di Vittorio Messori
A poco più di due mesi dall’elezione al pontificato di Jorge
Bergoglio, appare sempre più giustificato un sorriso ironico. Quello col quale
chi conosce la storia del cattolicesimo ha osservato il clima da “luna di miele”
da parte di ambienti abitualmente ostili o almeno diffidenti nei riguardi della
Chiesa romana. Anticlericali ben noti si sono detti commossi per il semplice
“buonasera” nella prima apparizione a Conclave terminato, per il “buon pranzo”
all’Angelus domenicale, per le scarpe da parroco di montagna, per la croce
argentata invece di quella in oro, per il ricordo particolare inviato ai
poveri, per la decisione di restare nella camera d’albergo. Per questo – e per
quanto si era saputo del suo passato di arcivescovo di Buenos Aires, con la
predilezione per le villas miserias
che circondano la capitale – per questo, dunque, e per altro ancora, si
inneggiava a un papa finalmente “de sinistra”, per dirla alla romanesca.
Ma chi sorrideva di tanto entusiasmo, prevedendo una rapida
disillusione, sapeva quanto la storia attesta: il “cattolicesimo sociale” nasce
e vigoreggia nel XIX secolo e poi nei primi decenni del XX ad opera di preti e
di laici bollati dai “progressisti” come “intransigenti”, “papisti”, “reazionari”.
L’impegno straordinario a favore di ogni miseria umana, che muove la Chiesa a
partire dal pontificato di Pio IX e continua poi sino a Pio XII, contrassegna
proprio i seguaci della più rigorosa ortodossia, i credenti che si professano
fedeli alla più stretta obbedienza alla Gerarchia e, soprattutto, al papato.
Per limitarci a un esempio impressionante, quello della Torino che, tra
Ottocento e Novecento, conosce una esplosione di santità, e per stare solo ai
più noti, ormai santi o beati: Cottolengo accoglie i rifiuti della società,
quelli che tutti respingono; Bosco dà tutto se stesso a favore dei figli dei
“proletari“; Murialdo gareggia con lui per trasformare giovani ignoranti e
affamati in buoni artigiani e cittadini; Faà di Bruno segue le loro orme per
proteggere le ultime tra gli ultimi, le serve sfruttate, malate, cacciate
perché ormai anziane; Cafasso spende tesori di carità per alleviare la sorte
dei più dimenticati e disprezzati, i carcerati; Allamano si preoccupa dei
miserabili al di là dell’Europa e manda tra loro i suoi Missionari della
Consolata; Orione non pone limiti al soccorso dei più bisognosi.
Soltanto alcuni nomi, dicevamo, e restringendoci al
Piemonte; ma da tutte le zone d’Italia, anzi da ogni angolo del mondo
cattolico, sorse una folla di protagonisti dell’aiuto sociale dato senza
risparmio, anche a costo della vita. Diversi per origine, per storia, per
carisma ma uniti, tutti, dall’obbedienza rigorosa alla fede e alla morale così
come predicate dalla Chiesa. Mentre i governi liberali, spesso ispirati dalla
massoneria, non solo poco si curano dei poveri, ma tassano loro persino il pane
(“il macinato”) e sequestrano i figli per anni e anni di servizio militare,
mentre il nascente socialismo distribuisce parole e opuscoli, preoccupandosi
più della ideologia che della miseria concreta, ecco i cattolici “papisti”, i
disprezzati “clericali reazionari” scendere in campo ad aiutare di persona
affamati, malati, ignoranti, abbandonati. Non solo lavorando ma alzando la voce
contro tanto bisogno che i ricchi vogliono ignorare.
Ebbene, papa Francesco è tra gli eredi di questa lunga e
ammirevole tradizione di cattolicesimo detto sociale. Per una serie di equivoci
e di deformazioni propagandistiche, si è imposto e vige ancora uno schematismo,
secondo il quale l’impegno per gli ultimi si accompagnerebbe necessariamente a
una prospettiva sedicente “progressista”.
E, nel caso cattolico, “contestatrice”, eterodossa, polemica
verso dogmi e gerarchie. La storia dice il contrario. Significativo il
confronto polemico tra padre Bergoglio e i suoi stessi confratelli gesuiti
attirati dalle ideologie della Teologia della liberazione, ispirata al
marx-leninismo. La sua azione tra gli emarginati argentini era guidata, come
per tanti santi, dalla carità evangelica, non aveva bisogno di contestare
Chiesa e Papi, di proporre nuove teologie e nuove morali per mettere in pratica
l’esortazione di Gesù a farsi povero tra i poveri.
C’è un altro “marchio cattolico” che contrassegna i preti e
i laici dell’impegno sociale che dicevamo: la devozione mariana. Nelle
prospettive cristiane “adulte” e “aperte” si rifiuta la devozione tradizionale
alla Vergine, con santuari, pellegrinaggi, rosari; Maria, quando ci si ricorda
di lei, è semmai una combattente, una ispiratrice per la lotta di classe, con
quel suo Magnificat di cui si dà una lettura politica. Anche in questo papa
Francesco mostra la sua continuità con i fratelli nella fede che hanno scalato
le vette della santità sporcandosi fino in fondo le mani nei bassifondi della
società: tutti, senza eccezione, sono stati ardenti fautori di quella che
sempre e solo hanno chiamato “la Madonna”. La prima sortita, il mattino dopo
l’elezione, ha voluto avesse per meta la basilica di Santa Maria Maggiore, dove
ha sostato in preghiera davanti all’immagine venerata da sempre dal popolo
romano. Nel pomeriggio dello stesso giorno ha voluto recarsi a recitare il
rosario nella grotta di Lourdes, riprodotta a grandezza naturale nei giardini
vaticani. I suoi discorsi a braccio o letti non dimenticano mai una invocazione
alla Vergine. Giusto l’altro giorno ha annunciato che appena possibile volerà a
Cagliari, a venerare la Madonna di Bonaria che ha dato il nome alla sua Buenos
Aires .
Quanto all’inedito nome che ha voluto assumere: si è spesso
dimenticato che la singolarità di Francesco - quella che non ebbero tanti altri
predicatori medievali e no – è l’obbedienza docile alla Gerarchia, la
venerazione per il papato, l’orrore per l’eresia. L’uomo di Assisi fu un
cattolico obbediente, non un rivoltoso o anche solo un critico della Chiesa
istituzionale.
Insomma: ci sarà tutto il tempo per seguire gesti e parole
di colui «che è stato chiamato a Roma dall’altro capo del mondo». Ma occorrerà
ricordare, innanzitutto, chi sia davvero Jorge Bergoglio, prima di tentare
analisi e giudizi errati in radice, rivestendo il nuovo papa di panni non suoi.
1 commento:
Equivoci strumentali e verità
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