propria
testa». E l’antidoto consiste in «una sorta di bonifica culturale», dice il
Cardinale Angelo Bagnasco, nella prolusione d’apertura della 65a Assemblea
generale della Cei (20 maggio).
Il «pensiero unico» - notissimo, massmediatico, invadente,
totalizzante - presenta infatti ogni ambito della realtà per mezzo di
«categorie concettuali e morali che descrivono o deformano l’alfabeto
dell’umano», dice Bagnasco. Tali categorie - non è una scoperta del Cardinale -
sono opportunamente somministrate o conculcate dai media, attraverso stereotipi
preimballati e immessi a rotazione in ogni sede civile. In questo modo la mente
dei più e meno giovani sarà «conformata» al significato che il «pensiero unico»
avrà scelto per ogni parola o concetto.
Così, ad esempio, alla parola «famiglia» dovrà essere
associato non il significato primigenio, ma quello «conforme» a un certo tipo
di mentalità atea e ideologizzata. Il risultato finale prevede la formazione di
una maggioranza di persone che pensano tutte allo stesso modo: il «conformismo
diffuso», appunto.
Ma il Cardinale Bagnasco ha ben ragione di essere
preoccupato e insiste sulla «necessità di uscire dai luoghi comuni del pensare
e dell’agire». Siate piuttosto «anticonformisti» - dice - e «l’anticonformismo
auspicato non è smania di apparire originali, fuori dal coro, ma è essere
rispettosi della realtà, liberi dal “così fan tutti”». L’essere
«anticonformisti», cioè «l’andare contro corrente, non è facile»: richiede
«un’ascesi intellettuale fatta di disciplina interiore» e «fatica». Lotta
contro noi stessi, dunque.
Ma lotta anche esteriore: l’anticonformismo «esige anche
un’ascesi morale fatta di coraggio per resistere alle pressioni del pensiero
unico che non accetta di essere contraddetto»; dovremmo farci trovare
«disponibili a cambiare le [nostre] abitudini, ad andare contro il [nostro]
tornaconto, se la verità lo richiede».
E la verità lo richiede, eccome. Senza un’abiura del luogo
comune, i significati delle parole resteranno erronei, così come li vuole il
mondo. La verità non potrà emergere e nemmeno sarà edificata la città di Dio.
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